Il piano inclinato della transizione demografica

L'invecchiamento della popolazione è un fenomeno ormai consolidato e, dai percorsi di active ageing fino ai servizi della Silver Economy, non resta dunque che attrezzarsi di conseguenza: che sia l'occasione per andare verso una società non solo più matura ma anche più sostenibile e consapevole? 

Lorenzo Vaiani

Digitale, ecologico e demografico sono gli ambiti dei grandi macro-mutamenti, che accompagneranno tanto l’Occidente quanto l’Oriente, tanto l’emisfero meridionale quanto quello settentrionale per i prossimi decenni e condurranno l’umanità (perché di questo si tratta) dal punto A, dove si trova attualmente e caratterizzato da una civiltà fragile e con forti distorsioni, al punto B caratterizzato (forse) da una società più consapevole e più matura. 

Il termine transizione ha del resto un’etimologia molto chiara, deriva dal latino “transire”, ovvero “passare”, da intendersi con il significato di passaggio da un modo di essere o di vita a un altro, da una condizione o situazione a una nuova e diversa. Per giungere a questa nuova condizione siamo dunque chiamati a ripensare le nostre società, i nostri sistemi economici e di produzione, i nostri stessi stili di vita in un’ottica nuova; verrebbe da dirsi, forse esagerando, che siamo prossimi a un nuovo passaggio epocale, così come nel XV/XVI secolo si è passati dalla concezione tolemaica del globo (e non solo) a quella copernicana, occorre oggi tornare a porre al centro la Terra in una rinnovata prospettiva geocentrica e ripensare la società per renderla maggiormente a misura d’uomo. 

Grazie anche a queste grandi transizioni si stanno muovendo i primi decisi passi in questa direzione, ed è già oggi possibile osservare le prime orme: gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda ONU, il Green Deal europeo, i criteri ESG e la normativa SRI, o ancora, la recentissima firma da parte di alcuni Paesi europei (tra cui l’Italia) di una nota di intenti in merito al futuro dell'energia nucleare, per quanto riguarda la dimensione ambientale; sul lato della transizione digitale basti pensare a quanto previsto all’interno del PNRR, o alla nascita dell’European Raw Material Alliance (ERMA), alla frontiera del metaverso e così via. 

E sul fronte demografico? Sicuramente non sono stati stanziati fondi di decine di miliardi né tantomeno varate apposite e specifiche normative; tuttavia, volendo impropriamente prendere a prestito le parole di Galileo Galilei, eppur si muove. È infatti innegabile che le società e le popolazioni che le costituiscono siano oggigiorno soggette a trasformazioni demografiche che stanno mutando la loro stessa composizione e coinvolgono in maniera significativa tanto la dimensione globale, con il mondo entrato in una fase di rallentamento demografico, quanto i singoli Paesi o macroaree, dove in alcuni casi si è addirittura entrati in una fase di contrazione e invecchiamento.


La transizione demografica per una società più umana

Nel corso degli ultimi 100 anni l’umanità ha vissuto una fase di accelerazione demografica senza eguali nel corso della sua storia, passando da una popolazione di circa 1,8 miliardi di individui agli attuali 8 miliardi, con un tasso di crescita medio annuo di 1,64. Seppure a tassi più modesti, la popolazione è destinata  poi a crescere ulteriormente almeno per i prossimi 20/25 anni, con tutte le conseguenze e le sfide che questo comporta: bisognerà aumentare ulteriormente la produzione di cibo, sarà necessario smaltire un maggior numero di rifiuti e fornire volumi d’acqua potabile sempre più consistenti, giusto per fare qualche esempio.

Tuttavia, in alcune aree del globo, la dinamica si sta invertendo, quando non si è già invertita. L’Italia è tra i Paesi capofila per quanto riguarda questo nuovo corso. È infatti iniziato da ormai oltre un quinquennio lo scivolamento lungo il piano inclinato della transizione demografica e del contestuale invecchiamento della popolazione: un moto accelerato che occorrerà sfruttare cercando di utilizzare il più possibile e al meglio possibile l’energia cinetica da esso prodotta. Come? Per cominciare, superando la “litania” politica e mediatica delle culle vuote, della mancanza di potenziali lavoratori e del conseguente rallentamento economico. 

