Età di pensionamento, il confronto internazionale alla luce dei requisiti in vigore dal 2019
Incremento a 67 anni di età anagrafica per accedere alla pensione di vecchiaia e blocco a 42 anni e 10 mesi (41 e 10 mesi per le donne) di contributi per quella di anzianità. Queste le novità che, sulla base delle ultime proposte governative, dovrebbero scattare dal prossimo anno: cosa emerge dal confronto con gli altri Paesi OCSE
Come cambieranno i requisiti per accedere alla pensione nel 2019? È questa una delle domande più ricorrenti nel dibattito pensionistico di questi ultimi mesi dellanno. Per dare una risposta al quesito, dobbiamo innanzitutto ricordare che il tutto dipenderà dallesito delle proposte governative ancora in discussione (quota 100, quota 41, etc.).
Se la riforma Monti-Fornero, come molto probabile, non sarà modificata, a partire dal prossimo anno il requisito di età anagrafica per accedere alla pensione di vecchiaia salirà a 67 anni per tutti i lavoratori, uomini e donne (fermo restando il requisito di una contribuzione minima di 20 anni), con un incremento di 5 mesi rispetto al 2018 (tabella 1). Requisito anagrafico che sarà necessario anche per poter accedere allassegno sociale. Secondo lipotesi più accreditata, letà anagrafica per la pensione di vecchiaia continuerà poi a essere adeguata alla speranza di vita, così come previsto dalla riforma Monti-Fornero.
Come già ricordato altre volte in questa sede, aggancio delletà di pensionamento allaspettativa di vita e revisione triennale dei coefficienti di trasformazione (biennale dal 2109) rappresentano d'altra parte i due stabilizzatori automatici posti a garanzia della sostenibilità del sistema pensionistico, atti a contrastare gli effetti dellinvecchiamento demografico. Nel 2019 cambieranno anche i coefficienti di trasformazione per il calcolo della pensione che, a propria volta legati allaspettativa di vita, determineranno, a parità di età anagrafica, una riduzione di circa l1% dell'importo del trattamento pensionistico rispetto al triennio 2015-18. Tema, quest'ultimo, che sarà ulteriormente approfondito in un articolo dedicato.
Il secondo canale di accesso alla pensione, ossia la pensione di vecchiaia anticipata si otterrà invece, se non dovessero intervenire modifiche alla riforma Fornero, con 43 anni e 3 mesi di contributi per gli uomini e 42 anni e 3 mesi per le donne (tabella 2), a prescindere dalletà anagrafica. Quindi, 5 mesi in più sia per i maschi sia per le femmine. Se invece, come più probabile, sarà attuata laproposta del governo di bloccare lindicizzazione dellanzianità contributiva, i requisiti potrebbero rimanere fermi a quelli già in vigore per questanno, e cioè 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 e 10 mesi per le donne.
Linvecchiamento della popolazione è indubbiamente un fenomeno comune alla gran parte dei Paesi UE e non solo, tantè che negli ultimi anni i sistemi pensionistici europei si sono attrezzati per cercare di contenerne le conseguenze innalzando le età di pensionamento. Tra i Paesi europei spicca però proprio lItalia che, con i 67 anni di età in vigore dal prossimo gennaio, si conferma ai primi posti della classifica europea per età legale richiesta per il pensionamento di vecchiaia.
Ma a che età andiamo effettivamente in pensione? Allargando lorizzonte allarea OCSE, scopriamo che lItalia continua a non vantare alcun primato internazionale per età effettiva di pensionamento. Come si vede dalle figure che seguono, tra il 2012 e il 2017 le lavoratrici italiane sono andate in pensione a unetà media effettiva di 61 anni, contro una media OCSE di 63 anni e 6 mesi, posizionandosi alle spalle di Paesi come il Regno Unito (63,9), la Germania (63,4) e la Spagna (61,6); mentre, per quanto riguarda gli uomini, lItalia si posiziona ancora più in coda alla classifica con unetà media effettiva di 62 anni e 4 mesi, a fronte di una media OCSE pari a 65 anni e 3 mesi.
È bene comunque sottolineare che negli ultimi trentanni, grazie alle riforme che si sono susseguite, lItalia ha fatto passi da gigante in fatto di età effettive di pensionamento. Fatto daltro canto positivo, che ha risolto alcune anomalie presenti all'interno di un sistema (baby pensioni, prepensionamenti, etc.) che consentiva di andare in pensione con requisiti anche eccessivamente favorevoli (basti pensare ai famosi 14 anni 6 mesi e un giorno dei dipendenti pubblici).
Michaela Camilleri, Area Previdenza e Finanza Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali
4/12/2018