Dove metto il TFR? Valutare la convenienza fiscale

Un tema spesso trascurato dai lavoratori dipendenti, malgrado la sua importanza in un'ottica di attenta pianificazione delle proprie finanze e del proprio futuro previdenziale, è quello della destinazione del Trattamento di Fine Rapporto: lasciarlo in azienda o indirizzarlo verso la previdenza complementare? Tra i fattori da non sottovalutare per la propria decisione quello della convenienza fiscale 

Niccolò De Rossi

Il Trattamento di Fine Rapporto, o meglio la scelta che il lavoratore è chiamato a compiere a proposito della sua destinazione, è uno di quei temi che dovrebbero trovare maggiore spazio all’interno delle riflessioni che il dipendente è chiamato a fare durante il proprio percorso professionale. Evitando di spendere troppe parole sulle diverse possibilità che si hanno a disposizione ed effettuando quindi un'estrema semplificazione, la questione si riduce a una duplice opzione: mantenere il TFR presso la propria azienda oppure versarlo a una forma di previdenza complementare. Il tema resta ancora troppo spesso appannaggio di pochi, complice anche la scarsa attenzione che gli viene riservata da parte della politica, tanto che campagne informative e programmi mirati soprattutto per sensibilizzare i più giovani sull’importanza della previdenza integrativa rimangono fanalino di coda nell’agenda dei decisori. 

Dopo aver affrontato l’argomento dal punto di vista del rendimento finanziario, ovvero di come viene rivalutato il TFR nei due diversi casi - azienda vs forma pensionistica complementare – è utile considerare il tema da un altro punto di vista. Avendo già premesso che l’aspetto finanziario è solamente una componente, seppur rilevante, dell’analisi, è quindi bene prendere in esame anche l’aspetto della convenienza fiscale di cui si può beneficiare decidendo di destinare il proprio TFR maturando a un fondo pensione. Questo perché, proprio l’entità dell’imposizione fiscale, impatta nel lungo periodo sul montante accumulato e sulla relativa prestazione che verrà erogata al momento del pensionamento (o per altre esigenze di cui tra poco si dirà). 

Innanzitutto, una premessa: se si considera il fondo pensione non solo come strumento previdenziale, ma anche come veicolo attraverso cui investire una parte del proprio risparmio, non si può non sottolineare una prima differenza (dal punto di vista fiscale) rispetto ad altre opzioni di investimento. I fondi pensione infatti beneficiano di un’imposta sostitutiva del 20% su interessi e plusvalenze realizzate, anziché del 26% come gli altri strumenti finanziari. Inoltre, i titoli di Stato nonché le obbligazioni dei titoli pubblici territoriali (come regioni, province e comuni) e i bond di stato esteri e territoriali inseriti nella white list (che contiene gli Stati che consentono un adeguato scambio di informazioni) e quelli degli organismi internazionali sono tassati al 12,5%. Il rendimento del TFR lasciato in azienda è invece assoggettato all’aliquota del 17%. 

Dunque, dal punto di vista prettamente finanziario e per un risparmiatore non troppo “educato”, scegliere di aderire alla previdenza complementare destinandovi almeno il proprio TFR comporta di per sé un vantaggio da non trascurare. Un esempio potrà chiarire quanto esposto: prendendo come riferimento un comparto bilanciato (70% obbligazionario e 30% azionario), che può rappresentare una buona sintesi del portafoglio medio di un fondo pensione, e applicando le due diverse aliquote di tassazione, si ottiene - con qualche approssimazione - un’imposizione media del 14,75%. Nel caso il lavoratore decidesse di destinare il proprio TFR al fondo pensione beneficerebbe cioè di una tassazione inferiore rispetto a quanto invece subirebbe se lo tenesse in azienda. 

Altro aspetto, forse di entità ancora più rilevante del precedente, consiste nella differente tassazione applicata al momento dell’erogazione del TFR. Tenuto conto del fatto che, laddove il Trattamento di Fine Rapporto sia stato destinato al fondo pensione, verrà evidentemente erogato unitamente al resto dei versamenti che, congiuntamente, andranno a formare il montante contributivo finale accumulato dal lavoratore aderente, vediamo cosa cambia nelle due diverse ipotesi in esame. Il TFR accantonato in azienda sarà soggetto a tassazione separata, vale a dire: la quota di TFR maturato verrà moltiplicata per dodici e divisa per gli anni di servizio (TFRx12/n° anni di servizio), quindi verrà applicata l’aliquota IRPEF media di tassazione dei cinque anni antecedenti la cessazione dell’attività lavorativa. La differenza tra il TFR lordo e la quota di IRPEF appena calcolata restituirà il TFR netto a disposizione del lavoratore (per le regole di tassazione del TFR si veda art. 17 del TUIR e art. 2120 Codice Civile). Nel caso invece il lavoratore abbia optato per destinare il Trattamento di Fine Rapporto alla previdenza complementare, al momento dell’erogazione della prestazione pensionistica - che, come visto, avrà al suo interno il TFR versato - sarà assoggettata a un’aliquota massima del 15%, che decresce dello 0,3% per ogni anno di iscrizione alla previdenza complementare successivo al quindicesimo, fino a un minimo del 9%.

