L'occupazione (soprattutto part-time) cresce, ma non decolla la produzione

Gli ultimi dati Istat sull'andamento del mercato del lavoro sono piuttosto positivi ma, ancora una volta, alla crescita dell'occupazione non si accompagna un aumento della produttività: uno dei problemi più rilevanti con cui l'economia italiana è chiamata a confrontarsi 

Claudio Negro

Indubbiamente positivi i dati Istat sul mercato del lavoro riferiti a novembre 2019. Per una volta, tutti gli indici sono nel campo giusto (positivo o negativo a seconda di che indice si tratti). E anche la discesa tendenziale del tasso di disoccupazione stavolta ha un significato reale e non solo statistico, perché accompagnata da una diminuzione del tasso di inattività: in sostanza, più gente cerca lavoro e lo trova. Perfino il lavoro a termine che, alla faccia del Decreto Dignità, ha continuato a crescere negli 11 mesi precedenti, stavolta registra un calo, anche se minimo. Difficile dire se si tratti di inversione di tendenza o di fenomeno congiunturale, ma è giusto segnalarlo.

Per un'analisi più completa è opportuno attendere i report di fine anno, dai quali si potranno ricavare dati più precisi sulla qualità dell'occupazione, delle retribuzioni, delle cessazioni e della mobilità.. Tuttavia qualche outlook si può già azzardare sulla base di dati Istat aggiornati al terzo trimestre, quindi a ottobre 2019, relativi a quello che pare essere il problema specifico dell'economia italiana: la crescita dell'occupazione senza crescita della produzione e, meno ancora, della produttività.

Vediamoli. Il monte ore annuo lavorato aveva indice 115,1 nel primo trimestre 2008, e soltanto 111,8 nel terzo trimestre 2019: si tratta di dati destagionalizzati ma, se volessimo guardare a quelli corretti per i giorni lavorativi, saremmo addirittura a 107! Le ore lavorate per dipendente scendono dall'indice 107,2 del primo trimestre 2018 al 100,4 del terzo trimestre 2019, indice che corretto per i giorni lavorativi cade addirittura a 94,3! Due dati che spiegano per l'appunto perché al crescere dell'occupazione individuale non cresce il numero delle ore lavorate. È facile immaginare che alla base del fenomeno vi sia la grande diffusione del part-time, soprattutto involontario e femminile, nel comparto dei servizi: lo verificheremo quando uscirà il report annuale congiunto di Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, INPS, Istat e Inail.

Tuttavia, è meglio non affidarsi a una lettura che individua solo nella sottoccupazione nei servizi il nocciolo della questione: nel comparto industriale, l'indice destagionalizzato della produzione segna 114,1 nel novembre 2008 e soltanto 112,9 nel novembre 2019 (dato corretto per i giorni lavorativi). In definitiva, siamo di fronte a un'occupazione che cresce in termini numerici, probabilmente grazie al part-time nel comparto dei servizi, e a un'occupazione nell'industria sostanzialmente più stabile, ma senza incremento di ore lavorate.

La prospettiva in questi termini non è un granché, ma vedremo qualcosa di più preciso alla prossima rilevazione. 

Claudio Negro, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali e Fondazione Anna Kuliscioff 

14/1/2020

 
 

Ti potrebbe interessare anche