Fiscalità e informazione per contribuire alla previdenza complementare?

Nell'ottica di sviluppare il sistema della previdenza complementare, il tema dell'adeguatezza delle prestazioni merita un'attenzione particolare: come incentivare la partecipazione attiva tra iscritti non versanti, mancata contribuzione da parte degli aderenti contrattuali e posizioni multiple?

Michaela Camilleri

Si discute sempre più frequentemente di come sviluppare la previdenza complementare, tra proposte di un nuovo semestre di silenzio-assenso, ampliamento dei vantaggi fiscali e revisione delle modalità di erogazione della prestazione finale. Anche il documento conclusivo dell’indagine conoscitiva della Commissione Bicamerale, così come le considerazioni del Presidente della COVIP in occasione della recente presentazione della Relazione Annuale, riprendono queste tematiche di sviluppo del sistema. Resta tuttavia fondamentale discutere di come incentivarne non solo l’adesione ma anche, e soprattutto, la contribuzione: il tema è fondamentale perché dall’importo dei versamenti contributivi dipende inevitabilmente l’ammontare della prestazione pensionistica integrativa che verrà poi erogata dal fondo pensione. Quando si parla dunque di previdenza, non solo complementare, occorre porre l’attenzione anche sul tema dell’adeguatezza del risparmio. Analizzando i dati 2024 contenuti nella Relazione Annuale dell’Autorità di Vigilanza, una delle sfide più importanti per i fondi pensione sembra essere allora quella di centrare quest’obiettivo, ovvero quello di favorire un risparmio previdenziale adeguato, facendo i conti con alcuni fenomeni che sono all’attenzione della COVIP già da diversi anni e che possono compromettere l’adeguatezza delle prestazioni: le interruzioni contributive, la mancata alimentazione delle posizioni aperte con adesione contrattuale e le posizioni doppie o multiple. 

 

Gli iscritti non versanti e le adesioni contrattuali

Il fenomeno delle interruzioni contributive riguarda quella parte di iscritti che, per diverse ragioni, non partecipa con continuità a una forma di previdenza complementare e, di conseguenza, corre il rischio di non poter accedere a una prestazione pensionistica correlata ai propri bisogni. Escludendo i PIP “vecchi”, per i quali non sono disponibili dati a livello individuale, nel 2024 gli iscritti non versanti sono 2,691 milioni, pari al 27,7% del totale (nel 2017 erano il 23,5%), cui corrispondono 2,863 milioni di posizioni non alimentate. L’incidenza degli iscritti non versanti varia a seconda della tipologia di forma pensionistica: più elevata in quelle di mercato, fondi aperti e PIP (rispettivamente 37,2% e 34,3%); minore nelle forme collettive, fondi negoziali e preesistenti (24,3% e 19%) nei quali confluisce anche il contributo dei datori di lavoro. 

Figura 1 – Gli iscritti non versanti nelle diverse forme pensionistiche complementari

Figura 1 – Gli iscritti non versanti nelle diverse forme pensionistiche complementari

Fonte: Relazione COVIP per l’anno 2024

Negli ultimi anni la quota di iscritti non versanti è cresciuta in particolar modo nei fondi negoziali per effetto della mancata alimentazione regolare di adesioni contrattuali. Introdotto a partire dal 2015 e oggi applicato da 14 fondi, il meccanismo di adesione contrattuale prevede un versamento “minimo” a carico del datore di lavoro sulla base di quanto stabilito dal contratto di riferimento con conseguente adesione automatica dei lavoratori a cui si applica tale contratto. I flussi versati in questi anni sulle posizioni individuali aperte si sono spesso limitati solo al contributo obbligatorio a carico del datore di lavoro e hanno quindi consentito l’accumulo di risorse modeste e non adeguate a generare prestazioni pensionistiche significative: sul totale delle posizioni in essere nei fondi negoziali nel 2024 (4,2 milioni, cui corrispondono 4,1 milioni di iscritti), il 43% è relativo a posizioni aperte con adesione contrattuale (1,8 milioni); di queste posizioni, solo 131.000 ricevono anche altri flussi contributivi (dato in aumento del 23% rispetto al 2023). Circa 982.000 posizioni sono alimentate dai soli contributi contrattuali e 711.000 non sono state alimentate nel corso dell’anno. Le nuove adesioni contrattuali sono state 202.000, in leggera diminuzione rispetto all’anno precedente. Di queste nuove adesioni, più di tre quarti (155mila unità) sono riconducibili al fondo pensione PREVEDI.

