Inflazione e fiscal drag, lezioni che arrivano dagli Stati Uniti
Oggi, in Italia la pressione fiscale è al 42,8% del PIL, ai massimi degli ultimi dieci anni: colpa (anche ma non solo) del fiscal drag che altri Paesi hanno però imparato a neutralizzare efficacemente
Laumento della pressione fiscale è il tratto più preoccupante della Legge di Bilancio. Siamo al 42,8%, quasi come ai livelli del governo Monti.
Non tutto si spiega con il fiscal drag. Ma per capire cosa sta succedendo allItalia  e perché le tasse non scendono nonostante i tagli delle aliquote  bisogna partire da qui: da un meccanismo che gli altri Paesi hanno imparato a neutralizzare e noi no. In questi giorni i contribuenti americani hanno ricevuto la comunicazione dellaggiornamento delle income brackets della federal income tax perché gli Stati Uniti dal 2018 indicizzano le imposte sul reddito allinflazione, cioè sterilizzano il fiscal drag.
Immaginiamo due Paesi, Stati Uniti e Italia, entrambi attraversati da uninflazione del 20% tra il 2020 e il 2025. Nei primi anni, in entrambi i casi, i salari nominali restano fermi. Poi, al terzo anno, negli Stati Uniti i salari nominali raggiungono il nuovo livello dei prezzi e quindi i salari reali (il potere dacquisto) tornano al punto di partenza. In Italia, invece, i salari nominali salgono solo del 12%. Quindi i salari reali rimangono inferiori dell8% rispetto al 2020. È qui che la differenza tra i due sistemi fiscali diventa decisiva.
Negli Stati Uniti, gli scaglioni e le detrazioni delle imposte sono automaticamente indicizzati allinflazione. Significa che, se i salari nominali restano fermi ma i prezzi aumentano, il sistema sterilizza il fiscal drag: non paghi una quota maggiore di tasse solo perché tutto costa di più. Così, mentre i salari restano indietro, la pressione fiscale si riduce temporaneamente, per poi tornare gradualmente al livello di partenza quando i salari reali saranno allineati ai prezzi.
In Italia succede lopposto. Il sistema non è indicizzato: gli scaglioni e le detrazioni restano fermi. Così, anche se il potere dacquisto non cresce, il reddito nominale aumenta e finisce per spingere parte del reddito del contribuente in scaglioni più alti. È come se il fisco tassasse non la ricchezza reale, ma linflazione. Il risultato è che la pressione fiscale aumenta e non torna indietro, in assenza di altri interventi di legge sulle tasse.
Ecco la spiegazione teoria e anche pratica dellaumento della pressione fiscale italiana. Poi, certo, entrambi i Paesi hanno fatto riforme fiscali. Ma mentre gli Stati Uniti le hanno usate per ridurre ulteriormente le tasse, lItalia ha solo attenuato gli effetti dellinflazione. Il governo ha ridotto le aliquote IRPEF e reso permanente leffetto della decontribuzione, ma la pressione fiscale complessiva non è scesa. È vero che il governo ha ridotto le tasse ai redditi bassi, restituendogli il fiscal drag e anche parte del potere dacquisto perso dai salari e non recuperato dal rinnovo dei contratti, ma per i redditi superiori ai 35-40mila euro lordi annui non cè stata alcuna riduzione delle tasse. Anzi, cè stato un aumento delle detrazioni, e quindi il fiscal drag è ancora tutto lì e si somma alla perdita di potere dacquisto dei salari.
Il fiscal drag spiega tutto laumento delle tasse? Ovviamente no. Se il reddito aumenta davvero, una parte maggiore di tasse è dovuta. Ma il fiscal drag indica la parte di tasse non dovute: quello che si paga solo perché il sistema non viene aggiornato. Come si misura? In teoria, basta confrontare la pressione fiscale effettiva con quella che ci sarebbe stata se avessimo avuto un sistema americano. Oggi, in Italia la pressione fiscale è al 42,8% del PIL, ai massimi degli ultimi dieci anni. In un sistema che avesse sterilizzato il fiscal drag, le riforme fatte dal governo avrebbero prodotto una diminuzione della pressione fiscale. Certo, in questi anni è cresciuta anche loccupazione ed è migliorata la lotta allevasione. Ma la storia economica del triennio post-inflazione è questa: un sistema che non adegua la progressività allaumento dei prezzi finisce per trasformare linflazione in un aumento silenzioso delle tasse.
Il paradosso è che il governo rivendica di aver ridotto le imposte, ma incassa più di prima. È leffetto contabile del drenaggio fiscale: mentre i salari arrancano, la progressività genera gettito. In un Paese che ha già una pressione fiscale alta, non è una buona notizia. Sterilizzare il fiscal drag non è unidea di sinistra o destra, è una regola di buon senso fiscale. Negli anni Ottanta lItalia lo fece, poi se nè dimenticata. Finché non si metterà mano a questo meccanismo, ogni volta che i prezzi saliranno le tasse saliranno ancora di più. E ogni volta i governi diranno di averle ridotte, quando in realtà avranno solo lasciato che linflazione facesse il lavoro sporco al posto loro.
Prof. Marco Leonardi,
 Componente Comitato Tecnico Scientifico Itinerari Previdenziali 
3/11/2025
