Biodiversità e finanza: perché l'equilibrio degli ecosistemi determina il benessere economico

La biodiversità è un tema di crescente importanza per il settore finanziario: anche gli investitori istituzionali sono dunque ormai chiamati a riconoscere il concetto di doppia materialità e a tenerne conto nelle proprie scelte di investimento 

a cura di Pictet Asset Management

La biodiversità sta rapidamente emergendo come un argomento centrale nel dibattito economico e finanziario globale. Ma perché è così cruciale per gli investitori istituzionali e quali sono le implicazioni per il settore finanziario? Il World Economic Forum (WEF) ha stabilito che circa il 50% del PIL mondiale dipende direttamente dalla natura e dalla biodiversità, ma si può sostenere che in realtà il 100% del PIL dipende dai servizi ecosistemici forniti da un ambiente naturale sano. Gli ecosistemi forniscono materie prime, regolano le condizioni ambientali, supportano i cicli nutrienti e la formazione del suolo, offrono servizi culturali e ricreativi, contribuiscono alla salute e al benessere umano e mitigano i rischi naturali. Pertanto, sebbene solo una parte del PIL possa essere direttamente attribuita alla natura e alla biodiversità, la totalità delle attività economiche dipende in ultima analisi dai servizi generati in un ambiente naturale sano e funzionante. Come ben riassunto da Albert Einstein, “Look deep into nature, and then you will understand everything better".

 

Quantificare l’importanza della biodiversità

La biodiversità rappresenta la varietà di vita sulla Terra, dai microorganismi alle piante e agli animali. Questa diversità è fondamentale non solo per l'equilibrio degli ecosistemi, ma anche per la nostra sopravvivenza e il benessere economico. Ad esempio, l'impollinazione naturale, un servizio ecosistemico critico fornito da api e altri insetti, è essenziale per la produzione agricola. Senza di essa, molte colture non potrebbero esistere, mettendo a rischio la sicurezza alimentare globale.  La perdita di biodiversità minaccia la disponibilità di servizi ecosistemici che giovano all'economia, come l'impollinazione animale delle colture alimentari, il trattamento naturale delle acque e il suolo fertile. Sebbene le conseguenze economiche della perdita di biodiversità possano essere gravi, quantificarle rimane complesso. Varie stime, sebbene soggette a incertezza, indicano che il valore economico dei servizi ecosistemici è significativo (Johnson et al., 2021). 

Il valore annuale dei servizi ecosistemici nel 1995 ammontava a 33 trilioni di dollari USA, considerando che il PIL globale all'epoca era di circa 35 trilioni di dollari USA (Costanza et al., 1997). Un aggiornamento successivo ha rilevato che il valore annuale dei servizi ecosistemici nel 2007 ammontava a 125 trilioni di dollari USA, ovvero circa 1,5 volte il PIL globale (Costanza et al., 2014). Ancora, uno studio più recente del WEF indica che più della metà del PIL totale mondiale è moderatamente o altamente dipendente dalla natura e dai suoi servizi, esponendolo ai rischi derivanti dalla perdita di biodiversità (Herweijer et al., 2020). In particolare, le industrie altamente dipendenti dalla natura contribuiscono al 15% del PIL globale, mentre quelle moderatamente dipendenti pesano per il 37%. Vengono incluse tra le industrie altamente dipendenti quelle che estraggono direttamente le risorse o si affidano ai servizi ecosistemici quali acqua pulita, terreni sani, impollinazione e un clima stabile. Se la capacità della natura di fornire questi servizi diminuisse, questi settori potrebbero subire perdite significative e impattare sulle catene di fornitura di altri settori che non dipendono direttamente dai servizi ecosistemici.

 

 

I rischi finanziari

Perché dunque la biodiversità è rilevante per gli investitori?  La risposta risiede nella "doppia materialità", un concetto che evidenzia come le attività aziendali possano danneggiare la biodiversità ma, di contro, anche come la perdita di biodiversità influisca sulle aziende. I rischi finanziari legati alla biodiversità si dividono in due categorie principali: rischi fisici e rischi di transizione. I rischi fisici derivano dal degrado degli ecosistemi, che può compromettere la stabilità operativa e finanziaria delle imprese. Ad esempio, la scarsità d'acqua può influenzare la produzione agricola, mentre la deforestazione può aumentare episodi di inondazioni e frane. I rischi di transizione, invece, emergono dalle innovazioni tecnologiche, dai cambiamenti nei modelli di business e dalle preferenze di consumatori e investitori. Le aziende, infatti, potrebbero essere costrette ad adattarsi, con il rischio di obsolescenza di alcuni modelli di business e un aumento dei costi per rimanere competitive.

