Fondi pensione, vale la pena un approccio contrarian in vista del 2024?

Dopo un 2023 all'insegna dell'incertezza (ma comunque meno negativo delle previsioni), investitori istituzionali e retail si interrogano sugli scenari che caratterizzeranno il prossimo anno: il ruolo dell'inflazione e le possibili asset class su cui puntare

Leo Campagna

Mentre il rally dei mercati finanziari iniziato tra fine ottobre e i primi di novembre prosegue senza soluzione di continuità, ci si interroga sulle prospettive degli investimenti per il 2024. Sono in molti, tra economisti, strategist e gestori di portafoglio a predicare prudenza. I molteplici rischi economici all’orizzonte, la riluttanza delle Banche Centrali a vedere un allentamento troppo rapido delle condizioni finanziarie e lo scenario favorevole già prezzato dal mercato sconsigliano un posizionamento più aggressivo sulle asset class di rischio.

A pensarci bene è grosso modo lo stesso consiglio che circolava all’inizio del 2023 in vista di un anno che si preannunciava complesso per l’economia e per i mercati finanziari. Chi lo ha seguito in modo rigoroso ha perso delle significative plusvalenze in ambito azionario e delle buone occasioni di guadagno nel credito. Ne sono una conferma le performance dei fondi pensione aperti disponibili all'interno del Comparatore dei Fondi Itinerari Previdenziali, che evidenziano un +8,8% in media per le linee azionarie e un +1,9% per quelle obbligazionarie.

E se anche per il 2024 fosse lo stesso? Carlo Messina, amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, di recente ha affermato che “l’inflazione sta scendendo più rapidamente di quanto oggi sia percepito da parte degli organismi di supervisione monetaria”. Una dichiarazione tanto impegnativa, espressa dal numero uno del più importante istituto di credito italiano le cui attività riflettono con buona approssimazione l’andamento dell’economia del nostro Paese, dovrebbe far riflettere. 

Forse non è il caso di sbilanciarsi in modo aggressivo nell’azionario, nel credito high yield, sugli asset dei mercati emergenti e sui titoli dei settori ciclici. Ma un sovrappeso potrebbe rivelarsi probabilmente interessante se l’inflazione fosse veramente "vinta" e se le Banche Centrali (in particolare, FED e BCE) dovessero tagliare i tassi prima del previsto e, magari, in modo più incalzante di quello prezzato attualmente dal mercato. Ancora meglio se l’esposizione azionaria fosse mirata sui segmenti di mercato rimasti indietro come le small cap italiane ed europee, l’healthcare, il settore energetico, e alcuni titoli delle utilities e delle aziende estrattive, nonché sulle azioni e il debito dei mercati emergenti.

Leo Campagna

5/1/2024 

 
 

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