Nel 2022 finisce Quota 102 ma restano le norme per il pensionamento anticipato

Il nuovo governo avrà poco tempo per occuparsi di pensioni ma i timori circa un ritorno allo "scalone Fornero" a inizio 2023 paiono comunque poco fondati: probabile la proroga di Quota 102 e Opzione Donna, mentre restano in vigore diversi meccanismi di pensionamento anticipati già previsti dalla normativa di settore

Alberto Brambilla

Sarà per la campagna elettorale e le connesse inevitabili promesse che non si possono mantenere, ma uno degli argomenti di drammatizzazione politica è la "presunta" fine di Quota 102, con il ritorno dal gennaio 2023 allo scalone Fornero. Si può dire sia davvero così? Sicuramente no, e per una serie di buoni motivi.

ll nuovo governo, se tutto va bene, sarà operativo non prima di fine ottobre: avrà quindi pochissimo tempo per scrivere la Legge di Bilancio, oltretutto in assenza della parte programmatica della NADEF, per evitare un disastroso "esercizio provvisorio". Con gli impegni di spesa già definiti per circa 35 miliardi, che non consentiranno alcuna delle spregiudicate promesse elettorali, il neonato esecutivo dovrà stanziare 20 miliardi per la rivalutazione delle pensioni, altri 7 per gli interessi sul debito: le code di superbonus, bollette e spese indifferibili faranno poi il resto. Non avendo il tempo di introdurre "correttivi" alla legge Fornero, è dunque estremamente verosimile che il governo decida di prorogare, almeno per tutto il 2023, la fatidica Quota 102 (64 anni di età anagrafica e 38 anni di contributi). Nel frattempo, però, resteranno comunque valide anche una serie di norme che consentiranno il pensionamento senza l’applicazione della legge Fornero.

Vediamo allora alcune di queste opzioni: a) anzitutto, resta in vigore fino a dicembre 2024, grazie al DM Economia dell’ottobre 2021, la possibilità di pensionarsi con 67 anni di età, senza alcun adeguamento all’aspettativa di vita, e con soli 20 anni di contribuzione al sistema pensionistico obbligatorio (di fatto, una quota 87). Ovviamente, la maggior parte di queste pensioni dovrà essere integrata al minimo a carico degli onesti contribuenti; in effetti, senza questa deroga oggi sarebbe possibile pensionarsi a 67 anni e 3 o 4 mesi. b) Si potrà poi continuare ad andare in pensione con 42 anni e 10 mesi di anzianità contributiva (41 anni e 10 mesi per le donne) senza adeguamenti all’aspettativa di vita fino al 2026, indipendentemente dall’età anagrafica: sono le cosiddette pensioni anticipate, che consentono la quiescenza con 5 mesi di “sconto” rispetto alla legge Fornero,  che prevederebbe per il 2023 43 anni e 3/4 mesi di contribuzione per i maschi e un anno in meno per le donne; requisito che peraltro sarebbe destinato a crescere nei prossimi anni, ma che probabilmente verrà reso definitivo nel 2023, non avendo in effetti uguali negli altri Paesi. c) Resterà anche per i cosiddetti “precoci”, cioè i lavoratori che possono far valere 12 mesi di contribuzione effettiva antecedente al 19esimo anno di età e che si trovano nelle condizioni simili a quelle di APE sociale, la possibilità di accedere alla pensione fino al 31 dicembre 2026 con 41 anni di contribuzione indipendentemente dall’età anagrafica. 

