Il "grande fratello" e il rischio della tirannia

Un apparato burocratico inefficiente che fatica a contrastare con controlli efficaci, costanti e rigorosi lavoro sommerso ed evasione fiscale: in un quadro di questo tipo è davvero la "guerra al contante" la risposta più adeguata ai problemi italiani? Il punto di vista di Alberto Brambilla, Presidente del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali 

Alberto Brambilla

È giusto che lo Stato sappia tutto di noi: quanti soldi, case e beni possediamo, a chi telefoniamo, chi frequentiamo, quanto risparmiamo, cosa compriamo e dove compriamo; i nostri gusti personali e, perché no, le nostre debolezze? Viviamo in un tempo in cui la follia cieca della burocrazia statale incrocia, in una situazione astrale rara, un sindacato di sinistra che ci vorrebbe tutti ugualmente poveri, invoca una patrimoniale dura su cui concorda la parte sinistra del parlamento e un Movimento 5 Stelle tutto tasse, manette agli evasori, decrescita in-felice, taglio ai redditi alti e alle pensioni “d’oro”, senza curarsi del merito e della voglia di fare (che alla maggior parte di loro non è mai venuta). Tutte queste forze - gran parte delle quali è erede ideologica dei totalitarismi comunisti mai rinnegati - chiede a gran voce l’abolizione del contante, che tutto, anche i caffè, vengano pagati con carte elettroniche, che i conti correnti siano noti allo Stato e così pure la situazione patrimoniale di ogni cittadino; che i sospettati (di che cosa?) possano essere intercettati dai magistrati (eletti e nominati da chi?) che ormai hanno potere di vita e di morte nel nostro Paese e tramite giornali amici (utilizzando il “traffico di veline” che si abbina a quello di “influenze”) emettono la sentenza prima del processo. 

Purtroppo una parte della burocrazia statale e della politica pensa che i problemi italiani si risolvano in gran parte nell’abolizione del contante, come se un’operazione del genere possa per incanto ridurre o eliminare la grande evasione prodotta da alcuni milioni di lavoratori irregolari, clandestini e dalla malavita organizzata - come la mafia, la 'ndrangheta, la camorra, la Sacra Corona Unita, la mafia nigeriana, quella cinese e si potrebbe proseguire - che, in molti lustri, sono state solamente scalfite dalla politica e dalla giustizia. 

Quelli del Movimento 5 Stelle, dopo aver tagliato le retribuzioni e le pensioni, aver premiato con il reddito o la pensione di cittadinanza i cittadini che non lavorano (fortunatamente il provvedimento è un flop), ora vogliono sapere tutto di chi intraprende, di chi crea lavoro, considerandolo un vero pericolo pubblico. Siamo al paradosso: in tutte le civiltà e i grandi imperi, ma anche nelle grandi tribù americane o africane, l’ultima parola spettava al senato, al consiglio degli anziani, a chi aveva dimostrato nella vita di aver fatto buone cose. Ora le decisioni le prendono i giovani che non hanno mai lavorato, intrapreso, rischiato e che, però, vogliono sapere tutto di tutti nella loro foga iconoclastica di giustizialismo. Il picco dell’idiozia italica lo avevamo toccato nel lontano 475 dopo Cristo quando con i barbari, forti, bellicosi, allenati alla fame e alla fatica, alle porte dell’ormai consunto Impero (che coincidenza), i romani ormai desueti alla fatica, grassi e con la pancia piena si facevano la guerra tra loro ammazzando ogni tre per due l’imperatore di turno (anche qui che coincidenze, meno sanguinose ma non meno feroci: da "Enrico, stai sereno" in poi) e per combattere il barbaro Odoacre, un omone alla Obelix, nominarono imperatore un ragazzino di 16 anni, Romolo Augusto - detto Augustolo per via dell’età - figlio di Oreste che, a sua volta, aveva deposto l’imperatore Giulio Nepote: il poverino durò meno di un anno.

Ma la congiunzione astrale è tornata e, nell’anno di grazia 2018, con una situazione economica tragica, le clausole di salvaguardia, l’economia ultima per sviluppo, occupazione e produttività ma prima per debito pubblico, evasione fiscale e criminalità organizzata e con colossi come la Cina che premono, l’Italia ha nominato il suo piccolo imperatore Luigi Di Maio chiamato a reggere il Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali (di fatto, 2 ministeri) e il Ministero dello Sviluppo Economico, in pratica un super ministero che ha inglobato il Ministero delle Attività produttive, quello dell’Industria del Commercio e dell’Artigianato, il Ministero delle Comunicazioni e quello del Commercio Internazionale. Roba da far tremare i polsi anche a uno come Alcide De Gasperi. Ma a super Luigi - anche capo politico e dunque un “segretario generale” del movimento di Beppe (Oreste) Grillo - pareva poco e, quindi, si è preso la carica di Vicepresidente del Consiglio dei Ministri. 

E con tutti questi problemi, anziché riorganizzare la macchina amministrativa che, ai tempi di internet, si accorge solo per caso che un nullatenente è intestatario di mille automobili, anziché introdurre regole fiscali più semplici, controlli sui cittadini che non fanno alcuna dichiarazione fiscale e impiantare il "contrasto di interessi", si vorrebbe zero contante, sapere tutto di tutti e manette. E se domani si concretizzasse davvero il 1984 di Orwell? E se questo tiranno, a capo di un partito egemone, sapesse tutti di tutti e usasse le informazioni per eliminare la “resistenza”, gli avversari politici e chiunque non si adegui al suo mondo? Fantapolitica? No, certo che no. Per avere riscontro, citofonare Xi Jinping e gli Uiguri oppure un po' più vicino a Recep Erdogan che, dopo il farlocco colpo di Stato, ha epurato stampa, magistratura, giornali e così via.

Ho cercato di alleggerire il tema del “grande fratello”, ma attenzione a sottovalutare il problema. Oggi sono già in tanti, e non sappiamo neppure chi sono, quelli abilitati a vedere le dichiarazioni dei redditi, la nostra posizione contributiva INPS, etc; non siamo più nel 1984 e il riconoscimento facciale è realtà, i social media sanno ormai tutto di noi (gusti, attività, preferenze anche politiche) e idem il fisco che sa anche dove spendiamo con la carta di credito. La privacy esiste solo come authority. Basta poco per mettere insieme queste enormi banche dati, e poi non resta che attendere il “nuovo imperatore”. Consiglio a tutti un’ampia meditazione.

Alberto Brambilla, Presidente Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali 

20/1/2020 

 
 
 

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