Previdenza pubblica e complementare, quali possibili novità dal 2026?

In attesa di conoscere l'esito dell'iter parlamentare, cosa prevede il testo della Legge di Bilancio approvato dal governo il 17 ottobre scorso e ora al vaglio della Commissione Bilancio al Senato in materia di pensioni?

Michaela Camilleri

Approvata dal governo il 17 ottobre scorso, la Legge di Bilancio per il 2026 è ora al vaglio della Commissione Bilancio al Senato per la discussione del testo e degli emendamenti. In materia previdenziale, nella bozza in esame non ci sono vere e proprie novità se non l’aumento graduale dei requisiti di accesso al pensionamento a seguito del certificato incremento della speranza di vita e il mancato rinnovo di alcune possibilità di uscita anticipata. E anche sul fronte complementare, nessun incentivo allo sviluppo del secondo pilastro pensionistico, nonostante le svariate proposte avanzate negli ultimi mesi. L’unica disposizione che interessa i fondi pensione riguarda il rafforzamento degli investimenti in infrastrutture.

 

In materia di previdenza pubblica…

La novità principale riguarda l’aumento graduale dei requisiti pensionistici previsto per il biennio 2027-2028Nonostante la volontà del governo di congelare gli adeguamenti, l’innalzamento, inizialmente previsto a tre mesi nel 2027, sarà suddiviso in due fasi, con un mese in più nel 2027 e due mesi nel 2028. Saranno esclusi dall’incremento i lavoratori che svolgono attività gravose o particolarmente faticose e pesanti (cosiddette usuranti). Dunque, nessuna modifica per il 2026 i requisiti di accesso alle pensioni di vecchiaia e anticipate restano gli stessi del 2025. Dal 2027 l’aggiornamento riguarderà, invece, tutti i requisiti anagrafici e contributivi per il pensionamento di vecchiaia e anticipato, ad eccezione del requisito contributivo per la pensione di vecchiaia, e il requisito anagrafico per l’assegno sociale.

Dall’1 gennaio 2027, dunque, i nuovi requisiti per la pensione di vecchiaia passano dagli attuali 67 anni di età e 20 anni di contributi a 67 anni e un mese di età e 20 anni di contributi; dall’1 gennaio 2028, il requisito anagrafico salirà a 67 anni e tre mesi. Per la pensione anticipata ordinaria, si passerà dagli attuali 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne a 42 anni e 11 mesi di contribuzione effettiva per gli uomini e 41 e 11 mesi per le donne dall’1 gennaio 2027 e a 43 anni e un mese per gli uomini e 42 anni e 10 mesi per le donnedall’1 gennaio 2028. Rimane valida la finestra mobile di tre mesi tra la maturazione del requisito e la decorrenza del trattamento pensionistico: il che significa che per ricevere la prima rata dell’assegno nel 2027 occorreranno 43 anni e 2 mesi (un anno in meno per le donne) e nel 2028 43 anni e 5 mesi per gli uomini (un anno in meno per le donne). L’adeguamento interesserà anche la pensione anticipata contributiva, destinata a chi ha iniziato a lavorare dopo il 1995, i cosiddetti contributivi puri: dal 2027 serviranno 64 anni e un mese di età e 20 anni e un mese di contribuzione effettiva, che diventeranno 64 anni e tre mesi di età e 20 anni e tre mesi di contribuzione dal 2028. È tuttavia necessario che l’importo della pensione sia pari a 3 volte il valore dell’assegno sociale (circa 1.600 euro nel 2025), ridotto a 2,8 volte per le donne con un figlio e 2,6 per le donne con due o più figli. Il cumulo con la previdenza complementare per raggiungere le soglie minime e uscire così anticipatamente dal lavoro a 64 anni previsto dalla Legge di Bilancio per il 2025 è ancora da definire. 

Dal 2026 è poi previsto un aumento di circa 20 euro mensili per le pensioni minime: l’incremento delle maggiorazioni sociali per pensionati di età pari o superiore a 70 anni con redditi bassi e per le persone con disabilità sarà pari a 20 euro al mese, in sostituzione degli 8 euro previsti per il solo 2025 dalla Legge di Bilancio 2025. Conseguentemente, aumenta da 104 a 260 euro annui il limite reddituale massimo oltre il quale l’incremento in oggetto non è riconosciuto.

Nessuna indicazione relativa al possibile rinnovo di Quota 103 (62 anni di età e 41 anni di contributi) e Opzione Donna (61 anni e 35 anni di contributi per caregiver, invalide almeno al 74%, disoccupate o occupate in aziende con tavoli di crisi aperti presso il Ministero del Lavoro) che potranno continuare a essere utilizzate solo da chi ha maturato il diritto entro il 31 dicembre 2025, nel primo caso, ed entro la fine del 2024, nel secondo. È invece prevista la proroga al 31 dicembre 2026 di APE Sociale e si potrà accedere alla prestazione con 63 anni e 5 mesi di età anagrafica nei seguenti casi previsti dalla legge: disoccupazione, assistenza a familiare con disabilità che necessita di sostegno intensivo, riduzione della capacità lavorativa per invalidità grave, dipendenti per lavori usuranti. Per accedere alla prestazione è richiesta un’anzianità contributiva di almeno 30 anni, ad eccezione dei lavoratori dipendenti coinvolti in attività gravose per i quali il requisito sale a 36 anni (32 per edili, ceramisti e conduttori di impianti per la formatura di articoli in ceramica e terracotta); per le donne i requisiti di anzianità contributiva previsti sono ridotti di 12 mesi per ciascun figlio, nel limite massimo di 2 anni.

