Il futuro dell'Italia ipotecato dai partiti del consenso a tutti i costi

Quando la politica promette, il cittadino/elettore dovrebbe sempre guardare oltre i benefici immediati e chiedersi: "chi paga"? A partire da una breve sintesi della storia di ICI e IMU, le riflessioni del Prof. Alberto Brambilla, Presidente del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, su tasse, servizi e populismo

Alberto Brambilla

Quando un politico promette, i cittadini elettori anziché limitarsi a pensare ai vantaggi immediati che la promessa potrebbe generare, dovrebbero guardare un filo più avanti e chiedersi sempre: chi paga? Chi salderà i circa 33 miliardi di sostegni al "caro bollette" senza nemmeno aver generato 1 KWH di energia rinnovabile? Chi pagherà i disastri economici e il forte contributo all’inflazione causato dal superbonus che ci è già costato, tra rimborsi e truffe, oltre 30 miliardi? La stessa domanda ce la potremmo porre per il reddito di cittadinanza (20 miliardi circa da aprile 2019 a fine 2021) e per Quota 100 (16 miliardi nello stesso periodo).

Messe insieme, queste belle promesse negli ultimi 3 anni ci sono costate più di 100 miliardi a debito, a carico dei nostri figli o nipoti e, ciononostante, indifferenti al debito pubblico giunto a livelli forse irredimibili - a giugno 2022 2.750 miliardi che, divisi per 59 milioni di abitanti, fanno 46,6mila euro a testa compresi i bimbi - e disinteressandosi dello spread, che ha raggiunto oltre 230 punti superando tutti i Paesi, dopo essersi violentemente scagliati contro la BCE, che ha annunciato una riduzione del Quantitative Easing e un aumento dei tassi, almeno quattro capi di partito e qualche luogotenente continuano a chiedere scostamenti di bilancio. É necessario ricordare a questi capi di partito che, grazie alla loro lunga attività politica con stipendi a carico del contribuente, siamo ultimi in Europa per numero di lavoratori, produttività e crescita. Siamo il Paese dei NO a nucleare, rinnovabili, rigassificatori, termovalorizzatori e così via, cosicché siamo enormemente dipendenti dalla Russia che, dopo aver invaso i suoi vicini (Cecenia 1999, Georgia nel 2008, Crimea nel 2014, massacrato i siriani a Damasco e Aleppo nel 2016), ha ricevuto i complimenti e la visita di alcuni di loro, festeggianti e ancor oggi pacifisti di facciata. 

Un esempio forse tra i più significativi della mala politica populista e perennemente a caccia del consenso a tutti i costi è il tanto sbandierato successo dell’abolizione dell’ICI (ora IMU), combattuta al grido di battaglia “la prima casa è sacra per gli italiani e non si può tassare”, frutto di populismo, demagogia e incompetenza. Già la politica aveva sbagliato nella comunicazione definendo l’ICI come un'imposta comunale sugli immobili, e non una tariffa per pagare i servizi gestiti dai comuni: errore ancora più grave per i presunti federalisti che avrebbero dovuto privilegiare le entrate locali, esattamente come nella vicina Svizzera dove ci sono le tasse federali, quelle cantonali e quelle comunali e i comuni fanno a gara tra loro per dare il maggior numero di servizi a prezzi i più bassi possibili al fine di attrarre nel proprio territorio comunale quante più persone e attività produttive possibili e, a ogni elezione, sono misurati per il rapporto qualità/prezzo dei servizi offerti e se sbagliano vanno a casa. I federalisti nostrani (poveri Miglio e Bossi) hanno invece preferito puntare sui trasferimenti Stato-comuni, l’esatto opposto del federalismo, senza porsi il problema di chi paga i costi per la manutenzione delle strade, l’illuminazione, la sicurezza dei borghi, la pulizia di piazze e contrade, la manutenzione del verde, delle piante che spesso non essendo manutenute causano gravi danni, e qualche volta anche morti. 

Qualcuno potrà dire che c’è la bolletta dell’acqua che in parte copre (poco) i costi delle fognature e degli impianti di depurazione (sempre in deficit). C'è l’addizionale comunale ma il suo gettito annuo è di soli 5,07 miliardi, pari al 2,94% del totale IRPEF, con circa il 75% della popolazione che non la paga per esenzioni varie: a pagarla è solo il 13,1% dei cittadini che dichiarano oltre 35mila euro di reddito lordo ai quali, i populisti di turno, vorrebbero far pagare pure l’IMU prima casa perché magari vivono in case di lusso, abitazioni di classe A che peraltro fanno anche meno danni al pianeta. Ma ai populisti di destra e sinistra che pullulano negli sguaiati talk show non frega niente: quelli che dichiarano più di 35mila euro lordi l’anno sono pochi e votano poco! E così con squilli di trombe Berlusconi e la sua maggioranza nel 2007 hanno cancellato la tassa più odiata dai cittadini cui hanno fatto un vero e proprio lavaggio del cervello a fini elettorali.

L’ICI, l’imposta comunale sugli immobili, venne introdotta con la finanziaria del 1992 di Amato (93.050 miliardi di vecchie lire) già in modo sbagliato, come una patrimoniale, ma quantomeno con l’obiettivo di dare vigore all'autonomia finanziaria dei comuni. Il gettito inizialmente previsto era di 8.100 miliardi di lire ma già nel 2000 aveva toccato i 18.400 miliardi. Cosa si poteva fare? Certamente, eliminare l’addizionale IRPEF comunale trasformando l’ex ICI-IMU in una tariffa, detraibile fiscalmente e calcolata su un mix di superficie e nucleo familiare, magari rivedendo e aggiornando il catasto, come prevedeva il decreto del Ministro delle Finanze 28/1998. E invece Forza Italia e sodali hanno preferito massacrare di IMU le seconde case, quelle a risparmio energetico, le attività produttive, agricole e così via; a FI, Lega e AN è andata male, visto che oggi l’ultima è sparita e gli altri si barcamenano tra il 7 e il 13%, più o meno come il Movimento 5 Stelle.

I più felici sono gli abitanti delle centinaia di comuni turistici che si trovano pagate tutte le spese di funzionamento dagli allocchi (come chi scrive) che, anziché andare in hotel, hanno dato lavoro comprandosi la seconda casa e pagano IMU doppia e nettezza urbana per tutto l’anno anche se usano le case per meno di 2 mesi l’anno. Inoltre, essendo spesso inefficienti e troppo piccoli, paesi e paesini da Nord a Sud si prendono pure i trasferimenti: difficile trovare in queste zone gente che dichiari più di 3mila euro lordi e quindi, oltre che casa gratis, anche sanità e servizi sempre a carico di quel 13% di “allocchi” che paga quasi per tutti. Ma potrà mai svilupparsi l’Italia in queste condizioni? 

 Alberto Brambilla, Presidente Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali      

25/7/2022

L’articolo è stato pubblicato sul Corriere della Sera, L'Economia del 18/7/2022
 
 
 

Ti potrebbe interessare anche