Tutte le contraddizioni del mercato del lavoro italiano: i dati del terzo trimestre 2019
Anche i dati più recenti relativi all'andamento del mercato del lavoro italiano sembrano confermare una situazione di sostanziale stallo: soffre la produttività, mentre non raccoglie l'esito sperato il tentativo di creare occupazione tramite Quota 100 e reddito di cittadinanza
Cosa suggeriscono le ultime rilevazioni Istat e INPS sullandamento del mercato del lavoro italiano nel terzo trimestre dellanno? I segnali sono in realtà contrastanti: dopo un secondo trimestre piuttosto statico, diminuisce infatti dello 0,1% il dato di stock relativo agli occupati (-7.000 occupati rispetto al trimestre precedente), con un calo peraltro concentrato nel mese di settembre, mentre il tasso di occupazione (occupati su numero di abitanti in età di lavoro) è ormai fermo al 59,1% da tre mesi consecutivi, quello di disoccupazione sale al 9,9% e quello di inattività scende dello 0,1%. Nel frattempo, crescono le retribuzioni, soprattutto grazie ai recenti rinnovi di alcuni importanti contratti industriali (Chimico- Farmaceutico, Metalmeccanico, Energia, ecc.) e indicazioni parzialmente positive giungono dallandamento della Cassa Integrazione a settembre.
Variazioni in ogni caso minime proprio perché poco pronunciate sul piano delle grandezze e che, come evidenziato nellultimo Osservatorio sul mercato del lavoro a cura del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, diventano allora - pur allinterno di un quadro contraddittorio - la conferma di una fase di sostanziale fissità, nella quale è anzi ancora possibile intravedere allorizzonte segnali di stagnazione.
Una prima indicazione interessante si ricava ad esempio dai dati di flusso INPS (avviamenti al lavoro e cessazioni): il saldo ad agosto - che, va ricordato, non è identico al dato di stock di Istat perché nelle Comunicazioni Obbligatorie che generano i dati di flusso possono esserci più avviamenti e/o cessazioni a carico della stessa persona - è positivo per 338.000 unità, ma ad agosto 2018 lo era per ben 383.000, una rilevazione che, senza inficiare i dati di stock, sembrerebbe appunto confermare limpressione di una dinamica di flusso orientata al ribasso. Una seconda arriva invece dallo stallo delle ore lavorate: fatto 100 il 2015, era a 113 nel secondo semestre 2018 e a 11 nel 2017: nel 2019 (in questo caso la rilevazione si arresta però al secondo trimestre dellanno), tocca quota 115. A fronte dellincremento del numero degli occupati rispetto al passato, una crescita troppo lenta per non far scattare un campanello di allarme: alla crescita occupazionale non corrisponde alcun incremento di produttività.
E, con un indice di fiducia dei consumatori in calo e ancora di più con una crescita del PIL stimata intorno a un modesto 0,1%, le previsioni per il quadro trimestre 2014 non sono più rosee, malgrado la moderata fiducia delle imprese rilevata dallIstat: verosimile anzi attendersi un mercato del lavoro sostanzialmente stabile, ancor di più tenuto conto dellimpatto tuttaltro che dirompente dei più recenti interventi normativi in materia. Se le incentivazioni allassunzione a tempo indeterminato (Jobs Act prima e Decreto Dignità poi) hanno ormai esaurito la loro forza propulsiva e quelle previste per il Sud soffrono la mancanza di domanda, reddito di cittadinanza e Quota 100 mostrano al momento un effetto non certo particolarmente incisivo sulle dinamiche occupazionali italiane.
A partire dallo scorso mese di marzo, il numero degli occupati è rimasto sostanzialmente stabile tra 23.321.000 23.354.000 (non in crescita progressiva) a fronte di una stima di almeno 95.000 di persone uscite anticipatamente dal lavoro con Quota 100 al netto dei dipendenti pubblici: ora, una variazione non progressiva di 30.000 unità nell'arco di 7 mesi parrebbe dimostrare che l'impatto di questi pensionamenti anticipati è stato quasi nullo rispetto al turnover fisiologico o, in ogni caso, molto distante da quella perfetta staffetta generazionale pensionando in uscita/giovane lavoratore in entrata di cui si era parlato allatto di nascita del provvedimento. Il connubio reddito di cittadinanza - politiche attive del lavoro fa però decisamente peggio, tanto che su un totale di 700mila beneficiari considerati rioccupabili, solo 50mila hanno concretamente finito il Patto per il Lavoro: alle perplessità iniziali sullefficacia della misura si sono daltra parte sommati ritardi e unattuazione gravemente approssimativa (basti pensare al caso navigator).
Troppo poco - e male - per un Paese che avrebbe prima di tutto bisogno di provvedimenti (e investimenti) in grado di rilanciare produttività, crescita e sviluppo. Senza creare le condizioni concrete per un aumento della partecipazione al mercato del lavoro, quantomeno utopistico pensare di creare occupazione e uscire in forza di legge da una fase, ormai prolungata, di preoccupante stallo.
Mara Guarino e Claudio Negro, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali
11/11/2019