Da ultimo, il testo della Legge di Bilancio in discussione al Senato proroga a tutto il 2026 l’incentivo per i lavoratori, sia pubblici che privati, che decidono di rimanere in attività anche dopo il conseguimento dei requisiti per il pensionamento anticipato: resta, dunque, confermata la possibilità per il lavoratore di richiedere al datore di lavoro che la contribuzione a suo carico pari al 9,19% venga inserita in busta paga mentre la quota a carico del datore di lavoro continuerà ad essere versata all’INPS; ovviamente la parte di contributi incassata in busta paga non contribuirà a incrementare la propria pensione e non sarà tassata. 

 

In materia di previdenza complementare…

Nonostante il dibattito degli ultimi mesi, nel testo della Legge di Bilancio bollinato dalla Ragioneria Generale dello Stato non risultano misure volte a sviluppare la previdenza complementare. In attesa di conoscere l’esito dei lavori parlamentari, l’unica disposizione che riguarda i fondi pensione è l’articolo 45 del testo presentato al Senato “Disposizioni per il rafforzamento degli investimenti in infrastrutture da parte delle forme pensionistiche complementari” che prevede la possibilità per i fondi pensione di investire, anche in via indiretta, in strumenti finanziari emessi da società ed enti operanti prevalentemente nella elaborazione o realizzazione di progetti relativi a settori infrastrutturali turistici, culturali, ambientali, idrici, stradali, ferroviari, portuali, aeroportuali, sanitari, immobiliari pubblici non residenziali, delle telecomunicazioni, incluse quelle digitali, e della produzione e trasporto di energia. L’individuazione dei limiti massimi di investimento in tali attività finanziarie è demandata a un decreto ministeriale che dovrà, inoltre, definire i procedimenti e le condotte che i fondi pensione sono tenuti ad adottare in caso di superamento temporaneo dei limiti massimi di investimento. La norma amplia, inoltre, il perimetro all’interno del quale i fondi pensione possono investire il proprio patrimonio, mantenendo fermo, in ogni caso, il principio che gli investimenti in attività che non sono ammesse allo scambio in un mercato regolamentato sono mantenuti a livelli prudenziali.

In particolare, l’intervento si concentra sulle norme che recano criteri e limiti di investimento delle risorse dei fondi pensioni attualmente contenute nel D.M. 166/2014. La norma interviene infatti sull’articolo 6, comma 5-bis, del D.Lgs. n. 252 del 2005 che prevede che, con decreto del MEF, di concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentita la COVIP (il D.M. 166/2014 appunto), sono individuati: a) le attività nelle quali i fondi pensione possono investire le proprie disponibilità, avendo presente il perseguimento dell'interesse degli iscritti, eventualmente fissando limiti massimi di investimento qualora siano giustificati da un punto di vista prudenziale; b) i criteri di investimento nelle varie categorie di valori mobiliari; c) le regole da osservare in materia di conflitti di interesse tenendo conto delle specificità dei fondi pensione e dei principi di cui alla direttiva 2014/65/UE, alla normativa comunitaria di esecuzione e a quella nazionale di recepimento. 

La norma in esame inserisce all’art. 6, comma 5-bis la nuova lettera a-bis) con cui si stabilisce che il D.M. preveda i limiti massimi di investimento, anche in via indiretta tramite (OICR) o titoli emessi nell’ambito di operazioni di cartolarizzazione, in strumenti finanziari emessi da “società ed enti operanti prevalentemente nella elaborazione o realizzazione di progetti relativi a settori infrastrutturali turistici, culturali, ambientali, idrici, stradali, ferroviari, portuali, aeroportuali, sanitari, immobiliari pubblici non residenziali, delle telecomunicazioni, incluse quelle digitali, e della produzione e trasporto di energia”. 

Con la nuova lettera b-bis) dell’art. 6, comma 5-bis si prevede che il D.M. disciplini “i procedimenti e le condotte che i fondi pensione sono tenuti ad adottare in caso di superamento temporaneo dei limiti massimi di investimento definiti dalla lettera a-bis), ivi compresi i termini per il rientro, gli obblighi di informativa alla COVIP e le misure correttive”. 

La norma in esame sostituisce inoltre la lettera c-bis) del comma 13 dell’art. 6 del D.Lgs. n. 252 del 2005 il quale nella formulazione vigente prevede che il patrimonio del fondo pensione deve essere investito in misura predominante su mercati regolamentati e gli investimenti in attività che non sono ammesse allo scambio in un mercato regolamentato devono in ogni caso essere mantenute a livelli prudenziali. La nuova formulazione prescrive che “il patrimonio del fondo pensione è investito in misura prevalente in strumenti finanziari negoziati su mercati regolamentati, nonché su sistemi multilaterali di negoziazione aventi i requisiti informativi e organizzativi definiti con decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze, da adottarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione. Resta ferma la disciplina dei mercati di cui al TUF (D.Lgs. n. 58 del 1998). Rimane fermo che gli investimenti in attività che non sono ammesse allo scambio in un mercato regolamentato sono in ogni caso mantenuti a livelli prudenziali”.  

È, infine, previsto che il D.M. 166/2014 venga modificato nel termine di novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge in esame.

Michaela Camilleri, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali

1/12/2025

 

 
 
 

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