Esodo, il "dramma" di un Paese immaturo

Un Paese deresponsabilizzato, privo di memoria storica e con una modesta cultura: questo l'impietoso ritratto dell'Italia degli ultimi anni, un'Italia cui neppure un deus ex machina come Mario Draghi potrebbe bastare senza una vera (e condivisa) visione di futuro 

Alberto Brambilla

L'esodo è la scena finale della tragedia greca che si conclude con l'uscita del coro: anche noi, rispettando l’antica tradizione, osserviamo la grave situazione, il dramma, che “va in scena” nel nostro Paese.

Per descriverlo, ne mostriamo due aspetti: il primo riguarda il caro energia che ha gettato nello sconforto totale famiglie e imprese. Un fatto inedito e inaspettato? Assolutamente no! C’è già stato nel 1973, e in modo assai più grave, ed era ampiamente previsto che accadesse di nuovo. Dal 2015 abbiamo beneficiato di un prezzo del petrolio tra i 43 e i 70 dollari al barile e di quello del gas naturale sotto i 90 dollari per tonnellata, con frequenti oscillazioni legate alle ricorrenti crisi russe, libiche, iraniane, siriane, e così via. Eppure, anziché correre ai ripari, abbiamo bloccato i rigassificatori, odiato e repulso il nucleare, evitato accuratamente di investire nelle energie rinnovabili e pulite, come se non ci fosse un futuro. Oggi, una parte consistente della popolazione “immatura” o “adultescente” (ci arriviamo) richiede a gran voce l’intervento del papà e mamma Stato: Stato di cui si ricorda solo quando ha bisogno, poco quando deve pagare tasse e contributi, mai per chiedersi cosa si possa fare per lo Stato (Kennedy). Spesso, troppo spesso, solo critiche immature.

Che importa alla maggioranza degli elettori “pendolari” italiani se i russi invadono l’Ucraina: l’importante è che il gas per riscaldare le loro casucce ci sia e costi poco. Escludere la Russia dal circuito SWIFT dei pagamenti? No, dicono gli imprenditori “trafficoni”, perdiamo soldi. E così mentre il tiranno russo ha speso 11 miliardi di dollari per costruire il gasdotto Nord Stream 2 della Gazprom, lungo 1.200 chilometri, noi italici abbiamo già speso 11 miliardi di euro per sostenere le bollette dei “poveri italiani” e, probabilmente, ne spenderemo altrettanti; un mare di soldi pubblici buttati senza aver realizzato neanche un KWH di energia da trasferire ai posteri. E così pure dal 2015 abbiamo beneficiato di tassi d’interesse zero o addirittura negativi, grazie alla politica monetaria della BCE di Mario Draghi (corsi e ricorsi della storia): e noi, invece di ridurre il debito, lo abbiamo addirittura aumentato.

L’altro aspetto riguarda le ricorrenti manifestazioni studentesche. Claudio Negro li ha definiti molto argutamente: “no bocciature no lavoro: i Peter Pan del movimento degli studenti” e ha aggiunto: “solleciti come sempre nel mettere in scena il disagio sociale e annessa rivolta" (nonostante siamo tra l’8% della popolazione mondiale che ha di tutto e vive meglio e chissà che disagio hanno gli altri 7,1 miliardi di terrestri che stanno molto peggio di noi).  I media (gli influencer) sono stati rapidissimi nel descrivere a vivide tinte la rabbia e lo sconforto degli studenti medi, “stretti nella tenaglia tra morte e sfruttamento schiavista dell’alternanza scuola-lavoro” di questa scuola che vuole prepararli a lavorare e alle prese con il “vaglio spietato e oppressivo della maturità con ben due prove scritte”. Per un certo verso questo farneticamento, dice Claudio, io e molti miei coetanei potremmo ascrivercelo a merito: volevamo distruggere la scuola borghese e direi che ci siamo quasi riusciti. E chi altri aveva inventato il 6 (o il 18) politico, il voto di gruppo, il voto attribuito dall’assemblea di classe e non dall’insegnante? Chi aveva deciso (e in molti casi era riuscito a imporre) che, al posto delle obsolete materie di insegnamento, si facessero dibattiti sulla crisi dell’imperialismo o ricerche sul neorealismo nel cinema e nella letteratura? Come possiamo adesso irridere alla rivendicazione egualitaristica e anti-selettiva degli studenti, di non sottostare al disumano rullo compressore di un esame che negli ultimi 10 anni ha bocciato sempre meno dell’1% degli esaminati, e l’anno scorso addirittura lo 0,2%?

