Cassa integrazione: proposte, problemi e possibili soluzioni

Le imprese non incassano, i lavoratori rischiano di non ricevere lo stipendio: la situazione potrebbe esplodere, e c'è una grande necessità di aiuti ad aziende e famiglie. Il decreto Cura Italia va in quella direzione, ma con dei limiti - anche "tecnici" - da correggere in corsa per non vanificare gli sforzi

Giovanni Gazzoli

Con il passare del tempo e i primi, timidissimi, segnali di efficacia delle misure prese dal governo al fine di rallentare (e ci si augura presto di arrestare) la crescita della diffusione di Covid-19, il dibattito circa gli effetti di questa pandemia si sta sempre più spostando dall’ambito sanitario a quello economico: più che il "dopo", c'è ora da affrontare il presente, vale a dire la situazione delle moltissime aziende costrette a fermarsi e, di conseguenza, la loro capacità di sopravvivenza, dalla quale dipendono le entrate delle famiglie chiuse in casa da ormai diverse settimane.

Per fare fronte a questa urgenza, il Consiglio dei Ministri ha approvato decreto “Cura Italia”, entrato in vigore lo scorso 17 marzo: sono state così introdotte diverse misure a sostegno di famiglie e imprese, tra cui delle tutele a sostegno del reddito. È il caso dell’estensione dell’utilizzo della cassa integrazione ordinaria e in deroga.

Si parla di estensione in quanto vengono “allentati” i paletti che regolano il ricorso a queste tutele in tempi “normali”. Infatti, volendo riassumere molto sinteticamente (si rimanda invece a questo link per approfondimenti), la CIG (Cassa Integrazione Guadagni) ordinaria, che prevede una copertura dell’80% della retribuzione, può essere fruita dalle imprese di determinati settori che si trovano in difficoltà dovute a fattori terzi e che si ipotizza si risolvano a breve: pertanto è corrisposta fino a 13 settimane continuative per un periodo massimo complessivo di 52. Concretamente, l’azienda anticipa i soldi ai dipendenti, e viene poi rimborsata dall’INPS. La CIG straordinaria è prevista per le imprese che affrontano situazioni non imprevedibili, ma processi strutturali come conversione della produzione o crisi vere e proprie. Infine, la CIG in deroga sostanzialmente era rivolta o alle aziende escluse dai settori della CIG ordinaria o a quelle che ne avevano già ecceduto i limiti: era, perchè non è più fruibile a partire dal 1° gennaio 2017 (se non per situazioni antecedenti).

Dunque, quali sono stati gli allentamenti introdotti dal decreto “Cura Italia”? Per quanto riguarda la CIG ordinaria, la causale “COVID-19 nazionale” consente in primis di destinare l’integrazione a tutti i dipendenti, a prescindere dal tipo di contratto e dal tempo trascorso dall’assunzione; inoltre è concessa per un massimo di 9 settimane che non incideranno sul computo ai fini del limite di CIG ordinaria, qualora venisse richiesta successivamente; quindi, vengono snellite le procedure per accedere a questa misura: dall’abbreviazione delle consultazioni sindacabili (possibili anche in 3 giorni in via telematica, anziché 25) alla facilitazione della domanda stessa (non serve fornire prove del godimento dei requisiti; infine, non è dovuto dall’azienda nessun contributo aggiuntivo. Qualora fosse già in corso una domanda di CIG ordinaria, o l’azienda ne stesse già fruendo, questa viene “sospesa”, facendo subentrare quella “COVID-19 nazionale”.

Per permettere di dare un sostegno anche a tutte le numerosissime aziende i cui settori sono esclusi da quella straordinaria, comprese quelle dei settori agricolo, pesca e Terzo Settore, nonché gli enti religiosi riconosciuti civilmente, viene inoltre concessa la possibilità di accedere alla CIG in deroga. Le caratteristiche sono simili a quelle della CIG ordinaria, se non che la richiesta va destinata alla regione di appartenenza, e che l’INPS eroga direttamente l'indennità ai lavoratori; inoltre, per le aziende superiori a 5 dipendenti è necessario un accordo sindacale sulla durata della sospensione dell’attività. È infine previsto un assegno ordinario per i dipendenti che lavorano per aziende rientranti nel campo di applicazione dei Fondi di solidarietà e del Fondo di integrazione salariale (FIS): lo spirito è praticamente lo stesso della CIG ordinaria, se non che (come per quella in deroga) le indennità sono pagate ai lavoratori direttamente dall’INPS.

In sostanza, come ha affermato con una nota, “l’Istituto si trova a gestire 10 miliardi di euro, in poche settimane, per circa 11 milioni di utenti tra cassa integrazione e gli altri strumenti di sostegno al reddito. Uno sforzo più grosso di quello che lo scorso anno lo ha visto impegnato sul reddito di cittadinanza e Quota 100, sia in termini di risorse economiche che in termini di utenti.”

Detto delle ragionevoli misure adottate, specie riguardo allo snellimento delle procedure e all’allargamento della platea, restano alcuni nodi da sciogliere. Il primo, sul quale comprensibilmente cresce l’apprensione col passare dei giorni, è la capacità dell’INPS di rispondere con velocità alla necessità imperante. Una necessità di liquidità immediata, che non può certo osservare le normali tempistiche burocratiche: alla luce della riduzione dei tempi per la richiesta, si rivelerebbe una beffa dover sottostare a un mancato mutamento di quelli per l’erogazione dei soldi. Lo scorso 24 marzo, durante un’audizione al Senato, il ministro dell’Economia e delle Finanze Gualtieri ha ribadito l’impegno del Governo a dare rapida applicazione delle misure approvate, affermando poi che “la CIG sarà pagata entro 30 giorni”. Una tempistica lontana dalle aspettative dei lavoratori: sono seguite infatti diverse minacce di scioperi, e rappresentanti sindacali come Annamaria Furlan, Segretaria della CISL, hanno chiesto regole certe e definitive. Una situazione precaria insomma, che rischia di vedere il naufragio delle buone intenzioni sugli scogli dei tempi tecnici: concetto che si è intravisto anche nelle righe con cui l’ex Presidente della BCE Mario Draghi è intervenuto sulle pagine del Financial Times.

Per questo è certamente positivo (e forse non casuale) che proprio il giorno seguente l’ABI, Associazione delle Banche Italiane, si sia dichiarata disponibile a fare da ponte, erogando prestiti ai lavoratori in CIG in anticipo rispetto ai tempi necessari all’INPS. L'accordo, raggiunto proprio quest'oggi, dovrebbe consentire la liquidazione dei primi assegni già intorno alla metà di aprile. 

Una misura di buon senso, che aiuterebbe a superare l’impasse e a dare ossigeno a famiglie e imprese. Quello che c’è bisogno per superare l’emergenza e, avendo cautelato l’"oggi", pensare al "domani", che potrebbe rivelarsi altrettanto ostico.

Giovanni Gazzoli, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali 

31/3/2020 

 
 

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