Attualmente, la valutazione degli impatti e delle dipendenze della biodiversità è ancora in una fase embrionale. La mancanza di dati necessari per condurre un’analisi quantitativa a livello aziendale, così come l’assenza di requisiti normativi di divulgazione, rappresentano ostacoli significativi. A oggi, le divulgazioni ambientali aziendali si concentrano principalmente sulle emissioni di gas serra, mentre metriche quali uso dell'acqua e rifiuti tendono a considerare (e quantificare) solo gli impatti diretti. Per dimostrare e far emergere gli impatti della biodiversità in ambito economico e finanziario, abbiamo effettuato uno studio dedicato all’analisi della “doppia materialità” che coinvolge ecosistemi e aziende, evidenziando come una simile analisi possa essere utilizzata dalle istituzioni finanziarie e dagli investitori istituzionali. Nella nostra ricerca “Biodiversity impact assessment for finance”(Viktoras Kulionis, Stephan Pfister, Jeanne Fernandez), abbiamo preso come riferimento l’indice MSCI ACWI, che traccia la performance del mercato azionario globale, raggruppando circa 3000 aziende di grandi e medie dimensioni, presenti rispettivamente in 23 Paesi sviluppati e 24 emergenti. I risultati hanno evidenziato l’importanza dell’impatto geografico e dimostrano come la maggior parte dell'impatto sulla biodiversità sia causato dal continente americano, seguito subito dopo dall'Asia, nonostante la scarsa rappresentanza di quest’ultima all’interno dell'indice (6%). L'Europa, invece, è responsabile di un minor impatto. Questi risultati sottolineano la necessità di monitorare la localizzazione della filiera produttiva e i collegamenti della supply chain globale in quanto i prodotti venduti in un Paese potrebbero avere impatti significativi sulla biodiversità in altre aree del pianeta a causa dell'approvvigionamento di specifici input di produzione.

In secondo luogo, i risultati della nostra analisi identificano quelli che sono i principali determinanti dell'impatto: utilizzo del suolo, stress idrico e cambiamenti climatici. Sebbene la maggior parte dell'impatto sia localizzata in pochi settori, le caratteristiche distinte di quest’ultimi richiedono approcci di mitigazione specifici per area. In particolare, l'agricoltura emerge come il settore con il maggiore impatto, seguito da quello manifatturiero, a causa della presenza di processi intensivi e relativo utilizzo delle risorse, oltre all'inquinamento associato. Dall’altra, però, lo sfruttamento dei terreni a scopo agricolo si è notevolmente ridotto negli ultimi decenni, favorendo la ricostituzione dell’habitat naturale di alcuni animali; a questo si è aggiunto il lavoro di alcune associazioni volte alla conservazione della fauna e all’aumento della biodiversità con il reintegro dei processi naturali. In Europa, ad esempio, è avvenuto il ripopolamento di alcune specie animali, quali il bisonte, il tasso, il castoro e il cervo, grazie all’interruzione delle attività che ne causavano la possibile estinzione. Infine, i risultati della doppia materialità mostrano sia l'influenza che le aziende hanno sulla biodiversità sia gli effetti reciproci. È possibile affermare che le aziende che trascurano questi impatti potrebbero andare incontro a battute d'arresto finanziarie, il che rende i rischi finanziari derivanti dalla perdita di biodiversità una preoccupazione reale e cruciale per gli investitori.

Figura 1 -  Impatto delle aziende sulla biodiversità 

Figura 1 - Impatto delle aziende sulla biodiversità

Fonte: Biodiversity impact assessment for finance (2024)

 

Le aree di intervento per gli investitori istituzionali

Quest’analisi conferma quanto la protezione della biodiversità sia essenziale per garantire la sostenibilità economica a lungo termine. Tuttavia, è importante notare che una “alta materialità” non implica necessariamente l’esclusione di determinate aziende in un portafoglio di investimento, così come una “bassa materialità” da sola non renda una società maggiormente attrattiva. Una volta identificati, questi rischi possono infatti essere gestiti e analizzati: non si tratta tanto di mitigare i rischi connessi agli impatti ecologici, quanto di avviare un dialogo (quale può essere un’attività di engagement) con le aziende interessate al fine di ottenere un impatto positivo sulla biodiversità. 

Quali possono essere dunque le possibili aree di intervento per gli investitori istituzionali internazionali?

Rafforzare l’investment case gestendo gli impatti e le dipendenze sulla biodiversità; 

- Fornire progetti a impatto sulla biodiversità tramite partnership con piattaforme di ripristino della natura;

- Ridurre i costi macroeconomici della perdita di biodiversità gestendo i rischi legati alla biodiversità nelle supply chain per i principali settori a valle;

- Considerare i rischi reputazionali e le preferenze dei consumatori, favorendo sempre più aziende che dimostrino una effettiva responsabilità ambientale;

- Condividere le best practice con aziende oggi meno virtuose.

In generale, l’approccio qui delineato offre una prospettiva ampia sui rischi legati alla biodiversità, sebbene non copra tutte le misure a oggi implementate dalle aziende per affrontare queste problematiche. Inoltre, alcuni fattori noti per avere un impatto sulla biodiversità, come le specie aliene invasive, non sono inclusi nelle valutazioni attuali. In conclusione, possiamo però affermare che, attualmente, la biodiversità è un tema di crescente importanza per il settore finanziario. Gli investitori istituzionali sono ormai chiamati a riconoscere il concetto di doppia materialità e prendere atto dell’importanza di integrare le considerazioni sulla biodiversità nelle loro strategie di investimento. Solo così potremo sperare di proteggere la nostra "casa comune" e garantire un futuro sostenibile per le generazioni a venire.

Marco Ghilotti, Senior Manager Institutional Clients Pictet Asset Management

Viktoras Kulionis, Senior Environmental Economist & portfolio manager 
Pictet Asset Management 

Alessandro Sella, Research analyst thematic equities Pictet Asset Management 

5/11/2024 


Le informazioni, opinioni e stime contenute nel presente documento riflettono un’opinione espressa alla data originale di pubblicazione e sono soggette a rischi e incertezze che potrebbero far sì che i risultati reali differiscano in maniera sostanziale da quelli qui presentati.

 

 
 
 

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