Pensione di base + complementare: un'opportunità mancata
Tra le (poche) novità introdotte dalla Legge di Bilancio in ambito previdenziale c'è la possibilità, per i contributivi puri, di cumulare pensione pubblica e rendita complementare ai fini del raggiungimento dei valori soglia necessari a soddisfare i requisiti per il pensionamento. Una soluzione per pochi e che non risolve i reali problemi del sistema
La novità pensionistica introdotta dalla Legge di Bilancio approvata a fine dicembre consente il pensionamento anticipato o di vecchiaia cumulando la pensione pubblica obbligatoria erogata dallINPS con quella dei fondi pensione; tuttavia, il provvedimento lascia irrisolti i molti problemi della previdenza obbligatoria e complementare e crea ulteriori complicazioni.
Vediamo anzitutto la legge che allarticolo 1, commi da 181 a 185 prevede che, a decorrere dall1 gennaio 2025, solo i soggetti totalmente contributivi (cioè quelli che hanno iniziato a lavorare e versato il primo contributo sociale dall1 gennaio 1996) possono andare in pensione di vecchiaia o anticipata con il sistema contributivo integrale se, cumulando limporto della prima rata di pensione di base (quella erogata dallINPS) con limporto di una o più prestazioni di rendita pensionistica complementare, raggiungono limporto soglia mensile pari a 3 volte il valore dellassegno sociale ordinario (534,41 euro per il 2024 e 538,69 per il 2025, pari a 1.603,23 euro al mese per 13 mensilità), ridotto a 2,8 volte per le donne con un figlio e a 2,6 volte per le donne con due o più figli. La pensione di vecchiaia si otterrà con 67 anni di età e almeno 20 di contributi se limporto della pensione sarà pari a 1 volta lassegno sociale (534,41 euro); se non lo si raggiungesse, bisognerà aspettare i 70 anni di età. A decorrere dal 2030 per la pensione anticipata occorreranno però 30 anni di contributi e un importo soglia pari a 3,2 volte il valore dellassegno sociale ordinario.
Una prima osservazione di merito riguarda i proponenti di questa novità, cioè la Lega per Salvini Premier che, nelle varie campagne elettorali, si proponeva di eliminare e demolire la riforma Fornero: ebbene, (nemesi storica) loriginaria riforma Fornero, prevedeva per la pensione anticipata 20 anni di contribuzione e una pensione pari a 2,8 volte limporto dellassegno sociale, mentre per la vecchiaia, giustamente, prevedeva una pensione a calcolo pari a 1,5 volte lassegno sociale. Con questa manovra si è peggiorata la situazione di quelli che comunque i contributi li hanno versati (passando da 2,8 volte a 3 e poi 3,2 e da 20 a 25 e poi 30 anni di contributi) e migliorata invece la possibilità di pensionamento (da 1,5 volte a 1 volta, lasciando i 20 anni di contribuzione) per quelli che in 67 anni di vita hanno versato pochi contributi e quindi anche poche tasse rimanendo così, a vita, a carico della collettività. Non sono pochi visto che rappresentano oltre il 40% dei 16,3 milioni di pensionati!
Con questa novità, quindi, se con i contributi versati allINPS non si raggiunge limporto di 1.603,23 o di 534,41euro e il lavoratore è iscritto alla previdenza complementare sarà possibile utilizzare la rendita derivante dal fondo pensione per raggiungere limporto soglia; ad esempio, se la pensione INPS dovesse essere pari a 1.400 euro, occorre che la rendita da fondo pensione raggiunga i 206 euro mensili per 13 mensilità per poter accedere alla pensione anticipata. In tal caso, il comma 183 prevede, in continuità con i provvedimenti targati Lega tipo Quota 100 e in modo anacronistico rispetto sia alla normativa previgente in Italia sia nei confronti degli altri Paesi UE, la messa in panchina di questi lavoratori che hanno il divieto di cumulare redditi da pensione con quelli da lavoro fino al compimento delletà di vecchiaia. Considerando la penuria di lavoratori (siamo allultimo posto in tutte le classifiche per tassi di occupazione), il forte tasso di invecchiamento della popolazione e lenorme quantità di lavoro nero che queste norme ovviamente incentivano, è veramente un controsenso totale.
