La povertà in Italia: un confronto fra dati
Tra i temi più dibattuti in Italia c'è senza dubbio la povertà. Se, da un lato, il quadro che emerge dallultimo Report Istat mostra un peggioramento nell'ultimo decennio, dall'altro, gli indicatori Eurostat sembrano invece evidenziare un miglioramento. Come fare chiarezza per valutare il fenomeno?
Pochi temi in Italia sono tanto dibattuti come quello della povertà, anche se spesso in maniera confusa. La discussione si è recentemente (ri)accesa in seguito alla pubblicazione dei dati aggiornati al 2024 diffusi dallIstat.
Il quadro che emerge dallanalisi è sostanzialmente stabile rispetto a quello delineato per lanno precedente: si stima che siano oltre 2,2 milioni le famiglie in condizione di povertà assoluta, pari all8,4% delle famiglie residenti, per un totale di 5,7 milioni di individui, corrispondente al 9,8% dei residenti (le rispettive quote nel 2023 erano 8,4% e 9,7%). Si consideri che lIstituto classifica come assolutamente povere le famiglie con una spesa mensile pari o inferiore al valore della soglia di povertà assoluta, ovvero la spesa minima necessaria per acquisire un paniere di beni e servizi considerati essenziali (principalmente legati allabitazione e allalimentazione), e varia in base alla dimensione della famiglia, alla sua composizione per età, alla regione e dimensione del comune di residenza (per esempio, per un adulto di età compresa tra i 30 e i 59 anni residente a Milano la soglia 2024 è pari a 1.224,64 euro).
Guardando alla distribuzione territoriale, le ultime stime Istat confermano il divario tra le regioni del Nord e alcune aree del Sud già emerso nei precedenti Report: lincidenza delle famiglie in povertà assoluta si mantiene più alta nel Mezzogiorno (dove coinvolge oltre 886mila famiglie, 10,5%) mentre il Nord e il Centro confermano valori più bassi (rispettivamente pari al 7,9% e 6,5%). Se la povertà assoluta classifica le famiglie in base alla capacità di acquisire determinati beni e servizi, la misura di povertà relativa, definita rispetto allo standard medio della popolazione, è legata alla disuguaglianza nella distribuzione della spesa per consumi: viene infatti definita povera una famiglia di due componenti con una spesa per consumi inferiore o pari alla spesa media per consumi pro-capite (nel 2024 circa 1.218 euro). Anche in termini di povertà relativa, lincidenza tra le famiglie (10,9%) risulta in linea con le stime dellanno precedente (era 10,6%), coinvolgendo oltre 2,8 milioni di famiglie; in lieve crescita, invece, lincidenza di povertà relativa tra gli individui, che sale al 14,9% (dal 14,5% del 2023), coinvolgendo oltre 8,7 milioni di individui.
Se nel confronto con il 2023 i dati Istat non evidenziano novità significative con un livello di povertà stabile ma elevato, allargando lorizzonte temporale di analisi la situazione sembrerebbe peggiorare.
Figura 1 Indicatori di povertà assoluta e relativa dal 2014 al 2024
Fonte: Elaborazioni su dati Istat
Partendo dal presupposto che la metodologia di stima della povertà assoluta è stata modificata dallIstat nel 2022 e sono presenti dati ricostruiti solo a partire dal 2014, negli ultimi dieci anni le famiglie in condizione di povertà assoluta sono aumentate da 1,55 milioni del 2014 a 2,22 milioni del 2024 (+672mila), con unincidenza che è cresciuta dal 6,2% all8,4% e un totale di individui che è passato dai 4,149 milioni del 2014 ai 5,744 milioni del 2024 (+1,6 milioni).