"La scuola deve formare, non selezionare, ci fanno eco i nostri epigoni. Certo, tanto avendo noi ciccato e loro neanche immaginato la società comunista, libera dal lavoro salariato, ci pensa poi la vita vera a fare la selezione. La differenza tra allora e adesso è sostanzialmente estetica: noi si aveva la presunzione di far la nostra parte in un grande quanto immaginifico fronte che lottava per la rivoluzione; oggi, senza questo orpello decorativo, resta solo la lotta per avere la promozione garantita. Un po’ un’epitome del percorso di un bel pezzo di sinistra. Più innovativo rispetto all’immaginario politico studentesco degli anni Settanta è l’idea dell’infiltrazione delle adunche grinfie del capitale in quello che dovrebbe essere il sacrario della cultura: l’alternanza scuola-lavoro contamina la formazione intellettuale dei giovani educandoli alla subordinazione e all’espropriazione del tempo e della coscienza proprie del lavoro salariato (gli studenti protagonisti di questa denuncia non usano il termine lavoro salariato solo perché il loro percorso formativo gli ha evitato la fatica di leggere qualche testo classico). In questo caso però più imbarazzante è il consenso e il supporto fornito per esempio da organizzazioni sindacali, che dovrebbero ben conoscere (per averle concordate) le diverse forme di scambio scuola-lavoro e le relative garanzie e tutele, ma che trovano molto più popolare strillare contro lo sfruttamento degli studenti nell’interesse del profitto, e ammiccare alla “studenteria” preoccupata dal fatto di dover prima o poi lavorare sottendendo che, al di là della scuola, c’è lo schiavismo. Sarà terribile dover spiegare a questi giovani che (dato che il comunismo, come detto, non lo abbiamo fatto) finiti i soldi dei nonni e poi quelli dei genitori per campare bisognerà andare a lavorare: inoltrarsi in quel terreno ostile e sconosciuto dal quale hanno tanto lottato, col sostegno di politici e sindacalisti, per tenersi alla larga".

Questo modo di pensare e di agire, deresponsabilizzato, privo di memoria storica, con una modesta cultura e una grande povertà educativa e sociale, è il vero problema dell’Italia: un popolo che vive nel più bel Paese del mondo, con tutte (a volte troppe) libertà, con un welfare ai primi posti al mondo ma che è preda di disagi e senza una visione e un progetto per il futuro. Nell’esodo può succedere che personaggi e coreuti rimangano in scena assistendo al dramma che si sta compiendo ma a volte, soprattutto in Euripide, essendo la vicenda molto difficile e complessa, si necessita dell'intervento del deus ex machina, un personaggio o un espediente divino calato dall'alto da una macchina teatrale di scena, che scioglie l'intreccio e risolve il problema. È quanto sta accadendo nel nostro Paese dove il novello Euripide, Sergio Mattarella, ha calato sulla scena, di fronte ai personaggi che hanno causato la tragedia un deus ex machina moderno, Mario Draghi, per risolvere la crisi morale sostituendo con “merito e doveri” l’incapacità di questa poco onorevole classe politica. È un desiderio o un sogno?

Alberto Brambilla, Presidente Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali 

13/4/2022

L'articolo è stato pubblicato su Libero Quotidiano del 24/3 e del 29/3/2022
 
 
 

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