SARS-CoV-2, gli errori da non ripetere

Il nostro è il secondo Paese per morti ogni 100mila abitanti e il settimo per calo di PIL (-9%): il risultato di inerzia e sottovalutazioni con cui sono stati gestiti i primi mesi della crisi sanitaria. Anche se il peggio sembra alle spalle, l'esperienza COVID-19 lascia allora in eredità alcune lezioni che sarebbe utile imparare

Alberto Brambilla

L’Italia è il secondo Paese al mondo per numero di decessi ogni 100mila abitanti: solo il Belgio fa peggio. Ma anche sul versante economico il presunto “modello Italia” è tra i peggiori, secondo quanto emerge dall'ultimo aggiornamento dell'Osservatorio sulla spesa pubblica e sulle entrate Itinerari Previdenziali dedicato alla gestione della pandemia di COVID-19. Dell'elevato numero di decessi da SARS-CoV-2 in Italia si è molto discusso cercando di attribuirli a fattori esterni anche se non sono mancate polemiche politiche, richieste di sfiducia e di commissioni di indagine; in questa sede, alla luce della classifica che vede l’Italia terzo peggior Paese tra i principali 30, sembra utile qualche riflessione pro futuro.

È possibile suddividere la crisi pandemica in tre fasi: 1) da dicembre 2019 al 21 febbraio 2020; 2) la prima ondata COVID fino ai primi di maggio e la tregua fino a metà ottobre dello scorso anno; 3) i 7 mesi della seconda ondata (ottobre 2020-oggi). La fase 1 è quella dell'inerzia  e inizia il 30 dicembre 2019 e si protrae fino al 21 febbraio 2020, data della scoperta del virus da parte della dottoressa Malara e del primo decesso a Vò Euganeo (in realtà senza che gli “sbadati” virologi se ne accorgessero, il virus girava in Italia già da ottobre 2019 o anche prima). In quei giorni scorrevano le drammatiche immagini di Wuhan e arrivavano in Italia le notizie sul piano anti COVID della Corea del Sud ma nessun apparato dello Stato, in quei 50 giorni, si è posto la domanda: “Se succedesse da noi saremmo pronti, come in Cina,  a reagire con tutte le protezioni?” Non solo non ci si è posti il problema ma le prime difficoltà sono state affrontate con tante bugie e scarsa organizzazione. Il 27 gennaio Conte dichiarava che l’Italia era “prontissima” a fronteggiare l’emergenza avendo adottato “misure cautelative all’avanguardia”, mentre il Ministro della Salute affermava di disporre di un piano pandemico e di magazzini pieni di DPI (così diceva Speranza a Radio Capital a febbraio). Eppure, di lì a pochi giorni, avremmo scoperto di non avere nulla. 

E così inizia violenta la fase 2, la prima ondata con mesi di lockdown totale che culmina il 27 marzo con quasi mille morti in un solo giorno e si conclude ai primi di giugno, quando i morti scendono sotto le 50 unità giornaliere. Infine, saranno quasi 35mila morti in questa prima ondata (12.428 a marzo, 15.539 ad aprile, 5.448 a maggio e 1.352 a giugno). Per i successivi 3 mesi, fino a metà ottobre, sembrerà tornata la calma finché i decessi giornalieri, scesi a poche unità, ricominceranno a superare i 40 morti. La giustificazione di politici e gregari per questa altissima mortalità, avvalorata dalla dichiarazione di Fauci, l’immunologo della Casa Bianca, è che il nostro Paese è stato il primo ad affrontare questa pandemia, senza disporre di alcuna informazione sul virus. Non è così: nei 50 giorni di Wuhan non è stato fatto nulla. Nessuno si è peritato di andare nei magazzini per verificare se c’erano DPI, tamponi, attrezzature per ospedali (ricordate l’ospedale di Wuhan fatto in 10 giorni?). O, ancora, di verificare il piano pandemico, di preoccuparsi di comprare medicinali e dispositivi. Nulla fino al 21 febbraio. 

A metà ottobre si innesca la fase 3, la "seconda" ondata che porta i morti da 35mila a oltre 120mila. Qui la scusa che siamo stati il primo Paese colpito dal virus non regge più. Infatti sono passati circa 10 mesi dalle immagini di Wuhan e 5 dalla fine del primo grande lockdown. Sono gli “ozi di Capua”, non di Annibale, ma del governo che resta totalmente inconcludente tra passerelle e "Stati Generali": nessuna decisione per i trasporti di lavoratori e studenti, nessun accordo con taxi e bus turistici (tutti disoccupati), nulla per le scuole salvo i banchi a rotelle, nulla su test sierologici, tamponi e terapie. Per quanto riguarda quest'ultime il Ministro della Salute prescrive solo vigile attesa e tachipirina, così i pazienti arrivano “cotti” in terapia intensiva (esattamente come nella prima ondata) e muoiono. La tesi di Fauci è smentita come lo sono le teorie dell’inquinamento (le città asiatiche sono molto più inquinate e popolose) e della popolazione vecchia; in Giappone, con una popolazione over 65 pari al 28,1% del totale contro il nostro 22,7%, i decessi sono solo 7,94 ogni 100mila abitanti e la situazione economica è nettamente migliore.

Tabella 1 - COVID-19, indice di performance aggiornato al 28 aprile 2021

Tabella 1 - COVID-19, indice di performance aggiornato al 28 aprile 2021

Fonte: elaborazioni a cura del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali

La verità è che secondo la classifica Itinerari Previdenziali aggiornata al 28 aprile l'Italia resta la terza peggiore nazione su 30. Siamo il peggior Paese con 198,87 decessi ogni 100mila abitanti (dati John Hopkins University); peggio di noi solo il Belgio con 210. Siamo il settimo peggior Paese per perdita di PIL nel 2020 (-9%), preceduti da Iraq (-12%), Spagna (-11%), Argentina, Regno Unito, Portogallo e Grecia (tra -9% e -10%). Siamo l’ottavo peggior Paese per deficit 2020 e il terzo peggior Paese per percentuale di incremento del debito pubblico (+21%,  battuti da Canada e Grecia (+24,3%) e vicini a Giappone, Iraq e Spagna (21,4%). 5. Si è infine esaminato un ultimo indicatore: la percentuale di decessi registrati sul totale dei contagiati (JHU): siamo il 4% peggior Paese battuti da Messico, Egitto e Cina.

Questo significa che il piano sanitario italiano, le prescrizioni terapeutiche e l’organizzazione sanitaria - soprattutto nella seconda ondata - non ha funzionato. Solo grazie a un esercito di stupendi sanitari si è evitato il disastro totale e questo deve far riflettere perché di pandemie, purtroppo, ce ne saranno ancora e non necessariamente tra 10 anni come SARS e MERS. 

Alberto Brambilla, Presidente Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali 

31/5/2021

L'articolo è stato pubblicato su La Verità del 22/5/2021
 
 
 

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