Bene l'occupazione, ma attenzione alle classi di età più giovani!

I dati Istat evidenziano un trend positivo per il nostro mercato del lavoro anche ad aprile ma qualche campanello d'allarme non manca: la crescita dell'occupazione è in gran prevalenza a favore delle classi di età più avanzate, meno buoni i risultati delle fasce più giovani

Claudio Negro

Come d’uso da qualche tempo, il report Istat sull’occupazione al mese di aprile mostra solo belle notizie: +24.000 occupati rispetto a marzo, +516.000 rispetto ad aprile 2023 (+ 2,2%). Riprendono ad aumentare, anche se di poco, i contratti a termine (+15.000) che di solito, quando sono in termini contenuti, indicano un outlook della imprese per la crescita; tuttavia, restano in maggioranza le assunzioni stabili (+38.000). A completare il panorama idilliaco i dati su disoccupazione e inattività: la seconda, ossia il valore che registra chi non lavora e non cerca lavoro è rimasta sostanzialmente stabile, mentre il numero dei disoccupati (chi cerca lavoro ma non l’ha ancora trovato) è diminuito, segnando -55.000. Nel confronto con lo scorso anno, la variazione è addirittura pari a -11,8%: un dato particolarmente indicativo del fatto che il mercato del lavoro sta discretamente funzionando, riesce cioè a far incontrare in modo crescente domanda e offerta di occupazione.

Fin qua tutto bello ma, andando a vedere i dettagli, si resta preoccupati. Le classi di età più alte sono quelle in cui sale di più il tasso di occupazione: tra i 50 e 64 anni cresce rispetto al mese scorso del 2,6% , mentre scende del 3,5% il tasso di inattività; nella fascia over 64 l’occupazione aumenta dell'1,9% e l’inattività cala dell'1,6%. Molto meno bene la classi di età più giovani: guardando ai dati al netto delle variazioni demografiche, nella fascia 35-49 calano più del 4% gli inattivi ma l’occupazione sale solo dell’1,4%, e nella fascia più bassa (15-34 anni) sale l’inattività (+0,8%) e cresce poco l’occupazione (+1,7%). Ma se si dedica un’occhiata più da vicino alla fascia più significativa per l’occupazione giovanile, cioè la fascia 25-34 anni (quella inferiore risente troppo dei percorsi di formazione e istruzione per essere significativa), si vede che il tasso di occupazione scende dello 0,5% ma quello di inattività sale dello 0,7%.

Non è per menare gramo, ma è inevitabile constatare che la crescita dell’occupazione è in gran prevalenza in favore delle classi di età più avanzate. Ciò induce a due domande: perché le imprese hanno la propensione ad assumere forza lavoro “matura”, e cosa faranno man mano che questo serbatoio si svuoterà? Non è una risposta quella che assumeranno i giovani di oggi, che nel frattempo daranno diventati “maturi”. Perché allora non assumerli oggi? Problemi di formazione? E perché mai nel frattempo dovrebbero risolversi? Non certamente da soli, ma solo se ci sarà un intervento concreto sulle politiche attive del lavoro. 

Seconda domanda: quanta di questa crescita occupazionale è riconducibile a domanda di lavoro “debole”? Parliamo ad esempio dell’attività legata al turismo e annessi e connessi. Non abbiamo al momento i dati delle comunicazioni obbligatorie relative al mese di aprile, ma ci riserviamo di approfondire la questione, che è molto correlata (al di là dei dati di stock, comunque ottimi) alla qualità dell’occupazione e dei salari. 

 Claudio Negro, Fondazione Anna Kuliscioff e
Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali

10/6/2024

 
 

Ti potrebbe interessare anche