Gli effetti di SFDR e la sostenibilità degli investitori istituzionali

Negli ultimi anni l'evoluzione normativa in tema di investimenti sostenibili si è notevolmente intensificata, a testimonianza dell'impegno comune e dell'importanza strategica che riveste il tema per tutta l'Europa, anche e soprattutto dal punto di vista della disclosure

Niccolò De Rossi

Sempre più spesso si sente parlare di sostenibilità legata alla crescita delle economie e delle società. È infatti entrato ormai a far parte dell’immaginario comune il concetto che, senza occuparsi concretamente degli aspetti ambientali, di governance e sociali, il pianeta e le economie andranno incontro a grandissimi problemi. È per questo che in particolare l’Europa ha intrapreso numerose iniziative di sensibilizzazione ma anche e soprattutto regolamentari per raggiugere ambiziosi obiettivi.

La sostenibilità rappresenta in primo luogo un nuovo approccio, un cambiamento di paradigma che impatta non solo sulle istituzioni ma su tutte le strutture economiche e sociali. Le stesse imprese hanno ben capito che senza rivedere i loro processi produttivi e di business incorporando nella nuova visione anche i temi della sostenibilità, difficilmente riusciranno a rimanere competitivi sul mercato a lungo. A cascata poi, gli stessi cittadini-consumatori pongono ormai sempre più attenzione su prodotti legati alle tematiche ESG, in particolare le nuove generazioni. Insomma, il tema della sostenibilità è di assoluta importanza tanto da ricoprire, anche nei piani di ripresa post-pandemici, un ruolo fondamentale di rilancio delle economie e ingenti capitoli di spesa. La crescita, inevitabilmente, passerà anche da qui. 

È per questo che accanto ai diversi progetti che le istituzioni avvieranno c’è sempre più bisogno dell’intervento del mondo della finanza, intesa sia come industria finanziaria sia come investitori, istituzionali e privati. Dal lato dell’offerta, in particolare in merito agli strumenti di investimento sostenibili, la normativa SFDR (Sustainable Finance Disclosure Regulation) ha notevolmente impattato sulla tipologia di prodotti commercializzati e, in generale, sull’industria europea dei fondi comuni. Proprio su questo tema, in una sua pubblicazione (SFDR Article 8 and Article 9 Funds: 2021 in Review), Morningstar ha cercato di fotografare l’evoluzione nell’offerta di nuovi prodotti immessi sul mercato ma anche di analizzare la ridenominazione di fondi già esistenti, adattando nome e politiche di investimento per farli rientrare nella classificazione degli articoli 8 o 9. 

A un anno dall’entrata in vigore della normativa c’è infatti stata una vera e propria esplosione e rincorsa del mercato alla possibilità di proporre agli investitori questi tipi di prodotti. Secondo quanto riporta l’analisi condotta da Morningstar, in meno di un anno le masse dei fondi classificati come articoli 8 e 9 (esclusi i fondi monetari e i fondi di fondi) hanno superato i 4mila miliardi di euro rappresentando il 42,4% di tutti i fondi europei (dati al 31 dicembre 2021). Se si guarda però al mercato italiano, Assogestioni rileva un patrimonio promosso di 431,7 miliardi di euro, distribuito su 1.761 fondi. La maggior parte è però relativa a prodotti articolo 8 (il 90%), mentre il resto (circa il 10% dei prodotti e delle masse) rientra nella definizione fornita dall’articolo 9.

Insomma, SFDR non solo ha fatto in modo di accendere ulteriormente i riflettori sulla sostenibilità, ma ha anche generato un vero e proprio fervore da parte del mercato. Anche per questa ragione, il questionario inviato a tutti gli investitori istituzionali utile alla redazione della seconda edizione del Quaderno di Approfondimento sulle politiche di investimento sostenibile degli investitori istituzionali italiani del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, ha incluso quest’anno alcune domande relative proprio alla SFDR. La ricerca, che verrà presentata a Roma il prossimo 27 aprile, ha l’obiettivo di fornire un quadro qualitativo e quantitativo dello stato dell’arte ma anche prospettico, delle relazioni, degli obiettivi e dell’attività che viene svolta in ambito sostenibile da Casse di Previdenza, fondi pensione, Fondazioni di origine Bancaria e Compagnie di Assicurazione. 

In attesa allora di avere i nuovi dati, può essere utile fornire uno sguardo sul futuro tratto dalla precedente edizione, facendo in particolare riferimento alla domanda posta a proposito delle strategie sostenibili verso cui gli investitori avrebbero aumentato l’esposizione a seguito della pandemia.

Figura 1 – Mediante quale strategia pensate di incrementare l'esposizione agli investimenti sostenibili
a seguito della pandemia? 

Figura 1 – Mediante quale strategia pensate di incrementare l'esposizione agli investimenti sostenibili a seguito della pandemia?

Fonte: Quaderno di Approfondimento "ESG e SRI, le politiche di investimento sostenibile degli investitori istituzionali italiani"

 

Come si vede dalla figura, gli investimenti tematici e l’impact investing ricoprono le prime due posizioni e sono le strategie che hanno raccolto, in prospettiva, le maggiori indicazioni dagli investitori rispondenti. Le esclusioni, che al momento della rilevazione figuravano come le più adottate, nel futuro potrebbero quindi lasciare il posto a strategie più specifiche e a maggior impatto. Continua a rimanere abbastanza marginale il ruolo dell’engagement, nonostante tale attività potrebbe davvero portare radicali cambiamenti nell’attività produttiva (in chiave sostenibile) nelle aziende detenute in portafoglio dagli investitori istituzionali.

Come si avrà quindi modo di approfondire con la presentazione del secondo Quaderno, i grandi patrimoni istituzionali potranno davvero avere un ruolo fondamentale verso il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità fissati a livello comunitario, trainando il Paese verso una modernizzazione e crescita più green.

Niccolò De Rossi, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali

21/3/2022

 

 
 

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