RITA, facciamo (ancora) due conti

Nei primi mesi del 2018 si è parlato molto della "novità" RITA, soprattutto da un punto di vista normativo. Quali però i possibili costi e benefici economici? 

Nicola Barbiero e Paolo Novati

In occasione del precedente articolo, abbiamo visto come Marco, un giovane di 30 anni artigiano metalmeccanico, stia valutando di iniziare il versamento al suo fondo di categoria nell’ottica di crearsi una via d’uscita dal mondo del lavoro percorribile una volta compiuti 65 anni. Ora vediamo se anche per Giulia, 45enne impiegata in una grande azienda metalmeccanica, e per Paolo, 55enne dipendente del settore chimico, l’opzione RITA (Rendita Integrativa Temporanea Anticipata) così come introdotta dalla legge di bilancio 2018 possa essere interessante.

Partiamo da Giulia, iscritta al suo fondo pensione dal 2013, dopo un iniziale periodo di tentennamento dovuto alla scarsa fiducia nello strumento; fino a oggi ha accumulato 18.000 euro anche grazie ai rendimenti del comparto da lei scelto (bilanciato). Sulla base della Busta Arancione ha capito come, sulla base della sua carriera lavorativa, potrà accedere alla pensione all’età di 69 anni (pensione di vecchiaia) potendo godere di un assegno mensile in linea con il suo ultimo stipendio. Giulia sarebbe disposta a ricevere una pensione inferiore pur di terminare di lavorare qualche anno prima; sulla base di questi presupposti, sviluppa una stima dell’evoluzione che potrebbe aspettarsi dal suo fondo pensione senza versare più di quanto stia già facendo (TFR in aggiunta al suo contributo e quello dell’azienda per un totale del 3,2%).

Allo stesso tempo l’assegno della pensione pubblica andrebbe a modificarsi come sotto indicato. 

Un interessante trade-off per Giulia che a 64 anni - o qualche anno in più - potrebbe valutare positivamente l’uscita dal mondo del lavoro.

Paolo, invece, è molto più vicino al traguardo pensionistico rispetto a Giulia, però, negli ultimi anni, anche a seguito della riforma Fornero, ha perso un po’ di fiducia nel sistema pensionistico ed ora sta cercando una soluzione che gli permetta di terminare, il prima possibile, l’attività lavorativa. Ha scelto di iscriversi alla previdenza complementare a partire dal 2007 e, a oggi, ha maturato una posizione che corrisponde a circa 40.000 euro e stima che da qui ai prossimi 9 anni il suo risparmio potrebbe incrementarsi fino poco più di 80.000 euro in modo da poter scegliere, a 64 anni tra la situazione sotto descritta o continuare nel mondo del lavoro.

Paolo ha già verificato che gli anni di contributi mancanti gli comporteranno una minor pensione pari a circa 150 euro netti al mese, ma questo non dovrebbe rappresentare un problema per lui. 

Naturalmente i conteggi effettuati in questi casi e in quello precedente riportano situazioni “tipo” e,  ovviamente, l’opzione “RITA” non potrà essere un’alternativa valida per tutti (si pensi al caso in cui Paolo non fosse stato iscritto dal 2007 ma soltanto da un paio d’anni).

Sarà, poi, interessante definire quant’è il contributo fornito da ogni singola parte della contribuzione (TFR, contributo azienda, ecc) al risultato finale e quanta parte del risultato è possibile attribuire al vantaggio fiscale.

Nicola Barbiero e Paolo Novati

9/4/2018

 
 

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