Rapporto BES 2021: come va il lavoro in Italia? Il work-life balance degli italiani

Il 21 aprile l’Istat ha pubblicato l’edizione 2021 del Rapporto sul benessere equo e sostenibile (BES): uno strumento, riprendendo le parole del Presidente Blangiardo, imprescindibile per provare a rispondere alla domanda “come va la vita in Italia?”, poiché permette di evidenziare le aree dove si manifestano disuguaglianze e di individuare i gruppi più svantaggiati 

Lorenzo Vaiani

Dopo aver esaminato l’area della salute, e nello specifico i domini Salute Qualità dei servizi, occorre analizzare il terzo capitolo del Rapporto sul benessere equo e sostenibile, ovvero quello dedicato al Lavoro e alla conciliazione dei tempi di vita. 

Il primo dato da riportare è relativo all’occupazione e, a tal proposito, occorre fare fin da subito una precisazione. I dati richiamati nel Rapporto sono aggiornati all’ultimo trimestre del 2021, e sebbene siano già disponibili i relativi valori del primo trimestre 2022, risulta comunque utile analizzarli al fine di comprendere la dinamica dei due anni caratterizzati dalla pandemia.

 

Il mercato del lavoro: donne, giovani e Mezzogiorno

Dopo il crollo generalizzato registrato nel 2020, nel 2021 si verifica una ripresa maggiore dell’occupazione femminile rispetto a quella maschile. Le donne - più penalizzate sotto il profilo lavorativo nell’ultimo periodo, in quanto occupate principalmente nel settore terziario dei servizi, colpito duramente dalla pandemia - recuperano oltre un punto percentuale sul 2020: il tasso di occupazione femminile sale dunque, a fine 2021, al 53,2%. Invece, per la componente maschile, si osserva un incremento pari a + 0,6 punti percentuali, con un tasso di occupazione che si attesta al 71,6%. 

L’altro sottogruppo di popolazione nel quale si evidenzia la ripresa maggiore è quello dei giovani tra i 20 e i 34 anni. Dopo il tracollo che aveva portato nel 2020 a un tasso di occupazione giovanile del 50%, ovvero solo un giovane su due era occupato, alla fine del 2021 il valore ha superato i livelli pre-pandemici: di fatto, nel quarto trimestre dell’ultimo anno, l’occupazione giovanile era 1,3 punti percentuali superiore a quella del medesimo periodo del 2019.

Infine, cresce l’occupazione nel Mezzogiorno, tornando ai livelli, ancora troppo bassi, di due anni fa (48,5%). In quest’area del Paese si registra un incremento di oltre un punto percentuale, mentre nel Centro e nel Nord l’aumento è stato rispettivamente dello 0,6% e dello 0,5%. Il che ha permesso di ridurre, almeno in parte, lo storico divario Nord-Sud.

 

Gli effetti della pandemia: smart working e concilazione vita - lavoro 

Dopo aver descritto l‘andamento dei livelli di occupazione degli ultimi due anni occorre ora analizzare che tipo di occupazione si è sviluppata nel corso dell’anno appena conclusosi. La ripresa del mercato del lavoro si è basata quasi esclusivamente sui contratti a tempo determinato, la quota dei dipendenti a termine passa dall’11,7% del 2020 al 12,8% del 2021, riavvicinandosi alla situazione pre-pandemica (13,1%). Inoltre, occorre sottolineare come il forte crollo della categoria dei lavoratori indipendenti registrato nel 2020 non è seguito da un recupero nel 2021, anzi la quota continua a calare, passando dal 22,5% al 21,8% ogni 100 occupati. 

Rispetto alla conciliazione dei tempi di vita, uno degli effetti positivi connessi alla pandemia e alle relative chiusure è stato l’incremento e lo sviluppo dello smart working. Prima di procedere con l’illustrazione dei dati è doverosa una specificazione. Quanto si è verificato durante i diversi lockdown del 2020 e del 2021 non è propriamente qualificabile come smart working bensì come telelavoro: lo smart working presenta delle caratteristiche proprie quali, ad esempio, la possibilità da parte del lavoratore di scegliere in completa autonomia quando e da dove lavorare. Queste condizioni si sono iniziate a verificare solamente a partire dal 2022, e in misura ancora molto contenuta. Pertanto, quello che si sta diffondendo in Italia è, per il momento, una versione diluita di smart working.

Precisato questo punto, tra il 2020 e il 2021 si osserva come una quota sempre maggiore di persone faccia ricorso, o per libera scelta o per disposizioni aziendali, al lavoro da casa. Prima della pandemia questa forma di lavoro riguardava solo il 4,8% degli occupati, percentuale che sale al 13,8% nel 2020 e al 14,8% nel 2021. Inoltre, nel corso dell’ultimo anno, si registra una progressiva riduzione della quota di chi lavora da remoto per la maggior parte del tempo, mentre rimane pressoché invariata quella di chi lavora da casa per meno della metà dei giorni, il che indica una sorta di convergenza verso una modalità mista di lavoro, che combina lavoro da casa e in presenza. Dunque, il lavoro da remoto, inizialmente imposto per necessità contingente, sta diventando sempre più una scelta di alcune tipologie di lavoratori in quanto permette: una riduzione dei costi da sostenere, l’azzeramento dei tempi di spostamento casa-lavoro, un migliore equilibrio tra lavoro e vita privata e una maggiore autonomia e flessibilità. La speranza e l’auspicio è che questa forma di lavoro possa diventare sempre più uno smart working tout court

Il maggior utilizzo di queste tipologie di lavoro ibride incide sui livelli di soddisfazione per il lavoro svolto, tanto che un occupato su 2 nel 2021 si dichiara complessivamente molto soddisfatto del proprio lavoro, percentuale in aumento sia rispetto al 2020 (+1%) sia rispetto al 2019 (+ 4%). Una riprova di ciò è data, seppur indirettamente, dal divario riscontrato tra i livelli di soddisfazione degli occupati stranieri rispetto a quelli degli italiani: tra i primi solo un lavoratore su 3 si dichiara molto soddisfatto, mentre tra i secondi la percentuale è del 51,4%. Una differenza legata, oltre ai divari retributivi e alle diverse condizioni lavorative che tendono a penalizzare i primi, anche al fatto che, mediamente, le professioni svolte dalla componente straniera consentono molto meno, se non addirittura rendono impossibile, l’utilizzo dello smart working, con benefici annessi e connessi. 

In conclusione, è possibile affermare come per il mercato del lavoro, e in particolar modo sul lato dell’offerta, si sia verificata, negli ultimi due anni, una dinamica a V con un importante crollo nel corso del 2020 che è stato in buona parte recuperato nell’ultimo anno, seppur con qualche criticità. Ancora, la ripresa riscontrata nel 2021 ha visto un progressivo ampliamento nell’utilizzo del lavoro da casa, modalità che permette di beneficiare di tutta una serie di vantaggi, con conseguente incremento della soddisfazione lavorativa. Occorre pertanto cogliere quanto di buono è emerso in questi due ultimi, difficili, anni, affinché non vada perso e possa anzi diventare sempre più un elemento portante del mercato del lavoro del nostro Paese. 

Lorenzo Vaiani, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali

24/5/2022                                    

 

 
 

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