Silver Economy, la nuova grande economia del prossimo decennio

Il PIL generato dalla Silver Economy, intesa come il complesso delle attività economiche specificamente rivolte agli over 50, sarebbe stimabile intorno ai 583 miliardi di euro: un potenziale tale da rendere la longevità della popolazione italiana, se ben gestita, un’importante risorsa per l'economia del Paese

Mara Guarino

L’impatto sul PIL generato da beni e servizi rivolti agli over 50 italiani è quantificabile in almeno 583 miliardi di euro, poco meno di un terzo del Prodotto Interno Lordo 2021 (32,7%). Numeri consistenti, quelli della Silver Economy italiana, che trovano conferma anche circoscrivendo il perimetro di osservazione ai soli ultra65enni: in questo caso, l’impatto sul PIL del Paese avrebbe un valore stimabile tra i 297 e i 350 miliardi di euro, vale a dire tra il 16,6% e il 19,7% del Prodotto Interno Lordo 2021. Sia che si tenga conto del valore più prudenziale, ottenuto applicando la stessa metodica già utilizzata dalla Commissione Europea per calcolare l’impatto sul PIL UE, sia che si consideri quello più elevato frutto delle stime condotte dal Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali sulla platea italiana, quello dei Silver si presenta dunque con evidenza come un bacino (di consumatori) quantitativamente e qualitativamente sempre più significativo, cui l’Italia è chiamata a guardare forte di un approccio nuovo nei confronti del tema dell’invecchiamento. 

È di conseguenza un mutamento di paradigma, da voce di costo per l’economia nazionale a potenziale opportunità di investimento e sviluppo, quello auspicato dall’ultimo Quaderno di Approfondimento Itinerari Previdenziali.  Avvalendosi anche degli esiti della survey “Chi sono, cosa fanno e cosa desiderano i Silver italiani”, somministrata a un campione di 5.000 over 50 e realizzata da Format Research per Itinerari Previdenziali e 50&Più, sistema associativo dedicato al mondo della terza età, la pubblicazione offre un’attenta analisi di dinamiche e conseguenze della transizione demografica in corso in ottica sociale, economica e di sostenibilità. 

 

Che cos’è la Silver Economy? Definizione e fasce di età interessate

 Se la Silver Economy fosse uno Stato Sovrano, secondo la Commissione UE, per dimensioni si posizionerebbe alle spalle solo di Stati Uniti e Cina e con un tasso di crescita stimato in un 5% annuo (un dato superiore a quello di quasi tutte le economie del mondo pre COVID, con l’eccezione di Cina e India). Di questa grande economia, Itinerari Previdenziali circoscrive, per l’Italia, i perimetri partendo tuttavia da alcune osservazioni preliminari circa la definizione utilizzata nel 2018 dalla Commissione Europea nel suo report The Silver Economy, intesa come il complesso di attività economiche rivolte specificatamente alla popolazione con 50 anni o più, che cessano parzialmente o totalmente l’attività lavorativa passando da uno stile di vita attivo a uno “differentemente attivo”. 

«A distanza di qualche anno dallo studio della Commissione, ora che peraltro la maggior parte dei Paesi dell’intera area OCSE ha fissato intorno ai 65 anni la soglia anagrafica del pensionamento, tenuto anche conto dell’ingresso sempre più tardivo nel mercato del lavoro (in Italia intorno ai 24 anni), considerare un’età ancora giovane come i 50 anni come “perimetro” dell’economia d’argento è certamente una scelta non esente da rischi, primo fra tutti quello di uniformare eccessivamente una popolazione che, al suo interno, presenta in verità caratteristiche, necessità, disponibilità economiche e abitudini di consumo molto diverse sia in funzione dell’età anagrafica sia della condizione sociale, soprattutto con riferimento alla distinzione tra lavoratori attivi e pensionati», ha commentato nel corso della presentazione il Professor Alberto Brambilla, Presidente del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali. D’altro canto, come ben spiegato dal Quaderno, non si può trascurare che è proprio intorno ai 50 anni che le persone iniziano a sviluppare più sensibilità nei confronti dell’invecchiamento («i protocolli sanitari prevedono ad esempio alcuni controlli di routine proprio a partire da quella soglia anagrafica») e, in particolare, verso i bisogni da soddisfare per garantirsi una vita anziana il più possibile in buona salute. Di qui, la scelta di guardare ai dati tanto dello studio quanto dell’indagine demoscopica, distinguendo tra loro 3 grandi raggruppamenti anagrafici – 50-64, 65-74 e over 75 - considerando al tempo stesso come Silver tutte le persone che abbiano raggiunto i 50 anni di età, nella maggior parte dei casi soggetti che manifestano una comune attenzione nei confronti della prevenzione e più, in generale, sempre in relazione all’allungamento dell’aspettativa di vita, pronti a considerare mutamenti nel proprio stile di vita, come nuovi modelli familiari, lavorativi e abitativi. 


