IRPEF e IVA: quanti divari tra Nord, Centro e Sud

L'analisi per macro-area dei dati ricavabili dalle dichiarazioni dei redditi ai fini IRPEF degli italiani conferma il forte disequilibrio territoriale già emerso dagli ultimi Osservatori Itinerari Previdenziali: la riprova di politiche a sostegno del Mezzogiorno scarse e inefficaci?

Mara Guarino

I dati MEF e Agenzia delle Entrate rielaborati dal Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali nel suo ultimo Osservatorio sulla spesa pubblica e sulle entrate scattano una fotografia piuttosto chiara circa il versamento dell’imposta sui redditi delle persone fisiche:  il totale dei redditi prodotti nel 2022, e dichiarati nel 2023 ai fini IRPEF, è ammontato a 970 miliardi per un gettito generato – al netto di TIR e detrazioni – di 189,31 miliardi (169,59 miliardi il valore dell’IRPEF ordinaria), in crescita del 6,3% rispetto allo scorso anno. I dichiaranti sono 42.026.960, cifra addirittura superiore a quella già record del 2008, mentre i contribuenti versanti - cioè coloro che effettivamente corrispondono almeno 1 euro di IRPEF - sono 32.373.363, altro dato in crescita rispetto alla precedente rilevazione. A ogni contribuente corrispondono di fatto 1,405 abitanti, rapporto che a propria volta migliora rispetto allo scorso anno ma che, insieme all’effettiva distribuzione del carico fiscale, continua a destare più di qualche perplessità circa il livello di finanziamento del welfare state italiano e, di riflesso, sulla sua tenuta prospettica.

In effetti, se il confronto con lo scorso anno desta qualche segno di cauto ottimismo, la pubblicazione presentata lo scorso ottobre alla Camera dei Deputati evidenzia più di qualche criticità su cui riflettere nell’ottica di una revisione del sistema nel segno di equità e sostenibilità, a cominciare dal persistere di alcuni forti squilibri territoriali già emersi nelle precedenti edizioni. 

 


La distribuzione geografica dei versamenti IRPEF

In particolare, per quanto riguarda la distribuzione geografica dei versamenti IRPEF, dall’Osservatorio emerge  che il Nord contribuisce per 108,3 miliardi, pari al 57,2% del totale, il Centro con 41,3 miliardi, pari al 21,8% del totale, mentre il Sud porta in dote 39,7 miliardi, pari al 20,97% del gettito complessivo. Una situazione di disequilibrio, rimasta per l’appunto stabile nel tempo (a riprova di interventi scarsi e inefficaci), che trova conferma anche analizzando le singole Regioni: con poco meno di 10 milioni di abitanti, la Lombardia versa 43,4 miliardi di IRPEF, vale a dire un importo maggiore dell’intero Mezzogiorno, che ne conta almeno il doppio, e persino superiore a quello dell’intero Centro (11,7 milioni di abitanti). Un ulteriore indicatore è poi offerto dal rapporto tra contribuenti/versanti e popolazione: confrontando il numero dei contribuenti con quello degli abitanti, risulta che al Sud a ogni singolo contribuente corrispondono 1,587 abitanti, 1,374 al Centro e 1,308 al Nord; valori che, senza troppe sorprese, riflettono il minore tasso di occupazione delle regioni meridionali. 

Al Nord i contribuenti rappresentano il 76,47% della popolazione, mentre quelli che versano almeno 1 euro il 61,78%; al Centro i contribuenti sono il 72,79% della popolazione, ma solo il 56,64% versa l’IRPEF; al Sud la quota di contribuenti è pari al 63%, ma solo il 44,23% della popolazione dichiara un reddito positivo. Il dato più significativo da considerare è tuttavia l’ammontare del versamento IRPEF pro capite: l’importo è di 6.405 euro al Nord, 6.214 euro al Centro e 4.503 euro al Sud. Quello per abitante vede invece il Nord spiccare nuovamente, con le regioni settentrionali che versano in media 3.957 euro di IRPEF l’anno, contro i 3.520 euro del Centro e i 1.992 euro del Sud, importo quest’ultimo (giusto per avere un ordine di confronto) inferiore al costo pro capite della spesa sanitaria per il 2022. 

