Le novità in materia ESG per i fondi pensione con il recepimento della IORP II

L’integrazione dei fattori ESG alla prova dei fondi pensione italiani: quali cambiamenti con l’attuazione della direttiva IORP II?

Michaela Camilleri

Le tematiche ESG, acronimo per Environmental, Social and Governance, stanno richiamando rapidamente l’attenzione sia dei piccoli risparmiatori sia dei grandi clienti istituzionali, entrando così a pieno titolo nel mondo finanziario dopo un lungo periodo passato ai margini del dibattito sugli investimenti. A livello internazionale è indubbiamente cresciuta la consapevolezza circa la necessità di sensibilizzare il sistema economico verso una maggiore sostenibilità, climatica, ambientale e sociale. Sono due le colonne portanti di questa presa di coscienza: l’accordo sul clima di Parigi e l’Agenda 2030 dell’ONU per lo sviluppo sostenibile.

In questo contesto l’Unione Europea sta svolgendo un ruolo guida rispetto all’agenda della sostenibilità globale. In particolare, sul fronte della regolamentazione del settore dei fondi pensione, le recenti novità approvate in sede europea innalzeranno senz’altro il livello di interesse verso le tematiche ESG. Una su tutte la direttiva (UE) 2016/2341 (IORP II), relativa alle attività e alla vigilanza degli enti pensionistici aziendali o professionali (EPAP), che dovrà essere recepita in Italia entro il 13 gennaio 2019.

Come cambierà, dunque, l’approccio al tema da parte dei fondi pensione italiani con l’attuazione della IORP II?

La direttiva IORP II, al fine di rafforzare il sistema di governance e di gestione del rischio, invita i fondi pensione a considerare nelle proprie politiche d’investimento i fattori ambientali, sociali e di buon governo. Entrando più nel dettaglio, lo schema di decreto di attuazione della IORP II nel nostro ordinamento prevede l’introduzione di una serie di modifiche ed aggiornamenti al D.lsg. n. 252/2005. Va premesso che, in linea di principio, non si tratta di uno sconvolgimento dell’attuale testo normativo, in quanto la disciplina italiana in materia di previdenza complementare risulta già più avanzata rispetto ai requisiti posti dalla direttiva IORP.

In materia di ESG, infatti, per i fondi pensione è da tempo previsto l’obbligo di comunicare se nelle scelte di gestione delle risorse hanno applicato o meno criteri sociali, etici e ambientali. All’art. 6, c. 14, il D.lgs. n. 252 dispone che “le forme pensionistiche complementari sono tenute ad esporre nel rendiconto annuale e, sinteticamente, nelle comunicazioni periodiche agli iscritti, se ed in quale misura nella gestione delle risorse e nelle linee seguite nell'esercizio dei diritti derivanti dalla titolarità dei valori in portafoglio si siano presi in considerazione aspetti sociali, etici ed ambientali”.

Dunque, gli elementi di novità sono rappresentati dall’integrazione dei fattori ESG nell’attività di risk management del fondo e da una maggiore richiesta di trasparenza informativa circa le modalità con cui la politica di investimento tiene conto di questi fattori.

Questi nuovi aspetti vengono richiamati in diversi passaggi della bozza di decreto di recepimento. Innanzitutto, tra i requisiti generali del sistema di governo l’art. 4-bis. sembra imporre ai fondi pensione di tenere in considerazione, nelle decisioni relative agli investimenti, i connessi fattori ambientali, sociali e di governo societario. Nello specifico, da un lato è compito della “nuova” funzione di risk management considerare tra i rischi che possono verificarsi nel fondo o nelle imprese cui sono state esternalizzate determinate attività anche “i rischi ambientali, sociali e di governo societario connessi al portafoglio di investimenti e alla relativa gestione” (art. 5-ter, comma 3, lett. g); dall’altro, nell’ambito della valutazione interna del rischio da effettuarsi ogni tre anni o immediatamente dopo qualsiasi variazione significativa del profilo di rischio del fondo, è inclusa anche “una valutazione dei rischi ambientali, compresi i cambiamenti climatici, dei rischi sociali e dei rischi connessi al deprezzamento degli attivi in conseguenza di modifiche normative” (art. 5-nonies, comma 2, lett. h).

Anche il documento sulla politica d’investimento previsto dall’art. 6, c. 5-quarter, dovrà illustrare tra gli altri aspetti “il modo in cui la politica d’investimento tiene conto dei fattori ambientali, sociale e di governo societario”. Tuttavia, come vedremo subito sotto, vi è un apparente disallineamento tra quanto richiesto nel DPI e le successive indicazioni sull’informativa da fornire agli aderenti (artt. 13-ter e 13-quarter), dove al fondo pensione sembra essere rimessa la possibilità di includere, o meno, fattori ESG nelle scelte d’investimento.

L’ulteriore disclosure richiesta in tema di ESG è intesa dal punto di vista sia delle informazioni da inviare agli aderenti sia dei contenuti dei documenti di bilancio. Nel primo caso è richiesto ai fondi pensione di informare gli aderenti potenziali ed effettivi “sul se e sul come sono tenuti in conto i fattori ambientali, climatici, sociali e di governo societario nella strategia di investimento” mentre nel secondo di esplicitare in bilancio e nel rendiconto se e in quale misura nella gestione delle risorse e nelle linee seguite nell'esercizio dei diritti derivanti dalla titolarità dei valori in portafoglio si siano presi in considerazione fattori ambientali, sociali e di governo societario”.

I chiarimenti sull’obbligo o sulla possibilità per i fondi pensione di includere i fattori ESG nelle proprie politiche d’investimento appaiono, dunque, necessari in quanto – come sottolineato dalla Covip nella sua ultima relazione – l’applicazione di questi criteri non può non tenere conto anche della dimensione, della natura e della complessità delle attività del fondo pensione; né tanto meno può tradursi in un vincolo di portafoglio, dovendo essere prioritariamente tutelata l’autonomia gestionale degli investitori previdenziali che hanno come finalità primaria l’erogazione di una prestazione pensionistica.

Ciò posto, resta il fatto che questo processo di integrazione per i fondi pensione (ma anche per le casse professionali) appare del tutto naturale, non solo perché può rappresentare un’opportunità in termini di maggiori rendimenti, ma soprattutto perché coerente con l’orizzonte temporale di medio-lungo periodo degli investimenti previdenziali.

In attesa di conoscere gli sviluppi sul testo della bozza di decreto, l’auspicio per il prossimo futuro è che si innesti un circolo virtuoso tra legislatore, investitori istituzionali e società di gestione che permetta di integrare davvero i fattori ESG nelle politiche d’investimento ed evitare che la materia rimanga un semplice trend del momento.

Michaela Camilleri, Area Previdenza e Finanza Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali

5/11/2018

 
 

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