Ma ci sono altri problemi, oltre alla messa in panchina, quasi come se fossimo un Paese ricco e con ricchi stipendi: a)consentendo un anticipo dellandata in pensione utilizzando la rendita da fondo pensione, si snatura il fine della previdenza complementare che non è quello di andare prima in pensione ma di migliorare il tasso di sostituzione complessivo che, invece, questa norma sostanzialmente peggiora; b) il comma 182 rinvia a un decreto Ministero del Lavoro e MEF lindividuazione dei criteri per il calcolo della rendita complementare e per la certificazione delle proiezioni fatte dal fondo pensione per avere una rappresentazione affidabile dellimporto della futura rendita in modo che si mantenga limporto soglia; il punto è che oggi le rendite da previdenza complementare, essendo una scommessa rischiosa e molto sconveniente economicamente, non le vuole nessuno tantè che anche il 96% delle polizze assicurative viene riscattato in capitale. Sarebbe stato meglio riformare prima le rendite dei fondi pensione e poi pensare a come spenderle. c) Inoltre, il decreto citato dovrà tener conto dei contenuti delle decisioni Eurostat in merito alla conferma del trattamento contabile delle prestazioni di rendita delle forme di previdenza complementare. Insomma, tutto andando bene passerà qualche mese. d) Se poi le richieste fossero tante (ma la Ragioneria generale dello Stato ne prevede meno di 100 nel 2025), il comma 184 prevede una riduzione delle prestazioni o un aumento degli importi soglia.
Ma chi potrà accedere a questa pensione? Per avere una pensione pubblica contributiva di circa 21mila euro, considerando il coefficiente di trasformazione alletà di 64 anni pari a 5,088 e il tetto massimo di contributi e prestazioni fissato nel 1996 in 132 milioni di vecchie lire (68.172 euro), e oggi pari a 119.650 euro (una media di 94mila euro), occorre una contribuzione media annua per 25 anni pari a 16.000 euro corrispondente d un reddito di circa 50mila euro medi nei 25 anni che fanno un montante contributivo pari a 410mila euro. Stando agli ultimi dati sulle dichiarazioni dei redditi ai fini IRPEF, gli italiani che dichiarano da 50mila euro in su sono solo il 5,5%, quindi saranno davvero pochi quelli che potranno accedere a questa anticipazione; oppure dovrebbero avere un mix tra obbligatoria e complementare superiore ai 450mila euro ma, considerando i versamenti medi ai fondi pensione e quelli che effettivamente versano (poco più di 7 milioni su 24 milioni di attivi), saranno ancora meno, tantè che il costo massimo dellanticipazione per il 2025 è stato valutato dalla RGS in soli 12 milioni di euro.
Invece, considerando linvecchiamento della popolazione, si sarebbero dovuti: 1) equiparare i requisiti dei contributivi con quelli dei misti (concedendo anche ai contributivi lintegrazione al minimo); 2) bloccare lindicizzazione dellanzianità contributiva dei 42 anni e 10 mesi (1 anno in meno per le donne); 3) confermare la Quota 102 di Mario Draghi. 3) Migliorare lassetto dei fondi pensione con: a) un nuovo semestre di silenzio-assenso; b) la riduzione del carico fiscale (era 11% oggi è il 20%) e portare la tassazione al momento del riscatto della posizione, mentre i fondi pensione italiani sono lunico strumento di risparmio in Europa tassato annualmente con il penalizzante credito di imposta; c) riformare le rendite prevedendo la copertura del rischio di sopravvivenza oltre la media e riordinando la confusione introdotta da RITA (Rendita Integrativa Temporanea Anticipata; d) il ripristino del fondo di garanzia per le micro e piccole imprese cancellato nel 2007 dal ministro Damiano e che, di fatto, preclude liscrizione ai fondi pensione per oltre 7,2 milioni di lavoratori.
Il tutto mentre mancano una legge sulla sanità integrativa, sulla non autosufficienza e il TFR delle imprese con più di 50 dipendenti se non è versato ai fondi pensione va allINPS per spesa corrente sottraendo in 12 anni oltre 97 miliardi alleconomia reale che arranca. In conclusione, tanta propaganda, complicazioni e tante mancate soluzioni ai problemi veri del sistema pensionistico.
Alberto Brambilla, Presidente Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali
27/1/2025