Pensioni, e adesso quale futuro attende Quota 100?

Regole semplici, stabili ed eque (pur tenendo conto delle esigenze peculiari di alcune categorie di lavoratori) che sappiano introdurre flessibilità e chiudere finalmente il ciclo delle riforme, con un occhio di riguardo ai costi: alcuni suggerimenti al governo che verrà sul delicato tema "pensioni"

Alberto Brambilla

Con la crisi di Governo causata dalla Lega, sponsor principale dei provvedimenti sulle pensioni, e soprattutto in vista della complicata stesura del NADEF prima e della Legge di Bilancio poi, sono sempre più numerosi i lavoratori che si chiedono cosa succederà a Quota 100 e agli altri provvedimenti in ambito previdenziale. Tanto più che le critiche a queste agevolazioni arrivano da più parti, compresi Partito Democratico e Movimento 5 Stelle.

In effetti, come abbiamo più volte detto, il provvedimento bandiera della Lega ha molte pecche dovute alla fretta comunicativa e all’imperizia: a) non cancella la riforma Fornero, ma è solo una misura sperimentale e a tempo (3 anni per Quota 100 e 8 anni per precoci e anticipata) dopo di che si torna alla Fornero; il tutto mentre Quota 41, indicata dalla Lega come punto di caduta finale, potrebbe anche essere una buona soluzione ma è troppo costosa; b) non tiene conto delle situazioni specifiche dei lavoratori con problemi di salute, familiari a carico da curare, lavori pesanti, in mobilità o disoccupazione, ma prevede un “liberi tutti” anche a favore di quelli che ancora potrebbero tranquillamente lavorare; per le donne Quota 100 è invece difficile da raggiungere e, di fatto, le richieste femminili sono solo il 26% del totale, mentre Opzione Donna è molto penalizzante (pensione totalmente a contributivo con decurtazione del 30% pur raggiungendo quota 95, contro una pensione al 100% con Quota 100); c) non prevede agevolazioni particolari per le categorie citate e neppure l’utilizzo dei “fondi di solidarietà” per l’industria, il commercio, l’artigianato e l’agricoltura (sul modello di quelli per le banche e assicurazioni che hanno permesso di fornire una protezione di 5 anni, con 62 anni di età e 35 di contributi, a oltre 80mila lavoratori), all’interno dei quali sarebbe stato possibile prevedere, a totale carico dello Stato, una quota di 5mila lavoratori tra esodati e disoccupati per il primo anno, 3mila il secondo e 2mila per i restanti 3 anni; una soluzione che avrebbero risolto molte criticità ancora in essere; d) con il divieto di cumulo, superato nel 2010, si genererà molto lavoro irregolare.

Qual è la situazione a oggi? A metà agosto le richieste di Quota 100 erano circa 167mila, quelle per la pensione anticipata (con 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 1 anno in meno per le donne) 98mila, 19mila le domande per Opzione Donna, circa 13mila per i cosiddetti precoci (quelli con 41 anni di servizio) e 11mila per APE sociale. Considerando le domande che non verranno accolte (si va dal 20% per Quota 100 al 30% per i precoci), a fine anno avremo circa 152mila pensionamenti anticipati con Quota 100 e, in totale, circa 270mila pensioni liquidate con le agevolazioni definite dal decreto 29 gennaio 2019, per un costo di circa 4 miliardi per il 2019, che salirà 27 miliardi a fine 2027: un costo difficilmente sostenibile.

Nella ripartizione dei provvedimenti bandiera, poi, il reddito di cittadinanza era pensato per il Sud, dove il Movimento ha stravinto, mentre Quota 100 avrebbe dovuto essere per il Nord e per i lavoratori privati; in realtà, la parte del leone l’hanno fatta proprio il Sud, con il 38% delle richieste e seguito dal Centro con il 29%, e i lavoratori pubblici, con oltre 17mila fuoriuscite nella scuola, 11mila nella sanità e 27mila dagli enti locali, creando grossi problemi di funzionamento della macchina pubblica, che già si stanno verificando. Quando si è fatto il provvedimento, occorreva contestualmente far partire i concorsi, prevedere i fondi esubero e finanziare le scuole superiori scientifiche: non avendolo fatto la staffetta giovani - anziani produrrà scarsi risultati, con meno di 3 ingressi ogni 10 uscite, un fallimento.