Tabella 1 - Tassazione del TFR al fondo pensione e tassazione del TFR in azienda a confronto

Tassaione fondo pensione vs TFR in azienda

Se si considera inoltre che tipicamente gli ultimi anni di carriera sono quelli che offrono retribuzioni più elevate, l’imposizione IRPEF che verrà applicata al momento della cessazione del rapporto di lavoro sarà elevata. Nel caso di versamento del TFR al fondo pensione accade esattamente il contrario: maggiore sarà la permanenza nella forma previdenziale complementare e minore sarà la tassazione che verrà applicata al momento dell’erogazione della prestazione pensionistica (fino a un minimo del 9%)

 

Non solo pensione: la tassazione sulle anticipazioni

L’analisi delle differenze dal punto fiscale nelle due ipotesi di destinazione non si esaurisce però alla sola erogazione del TFR una volta conclusa la propria carriera lavorativa. Infatti, nel corso della stessa, possono sorgere numerosi bisogni (acquisto di una casa, malattia etc.) per cui potrebbe essere necessario attingere al TFR fino a quel momento maturato. In questo caso, come riassunto nella successiva tabella, occorrono significative differenze sia nelle condizioni di accesso che negli importi effettivamente conseguibili. Va peraltro specificato che, nel caso di TFR lasciato in azienda, l’anticipo sarà costituito dalla quota di TFR e dal suo rendimento; nel caso di TFR destinato a forme pensionistiche complementari, invece, dall’intera posizione maturata, composta da contributo del lavoratore, del datore di lavoro, del TFR, dei rendimenti finanziari. Un "anticipo" quindi con buona probabilità più elevato. 

Inoltre c’è da considerare che non tutti i CCNL hanno le stesse regole riguardanti le condizioni di accesso e di erogazione del TFR. In via generale, la richiesta di anticipazione può essere effettuata una sola volta nel corso del rapporto di lavoro, e inoltre, solo se non sia stata già presentata da più del 10% degli aventi diritto e nel limite del 4% del totale dei dipendenti. La tassazione sull’anticipazione sarà quella descritta in precedenza. Al contrario, in caso di versamento del TFR al fondo pensione, non c’è limite al numero di anticipazioni richiedibili; in tal caso, la tassazione che verrà applicata cambierà in base al motivo della richiesta del lavoratore: un’imposizione più contenuta nel caso di spese sanitarie (aliquota del 15% ridotta di 0,3 punti percentuali per ogni anno di adesione oltre il quindicesimo) e, in tutte le altre casistiche, una ritenuta a titolo di imposta con aliquota fissata al 23%. Altro importante aspetto da tenere ben presente è che quanto richiesto come anticipazione al fondo pensione può essere reintegrato con uno o più versamenti che possono anche superare la soglia annuale di  5.164,57 euro e comunque in esenzione di imposta. 

Tabella 2 - Richiedere il TFR "in anticipo": le possibili motivazioni 

Motivazioni richiesta TFR

Tralasciando in questa sede l’aspetto della precarietà che ormai caratterizza il mondo del lavoro, dove carriere discontinue e quindi impieghi maggiormente frazionati possono impattare sull’accantonamento del TFR, è importante che il lavoratore sia sempre ben informato sulle differenze che caratterizzeranno la sua scelta. Soprattutto in un Paese dove l’imposizione fiscale sul lavoro è oggetto di attenzione tanto dell’opinione pubblica quanto del decisore politico (finora in preda a un immobilismo sul tema che dura da anni), fare ricorso a uno strumento fiscalmente incentivato quale il fondo pensione potrebbe rivelarsi una scelta vantaggiosa non solo in termini di “lungimiranza previdenziale” ma anche dal punto di vista finanziario e dell’impiego del proprio risparmio.

Niccolò De Rossi, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali

31/8/2020

 
 
 

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