Osservatorio sul mercato del lavoro 2025 - "Record di occupati nel 2024 ma siamo sempre gli ultimi in classifica"
Nellanalizzare i dati del primo semestre 2024, pur a fronte di indicatori generalmente piuttosto positivi, lOsservatorio redatto dal Centro Studi e Ricerche si era interrogato sulle prospettive future del mercato del lavoro italiano, che sembrava in verità già arrivato al suo massimo tetto occupazionale. E, in effetti, dopo un trend positivo proseguito fino al mese di ottobre, quando il nostro Paese ha toccato la punta record 24.083.000 di occupati, il boom delloccupazione è andato incontro a un rallentamento, non troppo brusco nelle cifre ma comunque significativo.
A preoccupare, più che i valori assoluti, il fatto che lItalia dapprima tocchi il suo record, e quindi freni il proprio slancio, con solo poco più di 24 milioni di occupati su circa 38 milioni di persone in età da lavoro. Tanto che, guardando ai dati Eurostat aggiornati al terzo trimestre 2024 (gli ultimi disponibili al momento della stesura), il nostro Paese si conferma ancora una volta fanalino di coda in tutte le principali classifiche europee riguardanti loccupazione: in ultima posizione e battuti, ad esempio, persino dalla Grecia per tasso di occupazione sia globale sia femminile. Solo di poco migliori, e comunque ben al di sotto della media europea, i tassi riguardanti giovani e over 55.
Un quadro che, secondo gli estensori della ricerca, indica come esigenza primaria per il nostro mercato del lavoro (e quindi per i decisori politici) quella delle politiche attive, intervenendo tra le altre cose sul sistema di formazione-istruzione e sulla grande questione del mismatch, vale a dire del mancato incontro tra offerta e domanda di impiego. Ma soprattutto un quadro che, ancora prima, obbliga a riflettere su quelleccesso di assistenzialismo testimoniato da una spesa per assistenza in costante crescita, malgrado il già elevato debito pubblico italiano che, spaziando da unISEE facilmente raggirabile per arrivare allex reddito di cittadinanza (oggi ADI), troppo spesso si concretizza, così come li ha definiti la stessa UE, in una serie di incentivi impliciti al non lavoro.
Interventi che aumentino il potere reale di redditi e salari e maggiori investimenti volti a favorire la produttività le uniche strade davvero percorribili per rilanciare davvero un mercato del lavoro che, diversamente, rischia di entrare in una fase di stallo.