Quale cambiamento? Addio alle politiche attive, si torna all'assistenzialismo

Pur con diversi limiti, il Jobs Act ha compiuto una rivoluzione culturale in materia di lavoro, spostando attenzione e risorse dalle politiche passive a quelle attive. Perché il reddito di cittadinanza rappresenta un enorme passo indietro

Claudio Negro

Il Jobs Act ha compiuto una rivoluzione in materia di politiche del lavoro, spostando attenzione e risorse dalle politiche passive (sostegno al reddito) a quelle attive (servizi al lavoro).

In primo luogo, basti pensare alla durata massima di 24 mesi della Cassa Integrazione Straordinaria, contro una prassi consolidata degli ultimi 35 anni, prassi che - tra un escamotage e l'altro - consentiva di stare in CIGS anche un numero spropositato di anni perfino ad azienda chiusa da un pezzo. Il lavoratore che perde il rapporto di lavoro percepisce oggi la NASPI, un'indennità di disoccupazione. C'è un rapporto tra la percezione della NASPI e la partecipazione a politiche attive di ricollocamento, tramite l'istituzione dell'Assegno di Ricollocazione che, su base volontaria, finanzia la partecipazione del lavoratore disoccupato a programmi di ricollocamento. Si tratta del tentativo di portare il mercato del lavoro italiano a livello di quelli europei, in cui alla perdita del lavoro si risponde ovviamente con misure transitorie di sostegno al reddito, ma soprattutto di ricollocazione, le politiche attive del lavoro.

Una rivoluzione prima di tutto culturale per un Paese abituato a ragionare in termini di assistenza come misura sovrana contro la disoccupazione e nel quale vige spesso l'idea di un welfare fai-da-te, che vede l'indennità di Cassa Integrazione affiancata un po' di attività in nero. E se ci sono punti deboli nel sistema istituto dal Jobs Act sono proprio essenzialmente nel fatto che l'Assegno di Ricollocazione è volontario e basta che venga attivato prima che scada il NASPI (24 mesi), cioè troppo tardi per rendere credibile una ricollocazione. Nella gran parte dei Paesi Europei la partecipazione a programmi di ricollocamento è obbligatoria, pena la perdita dell'indennità di disoccupazione.

Su tutt'altro orizzonte si muove però il "Governo del Cambiamento", il cui primo obiettivo è invece il ripristino della Cassa per Cessazione per cessazione di azienda, vale a dire il prolungamento del periodo di sussidio al reddito (2 anni di CIGS + 2 anni di NASPI). E questa pare essere la priorità: ridare centralità alle politiche passive come asse portante dell'intervento dello Stato. Non solo, è stato anche ipotizzato (per ora solo a livello di dibattito, ma la discussione sulla materia dà l'idea dell'orientamento culturale) di definire il Reddito di Cittadinanza come strumento universale di sostegno al reddito, facendogli assorbire funzioni e risorse di NASPI e Assegno di Ricollocazione. 

Siccome il Reddito di Cittadinanza non è presentabile come pura assistenza, ecco che se ne stabilisce la subordinazione alla partecipazione a programmi di ricollocamento, che dovranno essere rigorosamente gestiti dal Pubblico, i Centri per l'Impiego. Dove l'esperienza del ricollocamento funziona (come in in Lombardia) operano però insieme i Centri per l'Impiego e altri soggetti privati accreditati dalla Regione, con risultati molto buoni. Risultati che evidentemente non risultano al Ministero del Lavoro, il quale sembra anzi guardare con sospetto a questa "privatizzazione del collocamento": del resto, si è già tentato di penalizzare il lavoro in somministrazione nel cosiddetto Decreto Dignità.

E non si tratta soltanto di un problema di risorse: sarebbe già uno sforzo enorme garantire a tutti l'Assegno di Ricollocazione e, chiaramente, se si finanzia un allungamento della Cassa Integrazione lo si fa a spese delle risorse per il ricollocamento. Anche qui si tratta di una questione culturale: il Paese ha bisogno di più occupazione, che non si crea con con decreti e divieti ma semmai con un mercato del lavoro moderno, all'interno del quale lo Stato possa fornire le risorse e gli strumenti di cui ha bisogno a chi cerca occupazione.

