Lavoro indipendente e invecchiamento: il caso delle Casse di Previdenza

Nel post COVID il lavoro indipendente ha vissuto un progressivo recupero del forte calo iniziato nel nuovo Millennio: un fenomeno che si ricollega anche alla transizione demografica e al conseguente cambiamento della struttura per età dell'occupazione, come evidenzia il caso degli iscritti alle Casse di Previdenza

Bruno Bernasconi

Quando si parla dei dati sull’occupazione spesso si tende a commentare gli andamenti che riguardano il lavoro dipendente, tralasciando quello indipendente che pur rappresenta una quota importante del mercato italiano (pari a oltre il 21% del totale degli occupati rispetto a una media europea di poco inferiore al 14%). Questo è in parte dovuto all’eterogeneità di tale aggregato, che ricomprende sotto un unico cappello mestieri e professioni con interessi e caratteristiche non univoci che si differenziano tra imprenditori, lavoratori autonomi, liberi professionisti e, più in generale, tutti coloro svolgono la propria attività lavorativa senza vincoli formali di subordinazione.

Figura 1 – L’andamento nel tempo dell’occupazione indipendente in Italia (numero di occupati)

Figura 1 – L’andamento nel tempo dell’occupazione indipendente in Italia (numero di occupati)

Fonte: elaborazioni Itinerari Previdenziali su dati Istat

Un settore che ha conosciuto un rapido declino a partire dagli anni Duemila, con una riduzione in valore assoluto di oltre 1 milione di unità, per poi cominciare un faticoso recupero negli ultimi anni. In particolare, dal picco di 6,3 milioni di addetti toccati a inizio 2004, il numero di lavoratori indipendenti è progressivamente diminuito fino a un minimo di 4,86 milioni (-23,1%) nel febbraio 2021 anche a causa degli effetti della pandemia (-350mila lavoratori rispetto a inizio 2020). Da allora, il numero di lavoratori indipendenti è lentamente risalito fino a 5,16 milioni a ottobre 2024, rimanendo però ancora leggermente al di sotto dei livelli pre COVID (5,2 milioni a dicembre 2019). 

Osservando le tendenze di lungo periodo è possibile approfondire ulteriormente le dinamiche della “crisi” del settore indipendente all’interno del mercato del lavoro italiano. Tra fine 2004 e fine 2023 il totale degli occupati è cresciuto a un ritmo medio annuo dello 0,3% segnando un +6,6% complessivo, mentre i lavoratori indipendenti hanno registrato un calo medio annuo dell’1% e un -17% complessivo con un’incidenza sul totale scesa dal 27,4% al 21,4% (sebbene all’interno di questa categoria si noti un’interessante controtendenza: i liberi professionisti, che rappresentano una parte specifica degli indipendenti, sono cresciuti del 20,89%, passando da 1,125 milioni nel 2007 a 1,36 milioni nel 2023).

Figura 2 – L’andamento del lavoro indipendente rispetto al totale occupati

Figura 2 – L’andamento del lavoro indipendente rispetto al totale occupati

Fonte: elaborazioni Itinerari Previdenziali su dati Istat

Le ragioni del declino dei lavoratori indipendenti sono molteplici e da ricercarsi in alcuni fattori strutturali: un ruolo significativo è attribuibile alla componente demografica che, inevitabilmente, coinvolge anche la struttura dell’occupazione, con un progressivo invecchiamento della forza lavoro. Inoltre, l’allungamento dei percorsi di istruzione posticipa l’ingresso nel mercato del lavoro dei giovani, mentre le folte generazioni ormai adulte vi permangono più a lungo anche per effetto delle riforme del sistema pensionistico che si sono succedute nel tempo. Di conseguenza, nell’ultimo ventennio, sul totale della popolazione in età attiva, il tasso di occupazione è aumentato di circa 4 punti percentuali (dal 57,4% del 2004 al 61,5% del 2023) come risultato di dinamiche differenti per fascia di età: al calo tra i 15-24enni (da 27,3% fino a 20,4%) è corrisposto un forte aumento per i 50-64enni (dal 42,3% al 63,4%).

