La redistribuzione della ricchezza che non crea sviluppo
È di 240 miliardi, più dell'intera IRPEF, la quota di "ricchezza" redistribuita dallo Stato a quel 53% di cittadini che, dati sulle dichiarazioni dei redditi alla mano, non versano imposte sufficienti a coprire i costi di sanità, assistenza e altri servizi pubblici. Numeri che dovrebbero essere considerati quando si parla di disuguaglianze o inefficienze di sistema
Lo scorso 17 marzo lIstat ha pubblicato lanalisi sulla redistribuzione del reddito in Italia nel 2024, analisi dalla quale emerge che lintervento pubblico riduce la diseguaglianza nel reddito delle famiglie del 16,1%: -16,9% al Sud, dove si stimano le più ampie disuguaglianze tra redditi primari. Nel complesso, afferma lIstat, le modifiche analizzate al sistema di tasse e benefici introdotte nel corso del 2024 diminuiscono in lieve misura lequità della distribuzione dei redditi disponibili delle famiglie e la diseguaglianza, valutata attraverso lindice di Gini, passa dal 30,25% al 30,40%.
Ma su quale base lIstat calcola questi indici e a quanto ammonta la ridistribuzione tra i redditi in Italia?Cerchiamo di quantificarla in base ai dati elaborati dal Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali a partire dalle dichiarazioni dei redditi 2022. Iniziamo con la sanità: la spesa sanitaria nazionale per i 58.997.201 di residenti al 31 dicembre 2022 è stata pari a 131,103 miliardi, per un costo pro capite di 2.223 euro. Il rapporto tra abitanti e dichiaranti (42.026.960) è pari a 1,405 abitanti per dichiarante. Per garantire i servizi sanitari ai cittadini che dichiarano redditi negativi, da 0 fino a 7.500 e 7.500 e 15mila eur, che rappresentano una popolazione di 24,799 milioni di unità (il 42%), la differenza tra lIRPEF versata, pari a 2,431 miliardi (l1,29% del totale IRPEF, era l1,92% nel 2021), e il solo costo della sanità ammonta a 52,696 miliardi, che sono a carico degli altri cittadini. I contribuenti del terzo scaglione con redditi tra 15 e 20mila euro, pari al 12,84% del totale (4,936 milioni che corrispondono a 7,582 milioni di cittadini), versano il 5,02% del totale IRPEF, pari a 9,506 miliardi, e pagano unimposta media annua 1.761 euro (erano 1.852 euro nel 2020 e 1.934 nel 2019), che si riduce a 1.254 euro per singolo abitante: per garantire la sanità a questa terza fascia di redditi occorrono altri 7,349 miliardi. Sommando quindi le prime tre fasce di reddito fino a 20mila euro, si evidenzia che il 53,19% dei contribuenti che corrisponde, con le persone a carico, a 31,4 milioni di cittadini (pari a ben il 52,34% dellintera popolazione) versa soltanto il 6,21% di tutta lIRPEF, pari a 11,75 miliardi, e probabilmente una percentuale ancora minore delle altre imposte. Quindi, per garantire la sanità a questa parte della popolazione che si lamenta per la scarsità del personale e delle liste di attesa (ma se nessuno paga, i sanitari devono lavorare gratis?), occorrono 60 miliardi che sono a carico soprattutto del 15,27% della popolazione che dichiara redditi da 35mila euro in su e versa il 63,4% dellIRPEF, mentre il restante 46,81%, con unimposta media da 3.612 euro in su, è autosufficiente per la sanità che costa, compresa la quota della persona a carico 3.130 euro. La classe di reddito tra 20 e 29mila euro (18,13% del totale contribuenti) è di fatto autosufficiente per la sanità, con unimposta media di 3.612 euro, al netto bonus.