Fermo restando che ogni incremento nel numero di nuovi nati è da accogliere in maniera positiva, bisogna tenere a mente un aspetto molto semplice: la progressiva diminuzione della popolazione tra i 15 e i 49 anni, dovuta all’ingresso nella vita adulta di generazioni sempre meno numerose, comporta a sua volta un effetto contrattivo sullo stesso flusso di nuovi nati. Pertanto, anche con un incremento significativo del numero di figli per donna nel breve termine, il numero di nuovi nati resterebbe intorno alle 400.000-450.000 unità in quanto il numero di donne in età fertile è in costante diminuzione. Le proiezioni aggiornate rispetto all’andamento demografico atteso per i prossimi decenni rilasciate da Istat mostrano in maniera inequivocabile come il calo della popolazione sia destinato a farsi sempre più importante. Nel dettaglio, quella italiana dovrebbe passare dai 59,2 milioni di abitanti del 2021 a 57,9 milioni nel 2030, per poi scendere ulteriormente a 56,4 nel 2040 e assestarsi a 54,2 milioni nel 2050: annualmente verrebbe cioè registrata una riduzione media pari a un terzo di punto percentuale, vale a dire il -3,3‰. Risulta importante evidenziare come le proiezioni effettuate dall’Istituto tengano già conto dei flussi migratori sia in entrata che in uscita; pertanto, a meno di incredibili e al momento non prevedibili arrivi di persone dall’estero (nelle sue ultime stime Istat si ipotizza un saldo migratorio annuo in diminuzione dall’attuale +150mila unità a circa +120mila unità nel 2070), il numero di abitanti del nostro Paese è inesorabilmente destinato a contrarsi. 

I dati, dunque, corroborano quanto scritto sopra: il numero di italiani calerà, e così accadrà in buona parte dei Paesi del Primo Mondo, con un contestuale aumento dell’incidenza percentuale del numero di anziani. È difficile pensare che la dinamica in atto possa invertirsi in qualche maniera, ci troviamo di fronte a un percorso che, salvo eventi inaspettati ed extra-ordinari, è segnato. Ora, premesso che non è così, anche volendo descrivere il fenomeno in atto come una tempesta, le opzioni a nostra disposizione sono sostanzialmente due: sperare e auspicarci che la tempesta non arrivi o che ci sfiori solo marginalmente per via di qualche accadimento a oggi non prevedibile, oppure prepararci e attrezzarci di conseguenza, andando a sfruttare l’energia prodotta dal rotolamento del nostro Paese lungo il piano inclinato della transizione demografica. 

Le azioni da mettere in atto sono molteplici, a cominciare dall’introduzione di percorsi di active ageing nella sfera lavorativa pubblica e privata che permettano alle persone di rimanere all’interno del mercato del lavoro  e più in generale della società svolgendo mansioni adeguate all’età. Occorre poi tenere bene a mente che sia la transizione digitale sia quella ambientale possono diventare un importante volano e supporto, andando a innestarsi all’interno del mutamento demografico e salvaguardando tanto le componenti più giovani quanto quelle più anziane della società in divenire. Grazie, infatti, alla digitalizzazione di settori come la medicina, che potrà ampliarsi verso la tecnoassistenza, o della Pubblica Amministrazione con la creazione della piattaforma nazionale dati e dell’identità digitale di ciascun cittadino e grazie allo sviluppo di fonti energetiche sicure e pulite così come di sistemi di mobilità a emissioni zero - per quanto riguarda la dimensione ambientale - potrà essere garantita una civiltà maggiormente accessibile, sostenibile e a misura d’uomo, insomma una società più matura e consapevole.

  Lorenzo Vaiani, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali

21/4/2023

 
 
 

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