Fondi pensione, gli stessi vantaggi del Piano di Accumulo del Capitale (PAC)

In un contesto geopolitico e finanziario complesso aumentano le preoccupazioni e l'avversione degli investitori al rischio. Dati alla mano, gli aderenti alla previdenza complementare hanno però una fonte di rassicurazione: l'ottica di lungo periodo

Leo Campagna

Ultima solo in ordine di tempo l'invasione ucraina da parte della Russia di Putin, le fonti di potenziali pericoli per alimentare l’instabilità dei mercati finanziari certo non mancano in questo inizio di 2022. Un lungo elenco nel quale spicca anche l’inflazione, che ha registrato livelli record che non si vedevano da decenni. Negli Stati Uniti, in particolare, i prezzi al consumo hanno a gennaio si sono spinti al 7,5%, ai massimi dal febbraio 1982 e oltre le previsioni del mercato. Una fiammata del carovita che ha costretto la Federal Reserve statunitense a confermare una più aggressiva politica monetaria. Ma non c’è solo l’inflazione e il rialzo dei tassi a preoccupare gli investitori.

La crisi dell’energia e delle materie prime, le tensioni geopolitiche (non soltanto tra Russia e Ucraina, ma anche tra Cina e Taiwan) e l’evoluzione della pandemia continuano a rappresentare serie fonti di timori. Non stupisce che in questo contesto stia aumentando l’avversione al rischio. Eppure, i lavoratori che scelgono di aderire a un fondo pensione non dovrebbero avere di che preoccuparsi. Per la semplice ragione che l’adesione comporta versamenti costanti nel tempo (di solito mensili o trimestrali), esattamente come un PAC. Aderire a un fondo pensione, infatti, comporta beneficiare delle peculiarità dei versamenti rateali: si compera in ogni condizione del mercato, sia quando gli indici salgono sia quando scendono, e questo consente di limitare i rischi di entrare con tutti i risparmi in una sola volta, di mediare il prezzo di investimento e di partecipare con un migliore profilo rischio/rendimento al rialzo di medio lungo termine dei mercati.

Un esempio lo offre l’analisi annuale condotta da Fonchim, il fondo pensione per i lavoratori del settore chimico e farmaceutico, relativa al comparto Fonchim Stabilità, quello con la maggior anzianità e di gran lunga il più rilevante in termini di risorse gestite. Dal 1998 a fine 2021 il rendimento medio annuo è stato pari al 3,65%, al di sopra sia del TFR in azienda (2,32%) che del tasso di inflazione (1,61%) nel medesimo periodo.

Il confronto fra il primo iscritto e il suo ipotetico gemello che ha deciso di non iscriversi evidenzia come, in un’ottica di lungo periodo, l’investimento nel fondo pensione sia risultata la scelta più efficiente in vista della quiescenza. Ipotizzando un contributo complessivo dell’aderente pari a 17.532 euro (dal 14 marzo 1997 al 31 dicembre 2021), un TFR di 78.608, e un contributo volontario di 18.516 euro, nel caso del lavoratore che ha scelto Fonchim Stabilità è stato accumulato un contributo aziendale di 29.859 euro e un rendimento totale del comparto di 62.356 euro per un totale complessivo di 206.870. Nell’altro caso, quello del lavoratore che ha deciso di non iscriversi al fondo pensione e di mantenere il TFR in azienda, non è stato ricavato alcun contributo aziendale aggiuntivo, mentre il rendimento del TFR nel periodo è ammontato a 15.424 euro con una posizione complessiva finale di 130.079 euro. La differenza (76.791 euro) a parità di retribuzione del lavoratore è piuttosto evidente.

Leo Campagna 

3/3/2022

 
 

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