Cosa potrà succedere per i prossimi anni? Sia che si vada a elezioni sia che si formi un governo di transizione o di legislatura, probabilmente, nel 2020 potrà proseguire Quota 100 che, come si vede in tabella, è abbondantemente finanziata fino al 2027 e che, senza alcun intervento, prevede già un risparmio nel triennio 2020-22, di circa 9 miliardi, anche perché l’80% dei potenziali richiedenti Quota 100, avendo il 60% della pensione calcolata con il sistema misto (contributivo dall’1/1/1996) con 62 anni di età, avranno un taglio permanente della pensione del 10%.

Tabella 1 | Stanziamenti previsti in Legge di Bilancio e dal successivo "decretone"

Tabella 1 | Stanziamenti previsti in Legge di Bilancio e dal successivo

Fonte: Elaborazioni a cura del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali

Cioè, se da lavoratori guadagnavano 100, con la pensione normale otterrebbero circa il 70%, con Quota 100 meno del 63%: un bel taglio! Quindi, le domande non saranno più di 50mila nel 2020 e ancor meno nel 2021; del resto, dalle oltre 3.000 domande dei primi 3 mesi siamo oggi a meno di 350 richieste al giorno.

Grafico 1 - Andamento delle domande per il pensionamento anticipato con Quota 100 

Fonte: Elaborazioni e stime a cura del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali su dati INPS
(dati aggiornati al 22/7)​

Tuttavia (suggerimento al prossimo Governo) una flessibilità in uscita è necessaria, ma soprattutto occorre concludere il ciclo delle riforme dando certezza a tutti i cittadini con regole semplici e valide sia per retributivi, misti e contributivi puri. Pertanto, mantenendo i requisiti per la pensione di vecchiaia a 67 anni di età, indicizzata alla aspettativa di vita, e almeno 20 di contribuzione, Quota 100, APE sociale, Opzione Donna e agevolazioni per lavoratori precoci potrebbero essere sostituiti, da un lato, dai citati fondi esubero e, dall’altro, consentendo un pensionamento flessibile con 64 di età anagrafica (indicizzata alla aspettativa di vita), con almeno 37/38 anni di contributi di cui non più di 2 anni figurativi (esclusi dal computo maternità, servizio militare, riscatti volontari) e rendendo stabile la pensione anticipata, svincolata dalla aspettativa di vita, ed eliminando qualsiasi divieto di cumulo. Sarebbe utile, sul modello della Dini, prevedere per le donne madri un anticipo dei requisiti pari a 8 mesi per ogni figlio con un massimo di 24 mesi, mentre per i precoci ogni anno di lavoro fatto prima dei 19 anni dovrebbe valere 1,25 anni (con 4 anni di lavoro, 16,17,18,19 anni si ottiene l’anticipo di 1 anno).

Infine, si dovrebbe reintrodurre l'indicizzazione delle pensioni all'inflazione nella misura del 100% fino a tre volte il minimo, 90% da tre a cinque volte il minimo e 75% oltre cinque volte la prestazione minima sulla quota di pensione “retributiva", mentre per quella "contributiva" l’indicizzazione dovrebbe essere pari al 100%, ed eliminare l’iniquo taglio delle pensioni alte. Sarebbe un bel biglietto da visita per il nuovo governo: meno racconti e più realtà.

Alberto Brambilla, Presidente Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali

26/8/2019

L'articolo è stato pubblicato sul Corriere della Sera, L'Economia del 26/8/2019
 
 

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