Dove va il mercato del lavoro italiano? Il bilancio 2018 e le previsioni per il 2019

Nel riassumere i trend che hanno caratterizzano il 2018, l’ultimo Osservatorio a cura del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali delinea l’outlook sul 2019: le previsioni di lungo periodo sono poco ottimistiche, anche sugli effetti dell’eventuale turn over indotto da Quota 100

Mara Guarino e Claudio Negro

Nel secondo semestre del 2018 è iniziato un trend occupazionale negativo moderato ma costante, che ha segnato anche l’avvio del 2019: a pesare sull’andamento del mercato del lavoro nel suo complesso soprattutto la congiuntura economica che, in assenza di inversioni di tendenza, porterà verosimilmente a un calo delle ore lavorate, da un lato, e a una maggiore cautela delle imprese nelle assunzioni, dall’altro. Sono queste alcune delle principali considerazioni emerse dall’ultimo Osservatorio sul mercato del lavoro curato Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali il quale, muovendo dall’essenziale centralità delle dinamiche occupazionali nella comprensione dell’andamento dei conti pubblici e, nello specifico, della spesa per il welfare, si propone di analizzare nel dettaglio i dati sull’occupazione relativi al 2018 e ai primi mesi del 2019. 

A risultarne, una fotografia in chiaroscuro, soprattutto per quanto riguarda l’anno appena trascorso. Il numero negli occupati nel 2018 ha infatti toccato quota 23.269.000, record assoluto da sempre: un dato in valori assoluto persino superiore a quello pre-crisi, benché il tasso di occupazione non superi quello del 2008 a seguito dell’aumento contemporaneo della popolazione. Cala l’occupazione maschile, mentre cresce la presenza femminile (+503.000 rispetto al 2008), spesso però conseguenza di una maggiore disponibilità (non sempre del tutto volontaria) ad accettare forme di riduzione dell’orario di lavoro come il part-time. Notevole rispetto al 2008, ma anche coerente con i trend demografica, lo slittamento degli occupati verso le fasce più anziane, mentre prosegue anche nel 2018 la “migrazione” verso il terziario. Cambia anche la composizione professionale degli occupati: mentre le professioni qualificate calano di oltre 220.000 unità, aumentano più del doppio quelle non qualificate, con conseguente spostamento verso il basso anche della massa salariale.

Anche alla luce delle recenti novità legislative di particolare rilievo l’analisi sulla tipologia dei rapporti di lavoro, che vedono 5.310.000 lavoratori dipendenti e 17.866.000 lavoratori dipendenti, l’82,8% dei quali assunti a tempo indeterminato. Per cogliere con maggiore precisione i movimenti del mercato nell’anno appena concluso, la pubblicazione mette però a confronto i dati di stock, che fotografano la situazione in un dato momento, con quelli di flusso, che tengono invece conto anche di assunzioni e cessazioni in un arco temporale considerato. Ed è appunto qui che il quadro finora tutto sommato positivo finora tracciato inizia a scricchiolare». Tanto per cominciare, anche se il bilancio annuale assunzioni/cessazioni resta positivo per circa 430.000 unità, l’analisi del dato annualizzato sulle attivazioni di nuovi rapporti di lavoro cala significativamente a partire dal mese di settembre, lanciando un evidente segnale di contrazione della crescita.

In sostanza, il dato complessivo sui 12 mesi è buono, ma cambia di segno se si analizza l’andamento di ogni mese rispetto al precedente: in particolare, il secondo semestre dell’anno ha visto un forte calo delle assunzioni e soprattutto un aumento importante delle cessazioni, con un saldo addirittura negativo (-503.000). In assenza peraltro, come documentato dall’Osservatorio, di un significativo spostamento delle assunzioni a termine verso quelle a tempo indeterminato: le assunzioni a termine sono diminuite del 6% nel quarto trimestre 2018 rispetto al primo e della stessa percentuale rispetto al quarto trimestre 2017, dati che - secondo la pubblicazione -  sembrano ridimensionare anche la rilevanza del Decreto Dignità nello spostare l’occupazione da temporanea a stabile. Un trend negativo che getta le sue ombre anche sull’anno in corso tanto che, secondo le stime dal Centro Studi e Ricerche a partire dalle rilevazioni sui primi mesi del 2019, un outlook sull’anno in corso non può che prevedere una progressiva stabilizzazione dell'occupazione stabile e del calo di quella a termine, oltre a un plausibile calo delle ore lavorate a fronte di un corrispondente aumento della cassa integrazione. 

Dinamiche alle quali dovrebbe infine aggiungersi anche l’impatto del pensionamento anticipato indotto da Quota 100 (e dagli altri strumenti esistenti), sul quale tuttavia l’Osservatorio mostra un certo scetticismo temendo, da un lato, che il divieto di cumulo incoraggi il lavoro nero e, dall’altro, che le basse aspettative di crescita del Paese non favoriscano il turn over. Se è del resto prevedibile, a star molto prudenti, che  si andrà oltre le 200.000 domande per Quota 100 entro la fine del 2019, si può ipotizzare - con circa i due terzi delle domande accettate, almeno 130 o 140mila lavoratori in meno. Ma il ricambio – conclude il Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali – sarà presumibilmente a zero per gli autonomi, più vicino al 10% che al 20% nel settore privato,il quale potrebbe anzi finire con l’usare largamente del pensionamento anticipato (se, del caso, incentivandolo) per affrontare i problemi di esubero che la congiuntura negativa creerà e, tenuto conto dei vincoli della pubblica amministrazione, molto difficilmente totale anche nel settore pubblico, con il rischio che le rilevazioni di fine anno mostrino un saldo negativo complessivo di almeno 100.000 occupati.

In assenza di variazioni congiunturali e soprattutto di una netta ripresa della crescita economica del Paese, difficile immaginare "shock positivi" in grado di determinare un'inversione di tendenza nel mercato del lavoro nei mesi a venire. 

Claudio Negro e Mara Guarino, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali 

2/5/2019

 
 

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