Una sanità più digitale dopo COVID-19
Secondo i dati recentemente presentati dall'Osservatorio Sanità Digitale della School of Management del Politecnico di Milano, la sanità digitale italiana vale nel 2021 quasi 1,7 miliardi: se la pandemia ha innescato un trend di crescita, il PNRR impone ora un cambio di passo
Sotto la spinta della pandemia da COVID-19, che ha favorito la diffusione di strumenti telematici nel settore sanitario, accelerandone anche la conoscenza e luso da parte di cittadini, medici e presidi territoriali nelle diverse fasi del percorso di cura, nel 2021 la spesa per la sanità digitale in Italia ha toccato quota 1,69 miliardi di euro, pari a circa l1,3% dellintera spesa sanitaria sostenuta dallo Stato. Una crescita, secondo le stime dellOsservatorio Sanità Digitale della School of Management del Politico di Milano, certamente superiore a quella degli ultimi anni (+12,5% rispetto al 2020) ma non ancora sufficiente a colmare il gap fin qui accumulato dal nostro Paese. Che ha però ora unimportante freccia al suo arco, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.
La missione Salute del PNRR: assistenza territoriale e telemedicina
Premessa indispensabile a farsi è che SARS-CoV-2 ha avuto quantomeno il merito di rimettere al centro dellagenda politica e mediatica lo stato di salute del Servizio Sanitario Nazionale, evidenziando come rimedio alle varie criticità emerse nel corso dellemergenza epidemiologica tanto la necessità di fortificare la sanità territoriale quanto quella di promuovere il ricorso a tecnologie innovative in medicina, nel comune intento di garantire un più equo, rapido e capillare accesso alle cure a tutti i cittadini.
Il PNRR raccoglie di fatto entrambe queste sfide, destinando alla Salute, la sua sesta missione, l8,16% del suo importo totale: 15,63 miliardi, che salgono a oltre 20 tenendo conto anche del Piano nazionale per gli investimenti complementari e delle ulteriori risorse straordinarie finalizzate allattuazione del Piano stesso. Nel dettaglio, mentre circa 7 miliardi di euro (Componente M6C1 | Reti di prossimità, strutture e telemedicina per lassistenza sanitaria territoriale) sono destinati a rafforzare le prestazioni erogate in ogni area del Paese, grazie alla creazione o al rafforzamento di presidi territoriali e assistenza domiciliare, allo sviluppo della telemedicina e a una sua più efficace integrazione con tutti i servizi socio-sanitari, altri 8,63 (Componente M6C2 | Innovazione, ricerca e digitalizzazione del Servizio Sanitario Nazionale) sono stanziati con il preciso obiettivo di sviluppare e innovare la sanità pubblica, anche attraverso maggiori investimenti di natura digitale, strumentale e tecnologica.
Due distinte componenti strettamente correlate tra loro, non solo per finalità ma anche e soprattutto per il fondamentale ruolo assunto dalla rivoluzione digitale, cui sono non a caso destinati investimenti sostanziali.
Lemergenza sanitaria come innesco di una rivoluzione positiva?
Che, seppur in modo disomogeneo e frammentato, la pandemia abbia già in qualche modo favorito lo sviluppo della sanità digitale lo dimostrano appunto proprio i numeri dellOsservatorio, che mette tuttavia in guardia lintero settore dai rischi - (che la bolla possa scoppiare rapidamente?) - di una non adeguata messa a terra delle riforme e delle risorse del PNRR.
Dati alla mano, COVID-19 sembra ad esempio aver influito in modo significativo sulla conoscenza e lutilizzo del Fascicolo Sanitario Elettronico, spinto dalla necessità di scaricare Green Pass, referti dei tamponi e certificati vaccinali. Dalla rilevazione svolta dal Politecnico in collaborazione con Doxapharma emerge che il 55% dei cittadini ne ha sentito parlare almeno una volta (erano il 38% nel 2021) e il 33% lo ha già utilizzato (il 12% nel 2021); tra i pazienti cronici o con problematiche gravi le percentuali di conoscenza e utilizzo dello strumento sono ancora più elevate: l82% lo conosce e il 54% lo ha utilizzato (nel 2021 era il 37%). Se insomma, da un lato, il fascicolo è stato attivato per tutti i cittadini e ha raggiunto anche percentuali significative di utilizzo, il livello di alimentazione inteso come la percentuale di documenti pubblicati e indicizzati sul FSE rispetto al totale delle prestazioni erogate dalle strutture sanitarie pubbliche negli ultimi due anni - nella gran parte delle regioni è ancora molto limitato, tanto che solo Emilia-Romagna, Lombardia, Toscana e Piemonte raggiungono percentuali superiori al 50%. Campania, Liguria, Sicilia e Calabria hanno invece livelli che non superano il 5%. Basteranno i 610 milioni di euro previsti dal PNRR, tra potenziamento delle infrastrutture e sviluppo delle competenze digitali dei professionisti sanitarie, per ricucire lo strappo?
Non meno interessante è poi il caso della telemedicina, la cui diffusione è molto aumentato sin dai primi mesi di contagio da COVID-19, grazie alla sua capacità di facilitare la collaborazione tra i professionisti e il contatto con i pazienti anche in situazioni di apparente difficoltà. Secondo lOsservatorio Sanità Digitale, in assenza di strategie e investimenti specifici, parte di questo effetto rischia di svanire con il progressivo ritorno alla normalità: basti pensare che nel 2021 il ricorso alla telemedicina da parte di medici generalisti (26%) e specialisti (20%) è calato sensibilmente, sebbene si assesti su percentuali di utilizzo più elevate rispetto a quelle pre-emergenza (10% circa). Il chiaro segnale dellesigenza di uninnovazione più strutturale, che veda negli strumenti telematici non più un appiglio emergenziale ma, come sembrerebbe in effetti fare il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, unopportunità a tutto tondo per migliorare sistemi di presa in carico e cura dei pazienti.
Mara Guarino, Itinerari Previdenziali
14/6/2022