Figura 1 – Rapporto percentuale tra contribuenti e versanti  sulla popolazione residente per macro-area

Figura 1 – Rapporto percentuale tra contribuenti e versanti sulla popolazione residente per macro-area

Fonte: Osservatorio sulla spesa pubblica e sulle entrate 2024, Itinerari Previdenziali


Non solo IRPEF: l’analisi del gettito IVA

Il ritratto di un Paese spaccato, con un Nord sviluppato, un Centro che gli si avvicina (trainato soprattutto dal Lazio, forte anche della presenza di PA e apparati amministrativi) e un Sud apparentemente povero trova ulteriore riscontro nell’analisi delle altre principali imposte dirette e indirette, tra cui l’IVA che dopo l’IRPEF contribuisce fortemente alle entrate del bilancio statale. Il gettito relativo all’anno di imposta 2022 e dichiarato nel 2023 è di 143,573 miliardi di euro, con il Nord il cui volume d’affari è pari al 60% del totale che versa il 64,38% dell’intera imposta. Il Centro con il 27,68% di imponibile versa il 24,04%, mentre il Sud con un imponibile dell’11,20% corrisponde il 10,42% di tutta l’IVA. «Oltre alle discrepanze nei valori assoluti – sottolinea la pubblicazione – è interessante rimarcare come al Nord il gettito supera il volume d’affari, mentre nelle altre due macro-aree succede il contrario», tanto più che ulteriori elementi lasciano ipotizzare un elevato livello di sommerso, a cominciare dal gettito pro capite. In particolare, il Settentrione con 27.373.273 abitanti ha un gettito pro capite di 3.376,57 euro, il Centro con 11.724.035 abitanti versa (anche grazie alla massiccia presenza di aziende pubbliche e partecipate) 2.944,23 euro per cittadino mentre il Sud, con 19.932.825 abitanti, versa un’IVA pro capite di appena 750,87 euro.

Figura 2 – La “regionalizzazione” dell’IVA

Figura 2 – La “regionalizzazione” dell’IVA

Fonte: Osservatorio sulla spesa pubblica e sulle entrate 2024, Itinerari Previdenziali

Pur a fronte di una maggiore concentrazione di attività imprenditoriali e di diversi livelli occupazionali, che senza dubbio impattano sui redditi disponibili, considerato che la sola Lombardia corrisponde 51,877 miliardi di IVA, ben più dell’intero Mezzogiorno, diventa facile ipotizzare, con consumi (almeno quelli più basilari) grosso modo simili, fenomeni di evasione stimabili intorno ai 30 miliardi. Fenomeni che, come spiegato dal Prof. Alberto Brambilla nel corso dell’evento di presentazione della ricerca, finiscono con il falsare gli indici di povertà e l’elargizione di sussidi, spesso indirizzati non verso chi è davvero più bisognoso ma semplicemente verso chi dichiara meno potendo così contare, in assenza di controlli incrociati (sui consumi, ad esempio), sull’aiuto dello Stato.

 

Riflettere sul presente per non ripetere gli errori del passato

Numeri che, secondo il Presidente del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, imporrebbero in effetti a politica e parti sociali la presa di coscienza di una situazione ormai troppo duratura per non essere analizzata con chiarezza, e senza alcun intento persecutorio o ideologico, al solo scopo di cercare risposte e soluzioni a un problema evidente, quello del gap tra Nord e Sud, evitando il ripetersi di errori del passato. L’insufficiente sviluppo di alcune aree del Paese è stato infatti a lungo compensato da politiche assistenziali che, come ben dimostrano i trend di lungo periodo, hanno però sortito l’effetto opposto di rallentarneulteriormente la crescita: emblematico, ad esempio, il caso degli sgravi contributivi totali, artefici di un’occupazione di sussistenza, di fatto dissolta (o trasformatasi in ampie sacche di lavoro sommerso) una volta eliminati, anche su sollecitazione della Commissione Europea.  

Controlli e politiche attive ma anche e soprattutto infrastrutture e interventi a favore di produttività, turismo e sicurezza le strade da percorrere più opportunamente, invece, per creare le condizioni necessarie a un miglioramento dello sviluppo e della competitività dell’intero Paese. 

Mara Guarino, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali

 27/11/2024 

 
 

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