Un ritratto dei Silver italiani, non solo demografia 

Per dare una dimensione numerica e circoscritta al nostro Paese, a fronte di una platea totale costituita da 27,646 milioni di over 50, al 2022 gli ultra65enni sono circa 14 milioni (di cui oltre la metà donne) e rappresentano poco meno del 24% della popolazione: una percentuale destinata a salire, secondo le proiezioni Istat, al 30% nel 2035 e fino al 35% nel 2050, quando 1 italiano su 3 avrà un’età superiore ai 65 anni. Nonostante il severo impatto di COVID-19, che ha sì temporaneamente rallentato ma non interrotto il progressivo scivolamento degli italiani verso le età senili, l’Italia si colloca ormai stabilmente tra i Paesi più longevi al mondo, prima nelle classifiche UE per speranza di vita ma non altrettanto per quanto riguarda l’aspettativa di vita in buona salute. Significativa, del resto, la forbice tra i due parametri, con una speranza di vita a 65 anni pari nel 2020 (ultimo anno disponibile) a 18,3 anni per gli uomini e 21,7 per le donne,  che si riduce a 10,3 anni per gli uomini e 10,6 per le donne se si considera anche l’invecchiamento in buona salute. 

Figura 1 – Speranza di vita e speranza di vita in buona salute a 65 anni (anno 2020)

Figura 1 – Speranza di vita e speranza di vita in buona salute a 65 anni (anno 2020)

Fonte: Quaderno di Approfondimento Itinerari Previdenziali “Silver Economy, la grande economia del prossimo decennio”

Per valutare al meglio sia il ruolo sempre più preponderante che i Silver avranno in ambito economico sia l’implementazione di politiche pubbliche che tengano conto delle loro specifiche necessità, dall’active ageing al rischio non autosufficienza, la pubblicazione non si limita ad analizzare la questione da un punto di vista prettamente anagrafico, ma restituisce al contrario l’articolata fotografia di una popolazione da un lato sempre più “sola” e, dall’altro, caratterizzata da una capacità di spesa superiore a quella delle altre fasce anagrafiche. In particolare, al 2022 sono 3 su 10 (il 30,5%) gli over 65 italiani che vivono completamente soli; 4 su 10 (il 42,1%) quelli in coppia ma senza figli, a fronte di un 12,8% di quelli in coppia e conviventi con i propri figli e di un 6,7% di nuclei monogenitoriali. Una tendenza all’atomizzazione destinata ad acuirsi negli anni a venire, tanto che tra meno di vent’anni 1 Silver su 3 vivrà di fatto da solo, con tutte le conseguenze del caso in termini di risparmio e attitudine al consumo. Facile, infatti, supporre che una buona parte degli investimenti di questa fetta della popolazione dovrà essere destinata, in assenza di progenie, proprio a pianificazione e/o gestione della propria vecchiaia (assicurazioni, LTC, soluzioni abitative, etc). 

Figura 2 – Over 65 per contesto familiare (2022) e previsioni future per 100 persone della stessa classe d’età

Figura 2 – Over 65 per contesto familiare (2022) e previsioni future per 100 persone della stessa classe d’età

Fonte: Quaderno di Approfondimento Itinerari Previdenziali “Silver Economy, la grande economia del prossimo decennio”

