Fondi pensione, le incognite sul mercato azionario in vista del 2023

Con l'approssimarsi della fine di questo difficile e incerto 2022, iniziano i primi bilanci sull'andamento complessivo dei mercati nell'arco dei 12 mesi: cosa possono o devono aspettarsi i gestori dei fondi pensione per i mesi a venire? 

Leo Campagna

Ci avviciniamo alla fine del 2022 e possiamo cominciare a fare alcune considerazioni in attesa del bilancio definitivo di fine anno.

Dopo la violenta correzione dei mercati finanziari, il quadro attuale mostra un’ampia offerta di rendimenti nel reddito fisso che non si vedevano da oltre 10 anni. Discorso diverso in ambito azionario. Qui, se da un lato gli indici hanno corretto dai massimi di inizio anno, il recente rally partito da ottobre ha ridimensionato la portata del calo: per esempio l’indice MSCI world, che ha toccato nel corso del 2022 anche un -16,7%, al 25 novembre evidenziava una perdita, in euro, dell’8,5% da inizio anno. A fine ottobre 2022 i fondi pensione negoziali censiti dal Comparatore dei Fondi di Itinerari Previdenziali mostravano una perdita media del -8,4%, con le linee bilanciate azionarie in rosso per –11,6% e quelle obbligazionarie in territorio negativo del –5,4%.

Come si comporteranno i gestori dei fondi pensione con le azioni nel 2023? Acquistare azioni significa valutare gli utili aziendali e un multiplo di tali profitti (un po’ come avviene con il reddito da locazione di un immobile). L'entità di tale multiplo o la valutazione degli utili di una società dipendono sia dalle prospettive aziendali future sia dai tassi di interesse: a parità di altre condizioni, l'aumento di questi ultimi fa diminuire le valutazioni azionarie; la diminuzione dei tassi le fa invece aumentare.

I mercati finanziari cercano di anticipare le crisi ma anche di prevedere al meglio la fine delle crisi. L'indice S&P 500 di Wall Street, per esempio, è arrivato a perdere il 25% dai massimi di inizio anno ma le stime sugli utili societari del 2022 sono rimaste leggermente più alte rispetto all'inizio dell'anno. Una dinamica che ha ridotto il rapporto prezzo-utili (p/e), rapporto che da 21 si è portato a 17, non molto distante dalla media degli ultimi 20 anni. 

Va detto che a influire sul calo delle valutazioni azionarie hanno contribuito in modo significativo i rialzi dei tassi d'interesse e dei rendimenti dei titoli di Stato USA, che dall'inizio dell'anno sono passati dall'1,5 al 3,8%. D'altro canto, è però altrettanto vero che se le aspettative della FED circa una prossima diminuzione dell'inflazione risulteranno corrette, l'aumento dei rendimenti del mercato obbligazionario dovrebbe lentamente terminare e l'eventualità di un ulteriore calo delle valutazioni azionarie potrebbe essere meno probabile. 

Quali i rischi a quel punto per il mercato azionario? Una grave recessione con un crollo del 25% degli utili societari, paragonabile a quello verificatosi durante la crisi finanziaria del 2008. Una correzione che riporterebbe i profitti al livello del 2019, quando l'S&P 500 era scambiato a 3.230 punti, ben il 20% in meno rispetto a oggi e il 33% in meno rispetto ai massimi di inizio anno. Un precedente che può offrire un quadro di riferimento per chi oggi pensa di investire nel mercato azionario. 

Leo Campagna      

12/12/2022

 
 
 

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