Il nuovo ordine economico mondiale e le conseguenze per lallocazione strategica degli investitori istituzionali
In un contesto geopolitico e finanziario sempre più complesso, gli investitori istituzionali possono trarre beneficio da un'esposizione bilanciata tra economie emergenti e asset obbligazionari di qualità. La sfida? Cogliere le opportunità di rendimento nei segmenti in crescita, mantenendo un'attenta gestione del rischio
Lo scenario geopolitico globale è in rapida evoluzione e solleva alcune considerazioni sull'andamento dell'economia mondiale e sulle sue implicazioni per l'asset allocation. Le aspettative di crescita del PIL globale si attestano al 2,5% nel 2025, rispetto al 2,8% del 2024, con un andamento simile previsto per il 2026. La crescita prosegue, ma in modo divergente: le economie sviluppate, rallentano all'1,2%, mentre i Paesi emergenti mantengono un ritmo robusto intorno al 4%, il valore più alto registrato dai primi anni Duemila.
I livelli raggiunti dai mercati azionari suggeriscono che i rischi legati alla crescita o a shock politici sono oggi compensati da utili societari solidi. Lottimismo dei mercati è sostenuto da trimestrali robuste, ma le valutazioni risultano elevate e il margine di errore, di fronte a eventuali effetti ritardati dei dazi imposti da Trump, è limitato. Lindebolimento dei dati sulloccupazione negli Stati Uniti ha rafforzato le aspettative di ulteriori tagli dei tassi dinteresse da parte della Federal Reserve, stimati in circa 75 punti base nei prossimi mesi. Allo stesso tempo, secondo i più recenti sondaggi sul sentiment, linflazione sembra essere una preoccupazione meno urgente.
Nei Paesi emergenti, le azioni continuano a rappresentare un punto di forza all'interno dei portafogli globali. Questi mercati si sono dimostrati resilienti di fronte ai dazi statunitensi, grazie alla solidità della domanda interna che ha attutito limpatto sul commercio. La loro capitalizzazione negli indici globali è pari all'11% circa, ma in termini di PIL la Cina si avvicina ormai agli Stati Uniti, mentre l'India segue il Giappone e la Germania. Queste economie dispongono di una forza lavoro giovane e più competitiva dal punto di vista dei costi, e sono ben posizionate nella transizione energetica, dominando segmenti chiave delle catene globali di approvvigionamento.
Secondo il consenso degli analisti, le aziende dei mercati emergenti registreranno una crescita degli utili superiori al 10% nei prossimi due anni, a differenza dei paesi sviluppati che registreranno valori più contenuti. Le valutazioni rimangono interessanti, con un P/E medio intorno a 13x, circa un terzo in meno rispetto ai mercati avanzati. Anche la prospettiva di un declino strutturale del dollaro gioca a favore dei mercati emergenti, migliorando la competitività delle loro esportazioni e i flussi di investimento estero.
In Cina, nonostante il rallentamento economico, permane un sentiment positivo. Il calo del 44% delle esportazioni verso gli Stati Uniti tra marzo e luglio ha un impatto relativamente basso, in quanto queste rappresentano solo il 3% circa del PIL cinese. Inoltre, Pechino dispone di ampi margini di bilancio per sostenere l'economia.
Sul fronte obbligazionario, circa il 63% delle Banche Centrali a livello globale sta tagliando i tassi, creando un contesto favorevole per i comparti più sensibili alla politica monetaria, come il residenziale e il manifatturiero. Per gli investitori istituzionali, questo rappresenta un ambiente di opportunità in termini di duration e diversificazione, soprattutto nei mercati emergenti, dove l'inflazione moderata e la crescita stabile favoriscono ulteriori apprezzamenti valutari. Le emissioni obbligazionarie dei mercati emergenti continuano a mostrare un sentiment positivo sia nel segmento sovrano sia in quello corporate, sostenute da flussi costanti che hanno favorito la compressione degli spread, in particolare per le emissioni investment grade e high yield. La domanda di nuove emissioni rimane elevata in tutte le regioni, incluse Colombia e Turchia, con buone performance iniziali.
Permangono tuttavia alcuni rischi. Un'inflazione statunitense più persistente o una crescita interna più solida potrebbero rafforzare il dollaro, penalizzando gli asset emergenti. Anche l'incertezza legata ai conflitti geopolitici e l'eventuale effetto domino di utili deludenti per i principali titoli guida potrebbero incidere negativamente sulle performance dei mercati emergenti.
In sintesi, il contesto rimane complesso, ma offre spunti selettivi per gli investitori istituzionali che possono trarre beneficio da un'esposizione bilanciata tra economie emergenti e asset obbligazionari di qualità, in un quadro di tassi in discesa e valutazioni ancora attraenti. La sfida sarà cogliere le opportunità di rendimento nei segmenti in crescita, mantenendo un'attenta gestione del rischio. In un mondo multipolare, in cui le economie si muovono a velocità differenti e le politiche monetarie sono meno allineate, la capacità di diversificare geograficamente e di individuare i fattori strutturali di performance diventa un elemento chiave per generare valore nel medio-lungo periodo.
Marco Ghilotti, Senior Manager, Institutional Clients Pictet Asset Management
Stefano Gatti, Antin IP Professor of Infrastructure Finance, Dipartimento di Finanza Università Bocconi
11/11/2025
Le informazioni, opinioni e stime contenute nel presente documento riflettono unopinione espressa alla data originale di pubblicazione e sono soggette a rischi e incertezze che potrebbero far sì che i risultati reali differiscano in maniera sostanziale da quelli qui presentati.
