PEPP, un nuovo strumento al servizio della previdenza complementare italiana

Lo scorso 23 agosto è entrato in vigore il decreto legislativo 114/2022 contenente la regolazione italiana in materia di PEPP: l'utile occasione per fare il punto sulla diffusione della previdenza complementare in Italia e sulla spinta che potrà arrivare dal prodotto pensionistico individuale paneuropeo

Alessandro Bugli

Il 23 agosto 2022 è entrato in vigore il d.lgs. 3 agosto 2022, n. 114, recante l’attuazione del regolamento (UE) 2019/1238 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019 sul prodotto pensionistico individuale paneuropeo (PEPP). Trova pertanto compimento la delega contenuta nell’art. 20 della legge 22 aprile 2021, n. 53 (Legge di delegazione europea 2019-2020) per cui si invitava il Governo a adottare uno o più decreti legislativi per adeguare la normativa interna nazionale alle novità del Regolamento europeo citato (i.e. il 2019/1238).


Le ragioni dell’UE a sostegno dell’introduzione dei PEPP

Secondo il Regolamento UE (si va il Considerando 2, 3 e 4), le pensioni di vecchiaia costituiscono una parte essenziale del reddito di un pensionato e, per molte persone, beneficiare di una pensione adeguata fa la differenza tra vivere una vecchiaia agiata o in povertà. Esse rappresen­tano un presupposto per esercitare i diritti fondamentali sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, compreso l’articolo 25 sui diritti degli anziani, in cui si afferma che: «L’Unione riconosce e rispetta il diritto degli anziani di condurre una vita dignitosa e indipendente e di partecipare alla vita sociale e culturale». L’Unione sta affrontando diverse sfide, anche di natura demografica, a causa del fatto che l’Europa è un continente che invecchia. Inoltre, i modelli di carriera, il mercato del lavoro e la distribuzione della ricchezza stanno subendo cambiamenti radicali, non da ultimo per effetto della rivoluzione digitale. Una parte sostanziale delle pensioni di vecchiaia è erogata nell’ambito di regimi pubblici. Ferma restando la competenza nazionale esclusiva per quanto concerne l’organizzazione dei sistemi pensionistici, come stabilito dai trattati, l’adeguatezza del reddito e la sostenibilità finanziaria dei sistemi pensionistici nazionali sono essenziali per la stabilità dell’Unione nel suo complesso. Convogliando una parte maggiore del risparmio europeo dai depositi in contanti e bancari verso prodotti di investimento a lungo termine, come i prodotti pensionistici volontari con un carattere pensionistico a lungo termine, l’impatto sarebbe pertanto vantaggioso sia per le persone (che beneficerebbero di rendimenti più̀ elevati e di pensioni più adeguate) che per l’economia in generale.

Da qui l’idea di un prodotto pensionistico paneuropeo ad adesione individuale che andrà ad affiancarsi in Italia alle forme di previdenza complementari già esistenti e regolate pressoché integralmente [1] dal d.lgs. 5 dicembre 2005, n. 252 (fondi negoziali e preesistenti, fondi aperti e PIP).

 

Cos’è il PEPP?

Il PEPP è una forma pensionistica privata aperta all’adesione di chiunque, indipendentemente dall’essere o meno un lavoratore attivo; senza quindi alcun legame al proprio contratto di lavoro o contratto collettivo di riferimento. Insomma, una forma di risparmio destinata a chiunque voglia costruirsi una pensione di scorta, in linea con quanto già prevede la normativa nazionale vigente in tema di previdenza complementare: tutti i fondi pensione italiani sono ad adesione libera e volontaria e, fatta eccezione per i fondi negoziali o preesistenti (destinati a specifiche categorie), chiunque può aderire a un fondo “aperto” o a un piano individuale pensionistico di tipo assicurativo. La peculiarità dello strumento va quindi ricercata non nella finalità del PEPP, ma nella sua natura “paneuropea” che ne dovrebbe agevolare la portabilità in un mondo che – forse con più forza prima di COVID-19 e della conseguente diffusione del remote working - si pensava vedesse una ampia mobilità dei cittadini europei (e non solo) tra le diverse nazioni dell’Unione.

