Voucher lavoro, la battaglia di retroguardia dei sindacati

Nonostante la severa reazione dei sindacati, l'esecrata riforma del lavoro accessorio prevista nella legge finanziaria non tocca quasi per niente la struttura del contratto occasionale: un favore al precariato o, piuttosto, un'alternativa al sommerso? 

Claudio Negro

Come prevedibile l’ipotesi di reintroduzione nella Legge di Bilancio dei voucher lavoro, aboliti dal governo Gentiloni sull'onda di una feroce campagna dei sindacati, ha scatenato un tripudio di slogan antischiavisti e anticapitalisti. La CGIL si oppone alla “reintroduzione dei voucher, che rappresentano una vera e propria mercificazione del lavoro senza diritti e senza tutele, oltre a riproporre un modello che deprime l’economia”; e alcuni si accodano.

In realtà, non si tratta della reintroduzione dei voucher cartacei, quelli che si compravano in tabaccheria e che poi venivano dati a chi aveva prestato un lavoro occasionale, il quale li scontava all’INPS o nelle rivendite autorizzate. Opportuno però fare un po’ di storia: allorchè si decise di abrogare i voucher lavoro, si pensò bene di sostituirli con una forma contrattuale ad hoc, sostanzialmente equivalente ma munita dell’altisonante denominazione di “contratto di prestazione occasionale”. Nella sostanza , a novità consistette nell’introduzione di una forma più complessa di attivazione del rapporto di lavoro, che non si sostanzia più nell’acquisto e nella consegna al lavoratore del voucher, ma richiede una procedura telematica con l’INPS, che rende difficili le cose soprattutto alle famiglie come datrici di lavoro. A parte questa differenza strutturale, rispetto ai vecchi voucher, sono cambiati più volte le soglie per l’utilizzo di questa forma di lavoro. Attualmente, le imprese possono usare il contratto di lavoro occasionale solo se non hanno più di 5 dipendenti in forza. Ogni azienda non può pagare più di 5.000 euro annui di prestazioni occasionali, e ciascun lavoratore non può incassare più di 5.000 euro annui di compensi per lavoro occasionale. Un’ora di lavoro vale 9 euro (quello prestato alle famiglie ne vale 10).

L’esecrata riforma del lavoro accessorio prevista nella legge finanziaria non tocca per niente la struttura del contratto occasionale: non si reintroduce il voucher cartaceo, resta l’obbligo della procedura informatica con l’INPS. Cambiano (ma non di molto) i limiti numerici; in particolare, a ogni prestatore d’opera viene consentito di incassare fino a 10.000 euro lordi all’anno, dei quali però non più di 2.500 dallo stesso datore di lavoro. Inoltre, possono utilizzare il lavoro occasionale le aziende fino a 10 dipendenti, comprese quelle del comparto turismo (per le quali vigeva il limite di 8 dipendenti) e dell’agricoltura, senza vincoli di età o condizione soggettiva (per esempio, disoccupati), con il solo obbligo di non superare le 45 giornate in un anno e che la retribuzione giornaliera non sia inferiore a 3 ore. Cambia invece il valore dell’ora lavorata: da 9 euro netti per le aziende e 10 euro netti per le prestazioni a una  famiglia, a 10 euro lordi per tutti. Il netto è di 7,5 euro, mentre la differenza copre i contributi INPS e INAIL. C’è da dire, fermo restando che la retribuzione non è tassata, che, con la precedente normativa,  i contributi venivano versati a parte dal datore di lavoro.

