Sommerso ed evasione, un peso per il nostro welfare

Nel 2023 l'economia non osservata è salita oltre 217 miliardi di euro, con un'incidenza sul PIL del 10,2% e una quota di sommerso che sfiora i 198 miliardi. I dati sull'evasione fiscale mostrano un quadro in progressivo miglioramento ma il tax gap rimane di circa 100 miliardi a discapito, tra le altre cose, del nostro welfare

Bruno Bernasconi

L'ultimo Osservatorio sulla spesa pubblica e sulle entrate 2025 realizzato dal Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali con il sostegno di CIDA dipinge un quadro che, seppure in lieve miglioramento, pone ancora diversi dubbi sulla sostenibilità del nostro sistema di protezione sociale. Solo nel 2023, infatti, sono statati necessari 131 miliardi per la spesa sanitaria, oltre 164 per l’assistenza sociale e altri circa 13 miliardi per il welfare degli enti locali: un conto totale da oltre 300 miliardi difficile da finanziare, soprattutto se si tiene conto che la maggioranza degli italiani risulta sostanzialmente a carico di una minoranza di contribuenti. 

Dallo studio emerge che, nel 2024, su una popolazione di 58.997.201 cittadini residenti 42.570.078 hanno presentato una dichiarazione dei redditi (con riferimento all’anno di imposta precedente): a versare almeno 1 euro di IRPEF sono stati però solo 33.540.428 residenti. Entrando ancora di più nel dettaglio, si scopre che il 76,87% dell’intera IRPEF è pagato da circa 11,6 milioni di contribuenti (il 27,4%), ossia coloro che dichiarano oltre 29mila euro lordi, mentre i restanti 31 milioni (il 72,6% dei contribuenti) ne pagano solo il 23,13%. Dati che non sembrano rispecchiare la realtà di un Paese del G7 e che, ciclicamente, tornano a sollevare diversi dubbi in merito al tema dell’evasione fiscale, ancora più incrociando l’analisi con il livello di consumi e abitudini di spesa degli italiani. 

Secondo l’Istat, nel 2023 il valore aggiunto generato dall’economia non osservata, ovvero dalla somma di economia sommersa e attività illegali, si è attestato a 217,5 miliardi di euro, in crescita del 7,5% rispetto all’anno precedente (+7,2% la crescita del PIL corrente) e con un’incidenza sul Prodotto Interno Lordo in aumento dal 10,1% al 10,2%. Nel dettaglio, il complesso dell’economia sommersa è cresciuto dell’8,2% a 197,6 miliardi di euro e con un’incidenza sul PIL del 9,2% (9,1% nel 2022), frutto dell’aumento del 6,6% a 108,2 miliardi della componente da sotto-dichiarazione e di quello più marcato dell’11,3% a 77,2 miliardi della componente da lavoro irregolare (erano rispettivamente 101,5 e 69,4 miliardi nel 2022). Le componenti residuali valgono 12,2 miliardi di euro (11,8 miliardi nel 2022).

Figura 1 - Le componenti dell’economia non osservata (2020-2023)

Figura 1 - Le componenti dell’economia non osservata (2020-2023)

Fonte: Istat. Valori in milioni di euro a prezzi correnti, incidenze sul PIL in valori percentuali

Dall’altra parte, invece, continua il progressivo ridimensionamento dell’impatto dell’economia illegale, il cui valore aggiunto è stato pari a 20 miliardi di euro, corrispondenti allo 0,9% del PIL. L’incidenza sul totale dell’economia non osservata nel 2023 si è attestata al 9,2%, 1,3 punti percentuali al di sotto del livello del 2020 (10,5%), 0,6 punti in meno di quanto registrato nel 2022 (9,8%). 

Le stime del sommerso economico non consentono tuttavia di quantificare direttamente le entrate complessivamente sottratte alla finanza pubblica dall’evasione fiscale e contributiva. Per questa ragione come indicatore dell’evasione viene utilizzato il tax gap, una misura dell’impatto del mancato adempimento degli obblighi di dichiarazione e versamento delle principali imposte e dei contributi.

Secondo la l’ultima relazione MEF sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale e contributiva, nel 2022 (ultimo anno disponibile) il gap complessivo (tributario e contributivo) è risultato compreso fra 98,1 e 102,5 miliardi di euro, con quello contributivo racchiuso in un intervallo compreso fra 8,4 e 11,6 miliardi e quello tributario pari a 89,7- 90,9 miliardi. In termini di imposta potenziale, nel 2022, la propensione all’evasione si è attestata al 16,9-17%. A livello di singole imposte, la maggiore propensione al gap si registra per l’IRPEF da lavoro autonomo e impresa (59,8%), che ha un peso del gettito potenziale sul totale dell’11,6% e un contributo alla propensione al gap complessivo (dato dal prodotto tra la propensione al gap e il peso del gettito potenziale) pari al 6,9%. Segue l’IVA al 5,4%, con una propensione al gap pari al 18,4% e un peso del gettito potenziale del 29,5%. 

Allargando il periodo di analisi agli ultimi 20 anni e concentrandosi sulle principali imposte che incidono sul mondo delle imprese e del lavoro autonomo (IRAP, IVA, IRES ed IRPEF da lavoro autonomo e impresa), si nota che la media annuale del tax gap tra il 2001 e il 2022 in Italia si attesta sugli 86,4 miliardi di euro. Dalla disaggregazione per tipologia di imposta, valutando la media sul totale del periodo considerato, emerge che l’IVA fornisce il contributo maggiore per circa 35,8 miliardi all’anno, seguita dall’evasione IRPEF da lavoro autonomo e impresa (32,2 miliardi all’anno), quella IRES (10,8 miliardi) e infine il gap IRAP (7,9 miliardi). Da rilevare, tuttavia, che dal 2018 in poi l’evasione IRPEF ha superato quella IVA, grazie alla progressiva contrazione del gap di quest’ultima per effetto dei vari provvedimenti introdotti (in particolare split payment, fatturazione elettronica e corrispettivi telematici). 

L’incidenza del gap sul PIL nominale rileva poi una progressiva diminuzione dal 6,3% del periodo 2001-2006 al 5% del 2007-2022, segnando una significativa fase di contrazione a partire dal 2014 fino a toccare un minimo del 4% nel 2022. Un risultato frutto anche della riduzione della propensione al gap, ossia l’attitudine dei contribuenti a non adempiere agli obblighi fiscali, che sebbene rimanga su livelli piuttosto elevati (la media degli ultimi 20 anni è del 32,7%), è scesa dal 35,1% nel 2001 al 26,4% nel 2022. Tendenza opposta, invece, per i mancati versamenti, che se da una parte occupano da sempre un ruolo marginale nel computo complessivo dell’evasione, dall’altra hanno visto aumentare sia la loro entità in valore assoluto sia la propensione dei cittadini a dichiarare le tasse senza versarle, complice forse anche i numerosi condoni fiscali. Negli ultimi 20 anni l’ammontare dei mancati versamenti è passato da meno di 6 miliardi a circa 14 miliardi nel 2021, mentre la percentuale di mancati versamenti sul tax gap complessivo è salita dal 6,5% a circa il 18,5%. 

Bruno Bernasconi, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali 

10/11/2025

 
 

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