Il PEPP può essere costituito dai principali attori del mercato finanziario e dagli stessi fondi pensione aziendali. Indipendentemente da chi lo costituisca, il PEPP deve rispettare le disposizioni dettate in sede europea e nazionale (come si spiegherà meglio in seguito), sia per quanto riguarda le prestazioni che le opzioni esercitabili dai singoli risparmiatori, sia in termini di trasparenza precontrattuale e contrattuale. Per estrema semplificazione, si può dire che il PEPP dovrà essere distribuito in linea con quanto avviene per i prodotti PRIIP’s (intendendosi per tali i prodotti finanziari pre-assemblati per il mercato): la vendita dovrà avvenire con consulenza da parte del distributore e il documento precontrattuale di riferimento sarà un KID – Key Information Document [2] - debitamente ripensato per rappresentare correttamente alla clientela cosa sia un PEPP e quali siano i suoi diritti e doveri.

Interessante notare come la regolamentazione europea imponga la prospettazione alla clientela anche di una formula di PEPP cosiddetta di base (si veda l'Art. 45 del Regolamento europeo sui PEPP)caratterizzato da modalità di investimenti estremamente prudenti e i cui costi di funzionamento non devono superare l’1% del capitale accumulato per anno dal risparmiatore. Come anticipato, la regolamentazione europea rimanda ai legislatori dei singoli Stati membri di normare determinati aspetti (non trascurabili) relativamente al funzionamento del PEPP: a partire dalla vigilanza, sino alle regole puntuali relative al funzionamento del PEPP in fase di accumulo e di erogazione delle prestazioni. Resta poi lasciato alla discrezionalità degli Stati (pur in presenza di una raccomandazione della Commissione UE) di definire il regime tributario dei PEPP.

Ora, prima però di passare all’analisi al contenuto del decreto n. 114/2022 (e, quindi, su quelle che sono le specifiche regole italiane in termini di vigilanza e funzionamento dello strumento) è certamente utile soffermarsi sullo stato di sviluppo della previdenza complementare alla vigilia della novella che si commenta.

 

Un quadro di sintesi della previdenza complementare italiana

Si legge nella relazione per l’anno 2021 di COVIP

- Alla fine del 2021, le 349 forme pensionistiche (23 in meno dell’anno precedente) contano 8,771 milioni di iscritti, il 3,9% in più rispetto al 2020 […] in rapporto alle forze di lavoro, rappresentano il 34,7%. A tale numero di iscritti corrisponde un numero di posizioni in essere di 9,734 milioni: a ogni 10 iscritti si riferiscono, mediamente, 11 posizioni. Le risorse complessivamente destinate alle prestazioni totalizzano 213,3 miliardi di euro, il 7,8% in più rispetto al 2020; esse si ragguagliano al 12% del PIL e al 4,1% delle attività finanziarie delle famiglie italiane;

- Il tasso di partecipazione si distribuisce in modo differente sul territorio nazionale rispecchiando, oltre alle scelte individuali, l’articolazione del tessuto produttivo e la struttura delle imprese nelle diverse aree geografiche […] Valori più bassi e decisamente inferiori alla media nazionale si rilevano in gran parte delle regioni meridionali;

- Su 8,8 milioni di iscritti alla previdenza complementare alla fine del 2021, gli uomini sono il 61,8% e le donne il 38,2%; negli ultimi 5 anni, l’incidenza della componente femminile segna soltanto una lieve crescita (0,5 punti percentuali). La proporzione tra i generi si mantiene simile nelle diverse fasce di età […]; fa eccezione la classe che raggruppa gli iscritti con meno di 19 anni, formata soprattutto da familiari a carico, nella quale le donne raggiungono il 45,8%;

- Il contributo medio per iscritto si attesta a 2.790 euro, in aumento rispetto ai 2.740 del 2020;

- “Le risorse complessivamente destinate alle prestazioni totalizzano 213,3 miliardi di euro, il 7,8% in più rispetto al 2020; esse si ragguagliano al 12% del PIL e al 4,1 per cento delle attività̀ finanziarie delle famiglie italiane”. Di queste risorse una parte è investita in economia domestica italiana: per il numero e il dettaglio si rimanda alla presentazione del Report di Itinerari Previdenziali "Investitori istituzionali italiani: iscritti, risorse e gestori per l’anno 2021”.