Ma il Reddito di Cittadinanza può assolvere a questa funzione? Certamente no, per una serie di ragioni:

  1. i Centri per l'Impiego non hanno al loro interno le risorse umane necessarie; la scelta di scartare il modello di integrazione con gli operatori privati rende necessario un forte investimento che non potrà dare risultati non prima di un paio d'anni (a meno che un risultato non venga considerato l'assunzione stessa di nuovi dipendenti dei Centri per l'Impiego)

  2. le norme di condizionalità sono addirittura più lasche di quelle in vigore da sempre: oggi in teoria si può perdere il sostegno al reddito se si rifiuta una sola offerta di lavoro "coerente", con il Reddito di Cittadinanza si arriva a tre (ma parliamoci chiaro: saranno sempre teoriche!). E, comunque,  si pongono alcuni problemi cui non è stata neppure immaginata la risposta: se fossi un lavoratore e proponessero un contratto part-time di 750 euro al mese (del tutto realistico, corrisponde a 1.500 euro di full-time) sarei portato a rifiutarlo. Perchè lavorare per guadagnare meno di quanto mi darebbero restando a casa? Se rifiutassi, allora cosa succederebbe? Mi sarebbe tolto il Reddito di Cittadinanza? Altra ipotesi: potrei accettare laddove lo Stato integrasse la mia retribuzione fino ai 780 euro, ma sarebbe la stessa cosa con un impiego da 300 euro mensili?  E per quanto tempo? E nel combinato disposto di proposte dubbie, mancate proposte, rifiuti discutibili, quanto tempo potrei restare a carico del Reddito di Cittadinanza? Vien da sé che, se lo Stato garantisse a tutti di integrare il reddito da lavoro a 780 euro, sarebbe la festa della sottoccupazione e del lavoro grigio.

  3. sembra che esista in Italia un oggettivo, tanto inaccettabile quanto radicato, conflitto tra il percepimento di un sussidio di disoccupazione e la ricerca attiva di un nuovo lavoro. La sperimentazione dell'Assegno di Ricollocazione ha prodotto esiti impalpabili, e non soltanto per i problemi tecnico-procedurali: come pronosticato, la discrezionalità senza sanzioni nell'attivarlo e la mancanza di vincoli temporali ha costituito un forte disincentivo per i percettori di NASPI. Ma c'è un altro dato, peraltro non "sporcato" da problemi tecnici, che restituisce lo stesso esito. Parliamo di Dote Unica Lavoro della Regione Lombardia, politica attiva funzionante con buoni risultati da alcuni anni: i lavoratori che chiedono da Dote vengono distribuiti in quattro fasce di aiuto a secondo del loro profilo di occupabilità. Soltanto la fascia 3plus, che raggruppa i candidati con maggiori difficoltà, prevede un sussidio, che viene pagato al candidato alla fine del Piano Individuale di Collocamento, positivo o no che sia stato l'esito. Esaminare i risultati delle quattro fasce è molto istruttivo: sul complesso dei candidati l'esito positivo è stato del 30%. Per la fascia 3, che evidenzia maggiori difficoltà di collocamento, l'esito positivo è comunque del 29%. Per la fascia 3plus, l'unica sussidiata, il risultato è il 2,46%. Il che non è spiegabile semplicemente con la maggiore difficoltà a ricollocare persone con bassa professionalità e con un lungo periodo di disoccupazione alle spalle: troppo netta la differenza con i risultati di fascia 3, che pure presenta profili analoghi anche se meno gravi. Diventa semmai inevitabile vedere un rapporto inverso tra ricerca attiva del lavoro e percepimento del sussidio: mentre nelle fasce che non lo prevedono l'obiettivo è trovare un lavoro, spesso il sussidio diventa l'obiettivo stesso delle persone che possono beneficiarne. Il risultato? Un atteggiamento diverso tra i due gruppi, dove chi percepisce il sussidio sarà meno attivo e meno disponibile ad accettare proposte di impiego.

Nel Reddito di Cittadinanza il sussidio è l'elemento enfatizzato, e la Politica Attiva, che infatti non viene in alcun modo declinata in azioni definite e concrete, un effetto collaterale, poco più di una foglia di fico per celare una pura politica assistenziale.

Claudio Negro, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali e  Fondazione Anna Kuliscioff

22/10/2018

 
 
 

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