2024, anno di elezioni: il voto per il Parlamento europeo

Nel 2024, oltre alle elezioni del Presidente degli Stati Uniti d’America, si svolgeranno le votazioni per il Parlamento europeo: una concomitanza storica che, almeno nel Vecchio Continente, lascia presagire esiti meno incerti, con un rafforzamento del "vento di destra" che soffia sui principali Paesi dell'Unione

Lorenzo Vaiani

Nel corso della prima decade di giugno 2024 si svolgeranno in tutta Europa le elezioni per il rinnovo dei componenti del Parlamento europeo, le prime da quando il Regno Unito ha deciso di uscire dall’UE. Si tratta dunque di un momento estremamente importante per l’Unione, chiamata come mai prima d’ora a fare quel salto di qualità e di unità che tante volte è stato invocato e, che almeno finora, non si è mai concretizzato. Infatti, nel corso dei successivi 5 anni, ovvero fino all’estate del 2029, occorrerà portare a termini impegni importanti per l’intera area europea, un esempio fra tutti il Green Deal, e occorrerà cominciare ad avere una voce quanto più possibile unanime e decisa in ambito internazionale per far valere gli interessi del Vecchio Continente e proporsi come terzo soggetto nel sempre più teso bipolarismo cino-americano.

Ad oggi, a differenza di quanto accade sull’altra sponda dell’Atlantico, risulta ancora troppo presto e parciolarmente complesso fare previsioni di voto, tuttavia è innegabile come ormai da non pochi anni all’interno degli Stati membri dell’UE stia soffiando un importante vento di destra (o centro-destra che sia), come dimostrano da ultimo gli esiti elettorali in Grecia. Un vento importante e che, quantomeno a parere di chi scrive, nasce da lontano e che vede la scarsa alternanza verificatasi almeno negli ultimi 10 anni tra destra-sinistra nelle elezioni dei diversi Paesi (vedasi il caso dell’Italia) come una delle principali cause.

Prima di entrare in quelli che sembrano essere gli scenari più diffusi tra le case sondaggistiche e gli analisti internazionali, occorre un breve excursus su come funzionerà il voto del prossimo anno. A seguito della Brexit vi è stata una ridistribuzione di 27 dei 73 seggi appartenenti al Regno Unito suddivisi nel seguente modo: Francia e Spagna (+5); Italia e Paesi Bassi (+3); Irlanda (+2); Svezia, Austria, Danimarca, Finlandia, Slovacchia, Croazia, Estonia, Polonia e Romania (+1). Inoltre, come ogni 5 anni, in questi mesi si sta discutendo all'interno delle organizzazioni europee (Parlamento e Consiglio europeo) della possibilità di variare la numerosità e la redistribuzione dei seggi assegnati a ciascuno Stato membro. In particolare, il Parlamento europeo ha presentato istanza di ampliamento con 11 ulteriori seggi suddivisi tra: Spagna +2, così da portare il numero di scranni a 61; Paesi Bassi +2 [31];  Austria +1 [20]; Danimarca +1 [15]; Finlandia +1 [15]; Slovacchia +1 [15]; Irlanda +1 [14];  Slovenia +1 [9]; Lettonia +1 [9]. Ciò per poter meglio rappresentare all’interno del Parlamento i cambiamenti demografici, anche a seguito della Brexit. I deputati hanno poi richiesto che venga mantenuta  una riserva di 28 seggi per i membri che potrebbero essere eletti in una futura circoscrizione elettorale transnazionale (come da richiesta avanzata tempo addietro dal Parlamento europeo); la rischesta attualmente si trova sul tavolo del Consiglio.

Rispetto al sistema di voto è bene ricordare che, fatta salva per la regola base che “l’elezione dei deputati al Parlamento europeo avviene a scrutinio di lista o uninominale preferenziale con riporto di voti di tipo proporzionale”, i meccanismi e le dinamiche di conversione tra voti ottenuti e seggi variano da Paese a Paese.  Tanto che si passa da Stati con un’unica circoscrizione (come la Germania) a Stati con un numero maggiore, come nel caso dell’Italia, dove le circoscrizioni sono 5. Anche le soglie di sbarramento possono variare tra i diversi Paesi, da un minimo del 2% fino a un massimo del 5% rispetto ai voti ottenuti nella circoscrizione (attualmente, in Italia la soglia è del 4%).

Tornando alle prospettive di voto, alle ultime votazioni per il Parlamento europeo vinse il Partito popolare europeo (PPE) di centrodestra, che distanziò di quasi trenta seggi il gruppo dei Socialisti e Democratici (S&D). In base alle ultime proiezioni di giugno, il PPE viene dato sempre come partito maggioritario, anche se sembra destinato a perdere quasi 20 seggi nella composizione del prossimo emiciclo; in calo risulta essere il anche il blocco del S&D (centro-sinistra), che dovrebbe vedere ridursi il numero di rappresentati di circa una decina. I voti persi da queste due forze politiche sembrano rispettivamente dirigersi verso il gruppo dei riformisti e conservatori europei (maggiormente spostati a destra rispetto al PPE e che, nell’ultimo periodo, risulta essere il partito in maggiore ascesa in quasi tutti i sondaggi) e, dall’altra parte, al Gruppo di Sinistra nel Parlamento europeo.

Risulta dunque, almeno alla luce degli ultimi sondaggi, che il vento che pervade il Vecchio Continente da qualche anno a questa parte sia destinato a soffiare anche sulle prossime elezioni europee. Resta da capire se sarà solo una brezza o una folata consistente. 

Lorenzo Vaiani, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali

10/7/2023 

 
 
 

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