Dai dati statistici COVIP al giugno 2022, si legge che nel primo semestre del 2022 i risultati delle forme complementari hanno risentito della caduta dei corsi dei titoli azionari e del rialzo dei tassi di interesse, che a sua volta determina il calo dei corsi dei titoli obbligazionari. Al netto dei costi di gestione e della fiscalità, i rendimenti sono risultati negativi e pari a -8,3 e a -9,7%, rispettivamente, per fondi negoziali e fondi aperti; nei PIP di ramo III essi sono stati pari a -10,3%. Per le gestioni separate di ramo I, che contabilizzano le attività a costo storico e non a valori di mercato e i cui rendimenti dipendono in larga parte dalle cedole incassate sui titoli detenuti, il risultato è stato marginalmente positivo, 0,5%. Valutando i rendimenti su orizzonti più propri del risparmio previdenziale, nei dieci anni da inizio 2012 a fine 2021 […] aggiunti i sei mesi del 2022, i rendimenti medi annui restano positivi: 3,1% per i fondi negoziali, 3,4% per i fondi aperti e 3,7% per i PIP di ramo III; sono pari al 2,1% per i prodotti di ramo I. La rivalutazione del TFR nello stesso periodo è del 2,2%. 

In sintesi, anno dopo anno, la previdenza complementare italiana (la cui vera data di avvio è da ricondursi al 1/1/2007, data di entrata in vigore del d.lgs. 252/2005; 16 anni nel 2023) raggiunge sempre maggiori traguardi, ma resta ancora da sciogliere il nodo più complesso: come fare sì che le categorie maggiormente esposte al rischio di non poter godere di un trattamento pensionistico utile a far fronte alla vecchiaia? Varie le proposte (ad esempio, sviluppo di un fondo dedicato alle PMI per agevolare il versamento del TFR ai fondi pensione o una nuova stagione di silenzio assenso per tutti i lavoratori), ma per ora non si registra nulla di particolare, se non per quanto attiene al lungo percorso di recepimento della direttiva IORP II in materia di fondi pensione aziendali (molto attenta ai temi della governance di fondi pensione).

Torniamo, ora, ai PEPP, che si inseriranno in questo scenario e che – almeno nelle intenzioni – dovrebbero essere un nuovo alleato nell’ulteriore sviluppo del settore della previdenza complementare.

 

Il d.lgs. 114/2022 (sintesi delle principali disposizioni)

- La vigilanza sui PEPP è in capo a COVIP. Resta in capo a Banca d’Italia, CONSOB e IVASS – per singolo ambito di operatività - il ruolo di vigilanza sui singoli “fornitori” di PEPP nel mercato italiano e per quanto riguarda CONSOB e IVASS anche sui distributori di cui i “fornitori” si avvarranno;

- Nella sua veste di autorità di riferimento, la COVIP è l’ente destinato a ricevere le domande di registrazione dei PEPP, per i fornitori con sede legale in Italia;

- Le diverse autorità richiamate, per specifica competenza, hanno l’obbligo di vigilare affinché siano rispettate le diverse regole dettate dall’UE in materia di distribuzione dei PEPP (e.g. consegna del documento precontrattuale standardizzato, utile a consentire una scelta di investimento consapevole, il cosiddetto PEPP KID; esistenza di meccanismi utili a raccogliere le informazioni utili ai fini della product governance; valutazione della coerenza e prestazione della raccomandazione personalizzata al cliente sul fatto che il PEPP che si va a sottoscrivere sia il più adeguato a rispondere alle sue richieste ed esigenze);

- Interessante notare come il legislatore italiano abbia previsto un regime aggiuntivo rispetto a quello europeo in tema di proiezioni pensionistiche da offrire ai risparmiatori. Si chiede infatti al fornitore, non solo di fornire le proiezioni pensionistiche di cui al regolamento europeo sui PEPP, ma anche di fornirne anche altre utili a consentire al risparmiatore stesso di valutare l’eventuale differenza rispetto a una adesione a una forma pensionistica individuale “tradizionale” (di cui al d.lgs. 252/2005);

- Il finanziamento del PEPP avviene tramite contribuzione del lavoratore e, eventualmente, del suo datore di lavoro o committente. Non è specificato se si possa utilizzare il TFR a tal fine. Nel silenzio della norma, la risposta sembra negativa; con evidente riserva e vantaggio per le forme “tradizionali” di cui al d.lgs. 252/2005 che nel 2021 sono state finanziate tramite TFR per circa 7 miliardi di euro;