Per quanto riguarda il settore degli autonomi, il fenomeno dell’invecchiamento della forza lavoro è ben esemplificato dai dati relativi agli iscritti alle Casse Privatizzate che fungono da primo pilastro previdenziale per i liberi professionisti. In base al Rapporto AdEPP 2024, il numero complessivo degli iscritti nel 2023 ha raggiunto la cifra di 1.609.158 persone, frutto di due dinamiche differenti: da un lato, un leggero calo dello 0,36% del numero di contribuenti attivi non pensionati, dall’altro, un incremento marcato del 7,98% dei pensionati attivi, categoria che ha raggiunto quota 119.228 individui. Allargando il periodo di analisi si nota come tra il 2005 e il 2023 il numero di contribuenti attivi sia cresciuto del 19,07%, mentre quello dei pensionati attivi ha segnato un +183,42%, con un peso sul totale passato dal 3,3% al 7,4%. Un trend ulteriormente rimarcato dal fatto che la percentuale di professionisti over 60 è quasi raddoppiata negli ultimi 19 anni, passando da circa il 10% a oltre il 20%, mentre all’opposto quella di under 40 è diminuita dal 41% a circa il 27%. La fascia degli iscritti con età compresa tra i 60 ed i 70 anni, che nel 2005 rappresentava il 7,2% del totale degli iscritti, è aumentata al 17,4% nel 2023 e quella tra i 50 e i 60 anni è passata dal 18% del totale al 25,3%. Nel complesso, gli iscritti tra i 50 e i 60 anni costituiscono oggi il gruppo più numeroso,seguiti da quelli tra i 40 e i 50 anni: queste due fasce rappresentano oltre il 50% degli iscritti. 

Numeri che, insieme alla crescita dei pensionati attivi, evidenziano il prolungamento della vita lavorativa e un cambiamento culturale e strutturale che, sottolinea l’AdEPP, suggerisce la necessità di politiche previdenziali e lavorative che tengano conto di una forza lavoro sempre più diversificata per età e modalità di esercizio della professione. I dati sopra descritti mettono infatti in risalto una problematica che, pur tenendo conto delle differenze tra lavoratori autonomi e dipendenti, li accomuna: un numero crescente di individui anziani rispetto ai giovani e un carico previdenziale sempre più gravoso sulle generazioni attive che richiedono interventi mirati a equilibrare i rapporti generazionali, garantendo la sostenibilità nel lungo periodo.

A livello generale, un aspetto che presenta degli ampi margini di miglioramento riguarda sicuramente il tasso di inattività, che in Italia si attesta al 33,6%, per un totale di circa 12,5 milioni di individui, per effetto soprattutto della componente femminile, il cui tasso è del 42,7% rispetto al 24,6% degli uomini. Seppure in costante aumento, il tasso di occupazione femminile risulta del resto pari al 53,6%, ancora inferiore di oltre 10 punti percentuali rispetto alla media europea, mentre quello maschile raggiunge il 71,3%, valore più in linea a quello medio continentale. Almeno per quanto riguarda i dati relativi agli iscritti alla Casse di Previdenza, gli ultimi anni vedono comunque un deciso miglioramento e una crescita pressoché costante della componente femminile, molto più marcata rispetto alle altre categorie lavorative. Le donne, infatti, sono passate dal 30% degli iscritti AdEPP a quasi il 41% in 17 anni, con riflessi positivi sulla suddivisione per età, che presenta differenze significative in base al sesso. Le donne sono mediamente più giovani degli uomini, con un’età media di circa 46 anni rispetto ai 52 degli uomini, con le under 40 che rappresentano il 14,6% del totale delle iscritte rispetto al 12,5% degli uomini. Nel dettaglio, tra i professionisti sotto i 40 anni si nota una prevalenza della componente femminile, rappresentativa di circa il 54% del totale degli iscritti di questa fascia d’età. Al contrario, le proporzioni si invertono con l’aumentare dell’età degli iscritti: le donne tra i 50 e 60 anni pesano solo per il 36% sugli iscritti di questa fascia, con una percentuale che diminuisce ulteriormente con l’aumentare dell’età anagrafica.

Bruno Bernasconi, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali

2/1/2025

 
 

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