Figura 2 – Le adesioni contrattuali nei fondi pensione negoziali
Figura 2 – Le adesioni contrattuali nei fondi pensione negoziali
Fonte: Relazione COVIP per l’anno 2024

 

Per una quota significativa di iscritti la condizione di non versante ha assunto natura strutturale e diventa più complicato immaginare una soluzione per ripristinare una partecipazione attiva alla previdenza complementare: poco più della metà degli iscritti non versanti non alimenta la propria posizione da almeno cinque anni e circa un quarto non lo fa da almeno nove anni. In media, i non versanti sono in prevalenza uomini (63,9%) appartenenti alla fascia di età di 55 anni e più (37,5%). I versamenti nulli incidono di più tra gli autonomi (43,9% contro il 21,4% tra i dipendenti) sebbene in termini assoluti siano relativamente meno numerosi (489.000 rispetto a 1,549 milioni); risulta elevata anche la quota di non versanti tra gli altri iscritti, 48,5%, per 642.000 individui. I mancati versamenti incidono sull’accumulo della posizione individuale: in media, la posizione individuale degli iscritti non versanti è di 10.510 euro contro 28.720 euro per i versanti. Peraltro, per l’11,2% dei non versanti, il capitale accumulato è nullo e per un altro 37,8% non supera 1.000 euro.

Il fenomeno della mancata contribuzione potrebbe dipendere non solo dalla discontinuità delle carriere professionali che si riflette inevitabilmente sulla capacità contributiva degli iscritti alla previdenza complementare ma anche da un insufficiente livello di informazione soprattutto nei confronti degli aderenti contrattuali. D’altra parte, dall’analisi di questi dati appare chiara la necessità quantomeno di riflettere su possibili soluzioni per incentivare, da un lato, una partecipazione attiva da parte dei lavoratori iscritti ai fondi negoziali tramite meccanismo di adesione automatica, e, dall’altro, la ripresa dei versamenti da parte degli iscritti che hanno interrotto la contribuzione.

 

Le posizioni doppie o multiple

La crescita del numero di iscritti non versanti è anche correlata al fenomeno delle posizioni multiple su più prodotti previdenziali facenti capo a uno stesso individuo: a fine 2024 gli iscritti con posizione multiple sono 1,08 milioni (51.000 in più rispetto al 2023). A tali iscritti fanno capo circa 2,256 milioni di posizioni, di cui 1,36 milioni alimentate da contributi. Restano quindi 896.000 posizioni sulle quali nel 2024 non sono stati accreditati contributi. Considerando che alla fine del 2024 il numero complessivo delle posizioni (10,883 milioni) in essere supera quello degli iscritti (9,707 milioni) di circa 1,175 milioni, circa tre quarti della differenza è pertanto costituita da posizioni di iscritti che, pur aderendo a più forme pensionistiche, versano soltanto su una di esse. L’incidenza del fenomeno è ancora una volta diversa a seconda della tipologia di forma pensionistica ma anche all’interno dello stesso settore. Le sovrapposizioni più rilevanti si riscontrano con fondi negoziali-PIP, per circa un terzo del totali iscritti titolari di posizioni doppie): nei fondi negoziali 618 mila iscritti hanno posizioni doppie, 328mila dei quali hanno aperto contemporaneamente anche una posizione presso un PIP; nei PIP “nuovi” gli iscritti con posizioni doppie sono 607 mila, di cui 128 mila interni allo stesso settore per la prassi di alcune compagnie di assicurazione di preferire l’istituzione di un nuovo prodotto alla modifica delle caratteristiche del prodotto già commercializzato, aprendo così più posizioni in capo allo stesso individuo.

Figura 3 – Iscritti con posizioni doppie

Figura 3 – Iscritti con posizioni doppie

Fonte: Relazione COVIP per l’anno 2024

Anche rispetto al fenomeno delle posizioni doppie o multiple, così come per le interruzioni contributive, sarebbe quanto meno auspicabile una maggior informazione da parte dei fondi pensione rivolta agli iscritti non versanti al fine di incentivare una partecipazione attiva. Dunque, non solo la previsione di interventi normativi sul fronte fiscale, come più volte richiamato dall’Autorità di Vigilanza, per riportare ad anni di imposta successivi i benefici che non si sono utilizzati in una fase di incapienza fiscale ma anche un maggior impegno in termini informativi da parte di tutto il sistema per incentivare non solo l’adesione ma anche la contribuzione.

Michaela Camilleri, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali

7/7/2025

 
 
 

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