D’altro canto, fatto altrettanto importante rispetto al passato, i Silver sono tra i maggiori detentori di ricchezza - intesa come patrimonio sia mobiliare che immobiliare - del Paese, disponendo oltretutto di flussi di reddito stabili anche in fasi di difficoltà globale (come la pandemia), in quanto non dipendenti dai cicli economici, tanto che spiccano anche tra le fasce di popolazione meno indebitate in assoluto. Nel dettaglio, a partire dai dati forniti dalla Banca d’Italia, la pubblicazione evidenzia come la fascia 51-65 anni dispone del reddito medio equivalente per caratteristiche del capofamiglia più alto e pari a 20.779 euro, subito seguita dagli over 65 con 20.260 euro. In particolare, quest’ultima fascia d’età nel 2006 aveva un reddito medio equivalente di poco superiore a 17mila euro; quindici anni dopo, nel 2020, è passata dall’avere il secondo reddito più basso ad avere il secondo più alto, registrando un tasso di crescita pari al 18,5%, con un divario dalla fascia 51-65 anni passato da 2.450 euro a soli 500. Evidenze che trovano ulteriore conferma nei dati relativi alla ricchezza netta familiare media per caratteristiche del capofamiglia: al 2020 i nuclei con capofamiglia tra i 51 e i 65 anni disponevano di una ricchezza pari a 263.573 euro, quelli con capofamiglia over 65 pari a 215.691 euro. 

Figura 3 – Reddito medio equivalente per caratteristiche del capofamiglia (1987-2020)

Figura 3 – Reddito medio equivalente per caratteristiche del capofamiglia (1987-2020)

Fonte: Quaderno di Approfondimento Itinerari Previdenziali “Silver Economy, la grande economia del prossimo decennio”

Ampliando ulteriormente lo sguardo, a partire dai dati MEF e Banca di Italia, Itinerari Previdenziali stima il patrimonio medio dei soli over 65 in 297mila euro che, moltiplicati per 14,051 milioni di soggetti interessati, portano il totale della loro ricchezza a 4.173,14 miliardi di euro, di cui 1.543,3 miliardi di euro rappresentati dal patrimonio mobiliare e 2.629,34 miliardi da quello immobiliare. Stimabile invece in circa 303mila euro il patrimonio medio (mobiliare e immobiliare) delle persone tra i 55 e i 64 anni di età. Non casualmente, del resto, i Silver italiani sono anche la fascia di popolazione più investita nell’immobiliare: l’86,7% degli over 65 vive in case di proprietà e il 27,3% ha uno o più immobili oltre alla prima casa, percentuale più elevata di tutti gli altri raggruppamenti anagrafici, tra cui spicca comunque anche la fascia 55-64. In questo caso, l’80,1% dei soggetti possiede una casa di proprietà e il 25,5% almeno un altro immobile.


Lo spendibile dei Silver e le opportunità per economia e occupazione

Nel complesso, il Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali ipotizza un valore di 288,7 miliardi per lo spendibile netto annuo dei Silver italiani, valore (al netto di contributi e imposte) comprendente anche i proventi da patrimonio mobiliare e immobiliare o partecipazioni, e che ne rappresenta una valutazione oltretutto prudenziale in quanto non tiene conto dei redditi percepiti dai 705mila ultra 65enni che lavorano e/o hanno redditi diversi da quelli da pensione (ad esempio, i redditi da capitale). «Si tratta insomma di una patrimonializzazione importante, che, nei prossimi 20/25 anni, verrà in parte destinata ad ampliare i volumi dei consumi dei Silver e in altra parte trasferita a figli o parenti oggi over 40, incrementando ulteriormente il valore complessivo dell’economia d’argento italiana – ha spiegato Alberto Brambilla, nel ricordare che – i Silver hanno in linea di massima una posizione familiare ed economica ormai consolidata e si trovano quindi nella maggior parte dei casi in una fase di decumulo, che li porta a “investire” quasi tutti i loro redditi in consumi o sostegni ai familiari. Anzi, sono più propensi  ad acquistare o usufruire di beni e servizi riguardanti non solo la cura della persona e della salute (assistenza, farmaci e altre spese sanitarie) e rientranti quindi nell’alveo della cosiddetta white economy, ma anche l’ambito ricreativo (intrattenimento, spese per viaggi, turismo, tempo libero). Dati che ribadiscono con forza come vada superata un’immagine fin troppo stereotipata degli “anziani” dediti ai soli servizi socio-sanitari. 