Laltra spesa che non ha contributi di scopo, ed è quindi finanziata dalla fiscalità generale, è quella per lassistenza che, nel 2022, è ammontata, in grande aumento, a 157,004 miliardi pari a 2.659,73 euro pro capite: un pro capite teorico sottostimato in quanto ne beneficiano soprattutto i primi 2 scaglioni, dai soggetti privi di reddito ai pensionati assistenziali (circa il 40,61% dei 16,131 milioni di pensionati) titolari di assegni e pensioni sociali, di guerra, invalidità civile, indennità di accompagnamento, maggiorazioni sociali, quattordicesima mensilità e altre prestazioni coperte dalla GIAS), dagli invalidi (circa 4 milioni) fino ai disoccupati; ne godono in minima misura quelli tra 35 e 40mila euro. Per pagare lassistenza al 53,19% degli italiani delle prime tre fasce fino a 20mila euro di reddito, occorrono altri 83,516 miliardi (sanità + assistenza fanno 4.891 euro) che sono a carico prevalentemente del solito 15,27%, cioè di 6,415 milioni di contribuenti pari a 9.010.545 di cittadini, e in parte del 22,61% di contribuenti con redditi tra i 20 e i 29mila euro che, autosufficiente per la sanità con unimposta media per cittadino di 2.571 euro, concorre allassistenza per il 13% della spesa pro capite, cioè per 348 euro su 2.660, lasciando il resto ai contribuenti di fascia più elevata. Per questo quarto scaglione di redditi, pari a 13,346 milioni di cittadini, occorrono quindi altri 30,86 miliardi quale differenza tra lIRPEF pagata e la spesa per lassistenza per un totale di redistribuzione pari a 114,376 miliardi.
Potremmo proseguire ma ci fermiamo allistruzione, una spesa pari a circa il 4,1% del PIL, che vale circa 78 miliardi con un costo pro capite di 1.322 euro, questa volta a totale carico del solo 5,26%, di italiani che pagano tanta IRPEF, per una redistribuzione pari a 66,08 miliardi di euro. Quindi, per queste sole tre funzioni di rilevante importo (le pensioni sono escluse in quanto quelle vere, pagate dai contributi, sono in equilibrio), la redistribuzione totale dai cittadini paganti a quelli che pagano poco o nulla è pari a 240,456 miliardi, 1,27 volte limporto della intera IRPEF, e il 36,3% di tutti i 661,78 miliardi di entrate fiscali al netto dei contributi sociali (dato relativo al DEF 2024), di cui 278 miliardi di imposte dirette (il valore è relativo ai redditi 2022). In pratica, viene redistribuito l86,33% di tutte le imposte dirette che va totalmente a beneficio del 53,19% di popolazione e in parte al 22,61%; poi cè tutto il resto: ordine pubblico, giustizia, amministrazione, viabilità, etc, tutto a carico di pochi cittadini e del debito pubblico che ogni anno aumenta spaventosamente tra la totale indifferenza.
È unenorme ricchezza di cui i cittadini beneficiari probabilmente non si rendono nemmeno conto sentendo i politici che continuano a chiedere sussidi e parlare di disuguaglianze al solo scopo di poter promettere ulteriori agevolazioni per guadagnare consensi elettorali. Facendo la riprova, sulla spesa pubblica totale pari, per il 2022, a 1.083,3 miliardi, al netto del deficit annuo di 151,9 miliardi (dati DEF 2024) la spesa pro capite è di 18.361.561 euro per abitante e solo il 5,45% dei contribuenti versa unIRPEF da 20.954 a 252.570 euro (da 14.918 a 179.819 per abitante) e quindi sarebbe autosufficiente; se si considera che le restanti imposte dirette (IRES, IRAP e ISOST) sono prevalentemente a carico di poco più del 15,27% dei contribuenti, e che le imposte indirette sono proporzionate ai redditi dichiarati, la percentuale di redistribuzione aumenta ancora.
Ma non cè solo una redistribuzione tra cittadini ma anche tra zone geografiche. Solo a titolo di esempio la Lombardia, con circa 9,9 milioni di abitanti, versa più IRPEF di tutto il Mezzogiorno (8 regioni e oltre 19,9 milioni di abitanti). La domanda è: lIstat questi dati li conosce? Con quale metodo parla di povertà e disuguaglianze? E la maggiore disuguaglianza che è il debito pubblico, la considera o no? Infine, alla luce di questi dati, ha ancora senso parlare di riduzione del carico fiscale e di redistribuzione per mitigare le disuguaglianze?
Alberto Brambilla, Presidente Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali
28/4/2025