- I vantaggi fiscali in fase di contribuzione sono i medesimi di quelli delle forme di previdenza complementare di cui al d.lgs. 252/2005: deducibilità fino a 5.164,57 euro. Il plafond non si somma con quello già esistente per le forme pensionistiche “tradizionali”, dovendosi tenere conto nel raggiungimento del limite di beneficio di contribuzione ai PEPP di quanto già versato nei fondi pensione di cui al d.lgs. 252/2005;

- È possibile trasferirsi da un PEPP a un altro, in linea con quanto già previsto per i fondi pensione “tradizionali”, ma qui con un termine di default di 5 anni di permanenza nel PEPP e non di 2 come nel d.lgs. 252/2005;

- Le regole in tema di anticipazioni, riscatti e sulla Rendita Integrativa Temporanea Anticipata (RITA) sono in linea con quelle dei fondi pensione di cui al d.lgs. 252/2005;

- La fiscalità sul risultato netto ottenuto in fase di accumulo e investimento dei risparmi è la medesima dei fondi pensione “tradizionali”;

- Una sensibile differenza con i fondi pensione di cui al d.lgs. 252/2005 è data dalla possibilità di ottenere la posizione interamente in capitale o quella di effettuare prelievi (come definiti dall’art. 2, comma 1, n. 14 del Regolamento “importo discrezionale che i beneficiari di PEPP possono ritirare periodicamente entro un certo limite”). Guardando alla prestazione in capitale, nel modello italiano di previdenza complementare il ricorso a questa forma di erogazione è una deroga concessa solo per risparmi pensionistici contenuti, la cui conversione in rendita sarebbe diseconomica (la regola è articolata, ma si basa su un principio per cui se convertendo almeno il 70% di quanto presente nel fondo al tempo della domanda di pensione si ottiene una rendita inferiore a metà dell’assegno sociale, si potrà ricevere tutto in capitale). Infatti, per i fondi pensione del d.lgs. 252/2005 la liquidazione in rendita è la regola, potendosi ottenere in capitale al massimo il 50% di quanto presente nel fondo al tempo della domanda di prestazione pensionistica. Data l’umana predilezione di richiedere il capitale (in luogo della rendita), questo può essere un aspetto determinante nella scelta dell’uno o dell’altro strumento [3]. Va detto che la tassazione è più elevata se si chiede la prestazione tutta in capitale (23% in luogo del 15% massimo per la rendita o il mix massimo 50%-50% tra rendita e capitale), ma anche che questa circostanza è fortemente attenuata dal fatto che anche in materia di fondi pensione “tradizionali” esistono diverse soluzioni per evitare il necessario ricorso alla rendita (e.g. utilizzo delle anticipazioni a ridosso della data di pensionamento oppure liquidazione di buona parte o di tutto il montante accumulato in RITA - oggi valida, come detto, anche per i PEPP - o, ancora, apertura di più fondi pensione per rimanere sotto il limite di importo che consente di ottenere tutto in capitale);

- È delegato a COVIP il compito di normare un ulteriore istituto di risoluzione stragiudiziale delle controversie che va ad aggiungersi ai diversi esistenti o in corso di sviluppo (e.g. quello di cui all’art. 187.1 del Codice delle Assicurazioni).

 

Qualche considerazione finale

Completato il quadro normativo richiesto per l’avvio della commercializzazione dei PEPP, non rimane che attendere di scoprire se si avrà un effettivo contributo allo sviluppo della previdenza complementare (come auspicato dal legislatore europeo) oppure se, invece, in un sistema quale quello italiano, dove la previdenza complementare è già ben normata e agevolata, si avrà semplicemente concorrenza tra forme del d.lgs. 252/2005 e PEPP. È utile, al riguardo, riportare il dato ricavabile dal sito web di EIOPA sul potenziale sviluppo dello strumento: l'Authority europea ha condotto un sondaggio dal 27 gennaio 2022 al 28 febbraio 2022 per comprendere meglio il potenziale utilizzo del PEPP da parte dei possibili fornitori. I risultati di questo sondaggio mostrano che meno del 20% dei 128 soggetti intervistati stia valutando positivamente di offrire un PEPP. L'interesse principale viene dall'asset management e dal settore assicurativo.

Insomma, se così fosse, lo strumento non avrebbe raccolto particolare interesse nel mondo del risparmio gestito e del welfare complementare e, quindi, l’offerta - in una prima fase - potrebbe essere contenuta.