Come si vede, non si tratta di cambiamenti epocali ma di aggiustamenti, sui quali ovviamente è lecito discutere, ma non, come pavlovianamente fa il sindacato, far le barricate. Sarebbe poi opportuno notare che, nel secondo trimestre del 2022, l’utilizzo del contratto di prestazione occasionale è rimasto in linea con i valori del 2021 coinvolgendo mediamente, ogni mese, circa 15mila lavoratori. Nello stesso periodo del 2022, il "libretto famiglia" registra in media mensile circa 12mila prestatori. Le novità introdotte dalla Legge di Bilancio potrebbero far lievitare questi numeri, ma non di molto, dato che i limiti e gli obblighi cambiano di cifra ma non strutturalmente. Ed, evidentemente, non siamo di fronte a una catastrofe dei diritti del lavoro o al lavoro precario di massa.

Un’obiezione fondata era che con il voucher cartaceo l’utilizzatore poteva usare il nero e mettersi in regola all’ultimo momento, in caso di ispezione, staccando un voucher che aveva tenuto nel cassetto per ogni evenienza: tuttavia, già dal 2017 è obbligatorio comunicare all’INPS tramite SMS l’attivazione del contratto. Altra obiezione è che si va a incrementare il lavoro povero. Per verificare quest’osservazione vale la pena fare un raffronto con il trattamento "corretto", quello di un CCNL che abbia al suo interno un profilo professionale paragonabile a quelli cui normalmente appartengono le figure che fanno prestazioni occasionali. Per praticità, si è dunque scelto i "Pubblici Esercizi, Ristorazione Collettiva e Commerciale e Turismo" (Confcommercio): per il settimo livello, il più basso, e in caso di prestazione discontinua, altra caratteristica tipica del lavoro occasionale,  la paga oraria lorda è di 6,9 euro; per il livello superiore (sesto) è di 7,26 euro. Per il lavoro occasionale è di 10 euro lordi, 7,5 il valore netto. 

Vero è che nel caso di contratto a termine alla paga oraria vanno aggiunti i ratei di tredicesima, quattordicesima, ferie e TFR, che determinano un aumento della retribuzione oraria di circa 1,5 euro, ma vanno anche sottratti i contributi a carico del lavoratore: nel caso del settimo livello arriveremmo a un netto orario di 7,6 euro, sostanzialmente uguale a quello della prestazione occasionale. Ovviamente la differenza, pur piccola, tende a dilatarsi all’aumentare delle ore lavorate: considerato che il massimo raggiungibile per una prestazione occasionale è di 250 ore presso lo stesso utilizzatore, il paragone va fatto sul differenziale di paga oraria netta su 250 ore, ed è veramente esiguo.

Dunque, il lavoro occasionale dal punto di vista retributivo non è più “povero” di quanto non lo sia il corrispondente trattamento di un normale contratto a termine. Peraltro, non può essere reiterato dopo 6-7 settimane: da escludere il suo utilizzo invece di un posto di lavoro stabile. Del resto, fin dall’inizio, era una formula pensata non per flessibilizzare il lavoro stabile ma per offrire un’alternativa al lavoro nero. Nella sua formulazione - più macchinosa di quella dei voucher cartacei, soprattutto per le famiglie come datori di lavoro - non si presta assolutamente a sostituire il lavoro regolare: può essere elusa? Certamente, con il lavoro nero, come qualunque altro rapporto di lavoro.

Si tenga presente che eliminare questo tipo di rapporto non determinerà il passaggio dei lavoratori interessati al contratto stabile, e nemmeno a quello a termine, ma solo al lavoro nero. L’occupazione stabile per legge non l’ha mai realizzata nessuno, e l’imponibile di manodopera appartiene a un passato che non tornerà. C’è solo un modo per fare sì che i CCNL stipulati da CGIL, CISL e UIL assumano valore cogente: l’attuazione piena dell’art. 39 della Carta Costituzionale. Nel frattempo, sarà giocoforza accontentarsi del possibile. Se poi il sindacato ritiene opportuno mascherare la realtà con slogan e invettive, come ormai da tempo sta facendo, non resterà che prendere atto della sua incapacità di svolgere un ruolo non da spettatore. 

 Claudio Negro, Fondazione Anna Kuliscioff
e Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali 
     

20/12/2022

 
 

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