Il confronto con gli altri Paesi europei
Eppure, il confronto europeo restituisce una fotografia diversa del nostro Paese. Innanzitutto, è bene specificare che la metodologia utilizzata da Eurostat per definire la povertà è diversa da quella utilizzata dallIstat. Lindicatore ufficiale più condiviso è la percentuale di popolazione a rischio di povertà o esclusione sociale (EU 2030 Target), i cui dati relativi al 2024 sono stati diffusi il 17 ottobre scorso. Secondo la definizione Eurostat, le persone a rischio di povertà o esclusione sociale si trovano in almeno una di queste tre condizioni: rischio di povertà, ovvero persone con un reddito disponibile equivalente (cioè corretto per la dimensione del nucleo familiare), inferiore al 60% del reddito disponibile equivalente mediano nazionale (per lItalia nel 2023 il reddito mensile mediano è stimato in circa 1.600 euro); deprivazione materiale e sociale, ovvero persone che non possono permettersi di soddisfare almeno 7 dei 13 fabbisogni fondamentali stabili da criteri europei (ad esempio: pagare regolarmente l'affitto, il mutuo o le bollette; mantenere la casa riscaldata; affrontare una spesa improvvisa; sostituire vestiti usurati con altri nuovi; accedere a Internet, ecc.); bassa intensità lavorativa, situazione che riguarda persone di età inferiore ai 65 anni che vivono in un nucleo familiare in cui gli adulti hanno lavorato per il 20% o meno del loro potenziale lavorativo totale nei dodici mesi precedenti.
Utilizzando questo indicatore lItalia ha una percentuale media di popolazione a rischio di povertà ed esclusione sociale (23,1% della popolazione totale italiana nel 2024) di poco superiore alla Germania (21,1%) e alla Francia (20,5%) e inferiore alla Spagna (25,8%). Inoltre, tra le quattro grandi economie dellarea Euro, lItalia è quella in cui dal 2015 al 2024 lindicatore è migliorato di più, diminuendo di 5,3 punti percentuali, davanti alla Spagna (-2,9 punti) e contro un peggioramento della Germania (+1,1 punti) e della Francia (+2,1 punti).
Figura 2 Variazione percentuale di popolazione a rischio povertà in UE nel 2015-2024
Fonte: Elaborazioni su dati Eurostat
Conferma che arriva anche guardando ai valori assoluti, con lItalia che si posiziona al primo posto tra i 27 Paesi per riduzione del numero di persone a rischio povertà ed esclusione sociale negli ultimi dieci anni (-3,766 milioni), passando dai 17,3 milioni del 2015 ai 13,5 milioni del 2024. Si può quindi evidenziare un progresso significativo, soprattutto se paragonato ancora una volta al trend dei Paesi più vicini come Francia e Germania che, al contrario, hanno visto questi valori addirittura peggiorare (rispettivamente +2,1 milioni e +1,6 milioni).
Laspetto che emerge chiaro, e soprattutto in linea con i dati Istat, è però il forte divario territoriale che caratterizza lItalia, con le regioni del Nord e del Centro che si collocano tra le meno povere dEuropa e alcune regioni del Mezzogiorno che figurano invece tra le più povere, pur presentando indici in miglioramento negli ultimi anni (ad esclusione della Puglia e della Calabria i cui indicatori sono peggiorati).
Figura 3 Le 20 regioni a più alto e più basso rischio di povertà nel 2024
Fonte: Elaborazioni su dati Eurostat
In cima alla classifica delle 20 regioni a più alto rischio compaiono infatti Calabria (48,8%), Campania (43,5%) e Sicilia (40,9%) con valori quasi doppi rispetto alla media europea (21%); al contrario, nella classifica delle 20 regioni a più basso rischio troviamo la Provincia Autonoma di Bolzano (6,6%), lEmilia-Romagna (10,1%), la Valle dAosta (10,7%) e la Provincia Autonoma di Trento (11%). Peraltro, tutte le regioni del Nord Italia, più Marche e Umbria, presentano una percentuale di persone a rischio povertà o esclusione sociale addirittura inferiore al 15%.
Come molto spesso accade quando si affrontano tematiche delicate come quella della povertà, dunque, il rischio che lanalisi dei dati si scontri con lideologia è molto alto. Un confronto tra più fonti che utilizzano metodologie diverse appare utile per misurare e, conseguentemente, valutare il fenomeno liberi da preconcetti.
Michaela Camilleri, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali
Francesco Scinetti, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali
4/11/2025
