La propensione al risparmio e all'investimento degli italiani tra luci e ombre

A fine 2021 gli italiani hanno visto tornare a crescere il proprio reddito e la dinamica dei consumi, riducendo al contempo la propria propensione al risparmio, che rimane comunque elevata: come insegnare loro a essere buoni investitori (oltre che ottimi risparmiatori)? 

Niccolò De Rossi

Il 2022 è iniziato con previsioni positive sotto moltissimi aspetti: la ripresa economica sopra le aspettative, lo spauracchio dei lockdown scomparso e la ripresa di viaggi e consumi grazie anche a un’Italia che ha saputo gestire al meglio la campagna vaccinale (tra i primi Paesi europei per numero di somministrazioni). Insomma, molti segnali positivi che hanno contributo a  gettare le basi per previsioni ottimistiche sulla dinamica del PIL nazionale. Lo scoppio della guerra tra Russia e Ucraina ha però nuovamente cambiato lo scenario macroeconomico e, dunque, le previsioni del governo. Nell’ultimo Consiglio dei Ministri, infatti, la crescita del PIL programmatico è stata fissata al 3,1% (rispetto al precedente 4,7%), con il deficit confermato al 5,6%, il debito al 146,8% (-4 punti sul 2021) e un’inflazione al 5,8% (nel NADEF la stima era all’1,6%).

Con l’inflazione in forte risalita, tornano allora a frenare i consumi delle famiglie italiane che, tra caro benzina, alimentari e bollette, rimandano gli acquisti in vista di "prezzi e tempi" migliori. Una situazione che solo fino a qualche mese fa era impensabile. Se si fa un passo indietro, l’Istat fotografa di fatto una situazione positiva nel quarto trimestre 2021. In particolare, si legge nella nota, torna a crescere il reddito disponibile delle famiglie (vicino ai livelli pre-crisi) insieme alla dinamica dei consumi: una dinamica tale da generare, di conseguenza, una diminuzione della quota di reddito destinata al risparmio, passata dal 15,6% del 2020 al 13,1% del 2021.

Se, in generale, la buona propensione al risparmio degli italiani è e resta una caratteristica nota, va poi rilevato che non sempre quello stesso risparmio viene gestito nel modo corretto. Dati alla mano, gli italiani scontano da tempo una scarsa propensione alla programmazione finanziaria: elemento che, associato alla contenuta conoscenza delle nozioni economico-finanziarie di base, porta spesso gli individui a essere restii verso l’impiego di risparmio in attività di investimento, con particolare riferimento verso quelle che presentano un maggior grado di rischio. In particolare, come rilevato dal Rapporto 2021 sulle scelte di investimento delle famiglie italiane realizzato da CONSOB e in linea con le precedenti rilevazioni, le indagini condotte sul campione restituiscono una polarizzazione di genere quando si parla di gestione finanziaria del risparmio familiare: nel 72% dei casi sono gli uomini i principali responsabili delle decisioni finanziarie. 

Un altro aspetto che influenza, in negativo, una corretta allocazione del risparmio è la scarsa attitudine al financial control tra i decisori finanziari italiani: nella maggior parte dei casi, non hanno né un piano finanziario né la consuetudine a rispettare sempre il proprio budget. Se alla scarsa pianificazione nella gestione del proprio risparmio si abbina una contenuta diffusione delle conoscenze finanziaria di base, è facile intuire quanta strada ancora si debba fare per giungere a un livello soddisfacente nell’impiego ottimale dell’ingente risparmio degli italiani. Seppur in miglioramento infatti, nel Rapporto si legge che: “La quota di risposte corrette rilevate con riferimento a cinque nozioni di base (relazione rischio rendimento, tasso di interesse composto, inflazione, mutuo, diversificazione del rischio) si attesta in media attorno al 50%, dato che scende al 40% circa se si escludono le risposte corrette riferibili a individui che ex post non sono stati in grado di valutarne il numero e quindi potenzialmente casuali”. Meno di un individuo su due conosce il significato corretto delle 5 nozioni di base menzionate, un livello davvero troppo basso.

A fronte di queste evidenze non molto positive, la partecipazione ai mercati finanziari continua a crescere: nel 2021 la quota di investitori è stimata al 34%, a fronte del 32% del 2020 e del 30% dell’anno precedente. Dati positivi ma che lasciano spazio ad ampi margini di miglioramento in particolare se si considerano le risposte relative agli strumenti di investimento utilizzati: l’attività più diffusa rimane quella dei certificati di deposito e buoni fruttiferi postali (43%)seguiti dai titoli di Stato domestici (25%) e dai fondi comuni di investimento (24%). Chiaramente la composizione del “portafoglio tipo” del risparmiatore cambia molto in base all’alfabetizzazione finanziaria, vedendo aumentare la quota di rischio detenuta al crescere delle conoscenze finanziarie. 

Da questo punto di vista non si può non menzionare l’arrivo di prodotti finanziari più complessi, definiti alternativi, anche sul mercato retail. Alcune società di gestione hanno infatti, da qualche tempo, intrapreso iniziative volte a consentire anche al piccolo risparmiatore di investire in strumenti collegati all’economia reale. I ticket di ingresso per questa tipologia di investimenti sono infatti stati sempre riservati a una clientela con una patrimonializzazione molto elevata (almeno private). Oltre a ciò e in questa direzione va, nonostante si parli sempre di size molto elevate e non alla portata di tutti i risparmiatori, l’abbassamento della soglia minima di investimento in un fondo chiuso alternativo per investitori non professionali (da 500.000 euro a 100.000 euro, come stabilito dal decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 13 gennaio 2022 n. 19).

Nonostante siano quindi ancora necessarie azioni di sensibilizzazione per aumentare le conoscenze di base della maggior parte dei risparmiatori italiani, anche e soprattutto per comprendere la rischiosità di determinati strumenti, il mercato è già pronto con una proposta “alternativa” adatta anche al pubblico retail. Negli ultimi anni le regole che hanno sempre governato i mercati finanziari sono state stravolte e una gestione del proprio risparmio, solo con strumenti a bassissimo rischio, esclusivamente in ottica di protezione dall’inflazione si è spesso rivelata non sufficiente. Anche alla luce di questa osservazione, diventa allora necessario educare non solo al risparmio ma anche al buon investimento.

Niccolò De Rossi, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali

21/4/2022

 
 

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