La sostenibilità nel risparmio gestito

Una delle informazioni ormai più consolidate in materia di sostenibilità fa riferimento agli articoli 6-8-9 della SFDR, cui le società associano i vari prodotti, definendone in modo crescente le caratteristiche in termini di sostenibilità: struttura dell'offerta e diversificazione sul mercato italiano di fondi ed ETF

a cura di FIDA

Il tema della sostenibilità, come noto, è divenuto centrale nell’industria del risparmio gestito con l’introduzione della SFDR (Sustainable Finance Disclosure Regulation), seguita dalla Tassonomia europea (Regolamento UE 2020/852), recepite poi anche nella normativa MiFID per la consulenza e distribuzione di prodotti finanziari e nelle normative IDD per il mondo assicurativo.


Inquadramento metodologico

In ambito finanziario, così come ancor di più in quello assicurativo, l’adeguamento dei processi è ancora in atto e la disclosure delle informazioni sulla sostenibilità dei prodotti rappresenta un elemento centrale e anche una cartina di tornasole di come il mondo del risparmio gestito si stia evolvendo nella direzione auspicata dall’autorità europea.

Un osservatorio particolarmente efficace e preciso di questo fenomeno è rappresentato dai cosiddetti EET, European ESG Template, uno standard di comunicazione tra operatori di tutte le informazioni legate a questo tema e rilevanti dal punto di vista della compliance legata alle diverse normative. Una delle informazioni ormai più consolidate fa riferimento agli articoli 6-8-9 della citata SFDR, cui le società associano ufficialmente i vari prodotti, definendone pertanto le caratteristiche in termini di sostenibilità in maniera crescente. I fondi classificati come articolo 6 sono sostanzialmente quelli che presentano il livello minimo di attenzione a tali temi, quelli articolo 8 includono nella politica di investimento obiettivi ad essi legati, quelli articolo 9 sono infine i prodotti che hanno la sostenibilità come obiettivo primario.


Distribuzione e diversificazione dell’offerta

Prendendo in considerazione l’offerta sul mercato italiano di fondi ed ETF, poco meno di 6000 prodotti, distribuiti in quasi 30.000 classi (tipica articolazione dei prodotti per differenziare la modalità distributiva), complessivamente la maggior parte di essi è collocata tra gli art.8 (55%), una quota poco inferiore art. 6 (40%) e una parte ridotta è art. 9 con vocazione specifica. Più parca è però per il momento l’offerta tra i prodotti tipicamente passivi, gli ETF,  tra i quali solo il 2% fa riferimento all’art. 9 e il 33% all’art.8.

Figura 1 – Livelli di sostenibilità ex SFDR

Figura 1 – Livelli di sostenibilità ex SFDR, FIDA

Fonte: FIDA

Un altro aspetto di rilievo per l’investitore sono da un lato le opportunità di diversificazione e dall’altro la possibilità di esporsi ai mercati di interesse anche talvolta piuttosto specifici, ma che oggi il mercato del risparmio gestito permette di gestire con prodotti variegati e numerosi. In entrambi i casi, come a volte specificato nei questionari di profilazione, le preferenze ESG implicano la riduzione del perimetro di investimento e pertanto di tali opportunità. Da un’analisi della distribuzione delle specifiche caratteristiche delle politiche di investimento[1] in relazione ai citati tre livelli di sostenibilità è possibile misurare tale circostanza.

Ciò che emerge è una maggior concentrazione verso gli asset azionari all’aumentare della propensione ESG con un’incidenza vicina al 60% per gli art. 9 rispetto a una quota quasi pari alla metà nel caso degli art. 6, a discapito dei prodotti diversificati, ma soprattutto dei fondi più attivi per eccellenza, quelli a ritorno assoluto che dal 15% totale si portano a poco più del 3%.

Entrando un po’ più nello specifico e considerando la suddivisione in asset class (con la granularità generalmente diffusa nelle prassi di mercato) mancano o sono ridottissimi tra i prodotti ESG art.9, classi di investimento e intere aree geografiche; ad esempio l’America Latina, sia equity che bond, l’azionario Giappone e l’obbligazionario Yen, l’azionari Regno Unito, l’azionario Europa emergenti, e poi le classi obbligazionario Franco Svizzero e Sterlina nonché tutto l’obbligazionario area dollaro americano. Quasi tutte sono però disponibili all’interno dei prodotti art. 8, che potremmo definire a sostenibilità soft, che sta diventando un po’ lo standard di riferimento di tutti i prodotti.

Figura 2 – Asset e sostenibilità

Figura 2 – Asset e sostenibilità, FIDA

Fonte: FIDA

Ragionando infine sull’opportunità di investimento nei settori più specifici, su oltre 30 diverse articolazioni mappate[2], 12 non sono coperte da alcun prodotto con qualche grado di sostenibilità, mentre parallelamente in 4 casi avviene il contrario, ovvero vi si può investire solo mediante prodotti ESG (art. 8 o 9), agricoltura, risorse idriche, ma anche intelligenza artificiale e robotica.

Luca Lodi, Head of R&D FIDA, docente all’Università di Torino

13/5/2024 


[1] Sistema di classificazione FIDA

[2]  Sistema di classificazione FIDA

 

 
 

Ti potrebbe interessare anche