d) Si potrà inoltre continuare ad accedere anticipatamente alla pensione attraverso differenti strumenti: l'isopensione, che consente un anticipo fino a un massimo di 4 anni (7 fino al 2023) con costi e contributi figurativi interamente a carico delle aziende con più di 15 dipendenti; quindi, anziché pensionarsi a 67 anni con 20 anni di contributi, ci si potrà pensionare con quota 80. Si potrà poi anticipare la pensione di 5 anni, per tutto il 2023, anche con i contratti di espansione, che prevedono una forma di ricambio generazionale con l'assunzione di un giovane ogni x prepensionati, con oneri totalmente a carico delle imprese con almeno 50 dipendenti; anche qui, i requisiti sono 5 anni di anticipo rispetto ai 42 anni e 10 mesi (uno in meno per le donne), quindi con anzianità di 37 anni e 10 mesi, inferiore ai 38 anni di Quota 102, oppure con quota 82, vale a dire 62 anni di età e 20 di contributi. Gli stessi trattamenti, con meno vincoli, si potranno ottenere dall’entrata in funzione dei cosiddetti “fondi esubero o di solidarietà”, oggi attivi per le banche e per le assicurazioni (in passato per poste, trasporti, esattorie ecc.) e che potrebbero essere utilizzati anche da industria, commercio, servizi, artigianato e agricoltura. Già attivo, ad esempio, il fondo per l’industria farmaceutica istituito da Farmindustria e sindacati. L’anticipo è di 5 anni rispetto ai requisiti di pensionamento, quindi anche in questo caso 37 anni e 10 mesi per i maschi e 36 anni e 10 mesi per le donne, indipendentemente dall’età anagrafica, oppure 62 anni di età e 20 di contributi, oppure quota 87 (62 anni e 35 di contributi).

Sempre con la Legge di Bilancio è più che probabile (viste le dichiarazioni di destra e sinistra) una proroga per il 2023 di Opzione Donna (basta d'altra parte modificare, come per gli anni precedenti, le frase “che hanno maturato 35 anni di contributi", anziché a fine dicembre 2021, "al 2022”) che consente l’accesso alla pensione, con calcolo totalmente contributivo con 58 anni di età, alle lavoratrici dipendenti (59 anni per le autonome) con 35 anni di contributi (il requisito di età anagrafica è fermo dal 2006). Essendo previsto un differimento tra la data di maturazione del requisito e quella della pensione di 12 mesi per le dipendenti e 18 mesi per le autonome, ci si può insomma pensionare con quota 94 per le lavoratrici dipendenti e quota 95,5 per le autonome. Più che probabile una proroga anche per APE sociale, i cui beneficiari sono disoccupati (anche da contratti a tempo determinato), caregiver e cioè coloro che si prendono cura da almeno 6 mesi, di una persona convivente con handicap o non autosufficiente, e lavoratori con un grado di invalidità pari o superiore al 74%. Per queste categorie i requisiti sono 63 anni di età e 30 di contributi, quindi quota 93; invece, per i cosiddetti “lavori gravosi” è consentito il pensionamento con 63 anni di età e 36 anni di contributi (quindi quota 99).

Come si vede, le possibilità per pensionarsi sono molte, più favorevoli della mitica Quota 100, e la preoccupazione del ritorno allo scalone è poco fondata.

Anche per Quota 102, come per Quota 100, i lavoratori si sono poi mostrati più maturi di politici e sindacati: infatti, quelli che hanno fatto domanda per Quota 102 (vale anche per Quota 41) sono stati pochi, meno di 5mila, anche perché il 90% circa dei potenziali pensionati sono nel regime misto (contributivi dall'1/1/1996) e la loro pensione per il 70% circa è calcolata con il metodo contributivo, i cui coefficienti di trasformazione, in funzione dell’età, determinano una riduzione intorno al 3% per ogni anno di anticipo. Con 3 anni, a 64 di età, il trattamento pensionistico si riduce di circa il 9/10% in modo permanente rispetto a quello che si prenderebbe a 67 anni, e di questi tempi non è poco: meglio proseguire fin che si può. Del resto, i consuntivi di Quota 100 ci danno un'età media dei beneficiari a quota 102/103 e un’età media di poco sopra i 64 anni, così come per i precoci e le anticipate.

Alberto Brambilla, Presidente Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali

19/9/2022

 
 

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