Riforma fiscale e fiscal drag: chi viene maggiormente penalizzato?

La riforma dell'Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche introdotta con la Legge di Bilancio per il 2025 ha reso il sistema fiscale più progressivo rispetto alla struttura dell'IRPEF nel 2022. Di conseguenza, gli effetti del fiscal drag si sono accentuati, in particolare per la categoria dei lavoratori dipendenti

Francesco Scinetti

Nel periodo 2022-2024 l’inflazione cumulata misurata dall’Indice Nazionale dei Prezzi al Consumo (NIC) è stata superiore al 15%. Sebbene nel 2024 l’inflazione sia scesa fino all’1%, il tema del fiscal drag è rientrato al centro del dibattito pubblico. Il fiscal drag si manifesta quando, in presenza di inflazione e di un’imposta progressiva come l’IRPEF, i cui scaglioni non sono indicizzati all’inflazione, viene aumentato il carico fiscale per contribuente a parità di potere d’acquisto.

Facciamo un esempio concreto senza considerare alcuna detrazione e deduzione per semplicità e considerando l’attuale struttura dell’IRPEF per cogliere esclusivamente l’effetto del fiscal drag. Prendiamo come riferimento un lavoratore con un reddito lordo di 50.000 euro nel 2022. In base alle aliquote attualmente in vigore, avrebbe pagato 14.140 euro di IRPEF. Ora ipotizziamo che, per compensare l’inflazione, il suo stipendio nel 2024 sia aumentato del 15,5%, portandolo a 57.750 euro. A parità di potere d’acquisto, ci si aspetterebbe una pressione fiscale invariata. Invece, in questo scenario, l’imposta salirebbe a 17.473 euro. Si tratta di un divario di oltre 3.000 euro, dovuto unicamente all’effetto del fiscal drag. E questo senza considerare l’erosione di detrazioni, deduzioni e altri benefici fiscali legati al reddito o all’ISEE, che renderebbe la differenza ancora più marcata. 

In Italia, tra il 2022 e il 2024, il fiscal drag ha consentito allo Stato italiano di ottenere un extra gettito fiscale pari a 25 miliardi di euro. Ma a cosa si deve una cifra così elevata? 

Come già sottolineato, il sistema IRPEF italiano presenta una criticità strutturale nella mancanza di meccanismi automatici di indicizzazione, a differenza di quanto implementato da tempo in diversi Paesi europei, tra cui Austria, Danimarca e Paesi Bassi. Questa peculiarità determina un effetto cumulativo del fiscal drag che si manifesta progressivamente nel tempo, persino in contesti di inflazione moderata ma prolungata nel tempo. Inoltre, occorre tenere presente la nuova riforma fiscale contenuta nella Legge di Bilancio per il 2025. La riforma ha comportato una diminuzione del prelievo accompagnata da un aumento della progressività tramite l'accorpamento dei primi due scaglioni, con aliquota al 23% fino a 28.000 euro di reddito (prima era fino a 15 mila euro) e l’introduzione di un bonus calcolato in percentuale sul reddito lordo e decrescente all’aumentare del reddito. Questa modifica strutturale ha avuto lo scopo di rendere permanenti le misure temporanee a sostegno del reddito dei lavoratori introdotte dal governo Draghi in risposta agli effetti economici della pandemia e dell’inflazione. Di conseguenza, nell’attuale assetto fiscale, il fiscal drag viene amplificato in uno scenario inflattivo rispetto a quanto accadeva nel 2022, prima dell’introduzione degli aiuti temporanei.

Figura 1 - Drenaggio fiscale con un tasso di inflazione del 2% nei regimi IRPEF 2022 e 2025 
(analisi per tipologia di reddito prevalente)

Figura 1 - Drenaggio fiscale con un tasso di inflazione del 2% nei regimi IRPEF 2022 e 2025 (analisi per tipologia di reddito prevalente)

Fonte: Ufficio parlamentare di Bilancio

Secondo le stime dell’Ufficio parlamentare di Bilancio, infatti, con un'inflazione al 2% l’impatto del fiscal drag cambia significativamente nel 2025 rispetto al 2022. Tre anni fa lo Stato avrebbe incassato 2,9 miliardi in più a causa del fiscal drag, mentre oggi il totale ammonterebbe a 3,3 miliardi - 370 milioni in più. La categoria più penalizzata sarebbe quella dei lavoratori dipendenti: gli operai pagherebbero (per la parte di tasse attribuibile al fiscal dragil 17,8% in più rispetto al 2022, ovvero 142 milioni di euro di tasse aggiuntive. Per gli impiegati la situazione sarebbe ancora più ostica, con un +21,8% pari a 216 milioni in più da versare. Più contenuto, invece, sarebbe l’aumento del prelievo per i dirigenti (+6,1% per un aumento di circa 3 milioni di euro). Questo incremento sarebbe riconducibile principalmente ai nuovi bonus fiscali e alle nuove detrazioni da lavoro dipendente introdotti con la nuova manovra finanziaria che hanno di fatto incrementato l’aliquota marginale effettiva per i lavoratori dipendenti. Infatti, per le altre categorie di contribuenti come pensionati, autonomi, percettori di redditi da fabbricati e altri redditi gli aumenti sono praticamente irrisori. Questo significativo aumento del gettito dato dal fiscal drag produce un duplice effetto: da un lato, favorisce la sostenibilità dei conti pubblici incrementando le entrate in maniera più impercettibile agli occhi dei contribuenti rispetto a un esplicito aumento delle tasse; dall’altro lato, penalizza chi lo subisce riducendone il potere d’acquisto, con ripercussioni anche sull’economia del Paese: nel lungo periodo, infatti, l’erosione costante del reddito disponibile può indurre a una significativa contrazione dei consumi.

Francesco Scinetti, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali

31/7/2025

 
 
 

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