Probabilmente, ma siamo nell’ambito di supposizioni svolte a titolo veramente personale, il pieno sviluppo del risparmio previdenziale potrebbe non trovare risposta, anche in questo caso, nell’introduzione di nuovi strumenti, ma nel continuare a lavorare nel più ampio contesto del mercato del lavoro, dell’incentivo alle PMI a destinare il TFR dei dipendenti ai fondi pensione, dell’educazione finanziaria e dello studio o messa in concreta opera di soluzioni per i lavoratori indipendenti per agevolare il risparmio previdenziale, senza intaccare eccessivamente il proprio reddito da lavoro (un esempio è l’utilizzo di abbuoni a seguito di acquisto con carta di credito, come già previsto dall’art. 8, comma 12, del d.lgs. 252/2005).

 Alessandro Bugli, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali
e partner Studio legale THMR

29/8/2022


[1] Per alcuni fondi del pubblico impiego trova ancora parziale applicazione il d.lgs. 21 aprile 1993, n. 124 

[2] Interessante notare come l’art. 24 del Regolamento europeo valorizzi la consegna della documentazione in formato elettronico come la regola, ferma la possibilità del cliente di chiedere la consegna cartacea. Questo è certamente un valore aggiunto rispetto all’attuale assetto regolamentare in materia di distribuzione assicurativa dove ancora vige la regola del cartaceo come default. Si legge infatti nell’art. 24 del Regolamento europeo che: “I fornitori di PEPP e i distributori di PEPP forniscono tutti i documenti e tutte le informazioni di cui al presente capo gratuitamente ai clienti PEPP per via elettronica, purché il cliente PEPP sia in grado di memorizzare le informazioni in modo che siano accessibili per la futura consultazione per un periodo di tempo adeguato e per le finalità̀ a cui sono destinate, e che lo strumento consenta la riproduzione inalterata delle informazioni memorizzate. Su richiesta, i fornitori di PEPP e i distributori di PEPP forniscono gratuitamente i documenti e le informazioni anche su altro supporto durevole, compreso il supporto cartaceo. I fornitori di PEPP e i distributori di PEPP informano i clienti PEPP del loro diritto di richiedere gratuitamente una copia di tali documenti su un altro supporto durevole, anche cartaceo”. In materia assicurativa (v. art. 120 – quater del d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209, Codice delle Assicurazioni private) si prevede invece che: “Tutte le informazioni […] sono comunicate ai contraenti: a) su supporto cartaceo; b) in modo corretto, esauriente e facilmente comprensibile; c) in lingua italiana o in altra lingua concordata dalle parti; d) a titolo gratuito. 2. In deroga a quanto previsto dal comma 1, lettera a), le informazioni di cui al comma 1 possono essere fornite al contraente con uno dei seguenti mezzi: a) un supporto durevole non cartaceo, laddove siano soddisfatte le condizioni di cui […]; b) un sito Internet laddove siano soddisfatte le condizioni […].

[3] È comunque interessante notare come per il PEPP base (art. 60 del Regolamento europeo), il fornitore dovrà fornire una raccomandazione su quella che è la migliore modalità di erogazione della prestazione. Aspetto questo non trascurabile, tanto più nel tempo presente, dove in diversi ambiti – compreso il risarcimento del danno – va sempre più valorizzandosi l’idea che la liquidazione tutta in capitale sia inidonea al fine, tanto più qui, dove si parla di previdenza che deve assistere la lunga parte di vita post pensionamento. Così, la tendenza naturale del risparmiatore al ricorso al capitale sarebbe – almeno in termini di raccomandazione documentabile – bilanciata dall’alert al risparmiatore a evitare il ricorso alla lump sum, tanto più in un Paese a bassa educazione finanziaria come l’Italia, dove questi risparmi di una vita potrebbero essere mal investiti o presto dispersi. V. art. 60, comma 2, del Regolamento europeo per cui: “La pianificazione previdenziale […] comprende una raccomandazione personalizzata in merito alla forma ottimale di erogazione per il risparmiatore in PEPP, salvo che sia prevista una sola forma di erogazione. Se l’erogazione in un’unica soluzione non è in linea con le esigenze pensionistiche del risparmiatore in PEPP, la consulenza lo segnala”.

 
 

Ti potrebbe interessare anche