Tutte ragioni per le quali, come rilevato dallo studio realizzato con il patrocinio di ASviS - Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile e FUTURAnetwork, la maggiore longevità della nostra popolazione si tradurrà nel fiorire di nuove attività dal grosso potenziale economico-finanziario, a patto che tutti i soggetti coinvolti sappiano capire come trarre giovamento dalla transizione demografica in atto grazie al “petrolio” rappresentato dalle persone Silver. Fondamentale dunque intercettare le peculiarità specifiche del segmento, trasformandole in un’offerta mirata che favorisca l’invecchiamento attivo e la massima partecipazione sociale di questa fetta della popolazione.  D’altro canto, l’economia d’argento ha già oggi importanti ricadute sull’occupazione, destinate ad accrescersi in futuro: secondo il Quaderno, la Silver Economy genera un’occupazione pari a circa 4,6 milioni di lavoratori, ricomprendendo badanti regolari e irregolari, personale delle RSA, personale medico e fornitori di beni e servizi acquistati dai Silver, «e il dato salirebbe addirittura a 5,46 milioni di occupati se si calcolasse l’occupazione secondo la metodica applicata dalla Commissione europea o, ancora, a 10,84 milioni ampliando, sempre con la metrica europea, la platea anche agli over 50 », puntualizza Brambilla. 

Coinvolti in particolar modo l’industria per l’abitare, i settori dei servizi e del commercio, il mondo del risparmio gestito, delle SGR e delle banche, chiamato a costruire prodotti di investimento ad hoc, e il comparto assicurativo per soddisfare il più rilevante dei bisogni, vale a dire quello di avere una aspettativa di vita il più a lungo possibile in buona salute. Sia attraverso strumenti già noti, come le polizze Long Term Care, sia tramite servizi ancora da ampliare o esplorare, come la telemedicina, la “presa in carico” del Silver e il monitoraggio delle problematiche socio-sanitarie delle persone più sole o bisognose di assistenza, ad esempio con call center attivi h24, che già si sarebbero potuti rivelare strategici nel corso dell’emergenza SARS-CoV-2. 


I molti volti della Silver Economy 

Anzi, proprio la multidimensionalità rappresenta per il Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali la principale prerogativa dell’economia d’argento. In merito, lo studio pone l’accento sulle diverse forze che operano nella Silver Economy. Quella pubblica, che ne rappresenta la “dorsale” con una spesa per pensioni pari nel 2021 a 278,5 miliardi e una spesa sanitaria di circa 127,834 miliardi di euro (destinata verosimilmente ad aumentare sotto la spinta dell’invecchiamento della popolazione), e quella del mercato  destinato a raccogliere le istanze che il welfare pubblico non riesce a soddisfare (33,78 miliardi la spesa privata sostenuta per la sola non autosufficienza e oltre 40 miliardi l’ammontare di quella out of pocket, sostenuta cioè  dai cittadini per pagare di tasca propria visite o altre prestazioni), passando poi per la “sfera sociale”, intesa come l’insieme delle attività che i singoli o associati tra loro possono mettere in campo per migliorare la qualità della vita delle loro comunità. Da considerare poi anche la varietà dei settori coinvolti nell’offerta di prodotti e servizi taylorizzati dedicati ai Silver italiani, le cui abitudini di consumo raccontano già oggi di una fascia di popolazione che più delle altre spende soprattutto per la propria casa (mobili e servizi ma anche utenze come acqua, elettricità e gas), per prodotti alimentari e per attività di prevenzione e cura della propria salute. Domotica, nutraceutica, mobilità sostenibile e servizi alla persona i settori di riflesso individuati, in chiave prospettica, come quelli passibili di maggior innovazione ed espansione nel prossimo futuro. 

«In uno scenario che vede gli ultra65enni in forte aumento nei prossimi 20-30 anni, il sistema – ha concluso Alberto Brambilla – ci si sta rendendo conto del potenziale di questa platea, finora dipinta esclusivamente come fragile e onerosa per lo Stato». Secondo il Presidente del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, la nuova fase economica non deve però distrarre i governi, e in primis quello italiano, anche dagli altri effetti “collaterali” dei trend in corso, a cominciare da un cambiamento permanente nella strutturazione per età della popolazione e nella composizione delle famiglie. O, ancora, dalla necessità (e qui siamo già in forte ritardo) di agire sul mercato del lavoro con misure e interventi, dalla riorganizzazione di postazioni e orari alla strutturazione di programmi di formazione continua, che favoriscano la permanenza dei lavoratori senior. «Quando piove occorre aprire l’ombrello ed è quindi il momento – per il Professor Brambilla – di ripararsi e trovare soluzioni di buona vita anche in una società “più vecchia”, che crescerà di meno, sarà meno stressata e meno consumistica ma, probabilmente, anche più umana. Un rallentamento che potrebbe insomma tradursi in una decrescita eticamente felice, capace di rendere la transizione demografica un’enorme opportunità anche dal punto di vista sociale». 

Mara Guarino, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali 

27/6/2023

 
 

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