Fondi pensione negoziali: come si è evoluta la gestione degli investimenti

A 17 anni dall'entrata in vigore del D. lgs. 252/2005, considerato il testo di riforma della previdenza complementare, come si è evoluta la gestione degli investimenti dei fondi pensione negoziali? L'analisi aggregata tratta dal Report Itinerari Previdenziali

Michaela Camilleri

17 anni dall’avvio della riforma della previdenza complementare con l’entrata in vigore, l'1 gennaio 2007, del D. lgs. 252/2005. 10 anni dalla definizione dei criteri e dei limiti di investimento così come previsto nel D.M. 166/2014, il Regolamento di attuazione dell’art. 6, comma 5-bis del della 252. Come si sono evolute in questi anni le modalità di gestione e gli investimenti dei fondi pensione negoziali? In attesa del quadro aggregato completo, alcune anticipazioni tratte dall’Undicesimo Report Annuale sugli investitori istituzionali curato dal Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali consentono di verificare com’è cambiata nel tempo la composizione di portafoglio di questa specifica forma di previdenza complementare. 

A fine 2023 il settore dei fondi pensione negoziali conta 33 soggetti, numero invariato dal 2018. Guardando alla serie storica, il picco di realtà esistenti è stato raggiunto nel 2002 con 44 fondi e, a eccezione dell’importante incremento da 33 a 42 fondi del biennio 1999/2000, la forbice numerica è stata più o meno costante negli anni. In termini di iscritti, il sistema raccoglie circa 4 milioni di soggetti. Il numero di aderenti nel 2006 era già quasi raddoppiato rispetto al 1999 (1,2 milioni contro 700mila); nel 2007 si è registrato un ulteriore notevole aumento dovuto all’entrata in vigore del D.lgs. 252/2005 e all’avvio del meccanismo di iscrizione tramite conferimento per silenzio assenso del TFR. Da allora, il numero degli iscritti è più o meno rimasto tale, fino ai primi mesi del 2015 quando si è registrato un ulteriore incremento per l’introduzione del meccanismo di adesione contrattuale da parte di alcuni fondi pensione.

Dal punto di vista patrimoniale, negli ultimi 25 anni le risorse gestite dai fondi pensione negoziali sono aumentate dai 544 milioni di euro del 1999 agli oltre 67 miliardi del 2023. Rispetto al 2007, l’attivo netto destinato alle prestazioni si è quasi sestuplicato, registrando una crescita media del 13% su base annua. La crescita è risultata costante nel tempo con l’unica eccezione del 2022, anno in cui il patrimonio si è ridotto del 6,46% a causa principalmente degli effetti dell’andamento negativo dei mercati finanziari. Nel 2023 l’ANDP è tornato a crescere attestandosi a 67,875 miliardi di euro, con un incremento di 6,77 miliardi rispetto ai 61,100 miliardi del 2022 (+11% sull’anno precedente) determinato prevalentemente dalla ripresa dei mercati. 

Figura 1 – L’evoluzione del patrimonio dei fondi negoziali (dati in milioni di euro)

Figura 1 – L’evoluzione del patrimonio dei fondi negoziali (dati in milioni di euro)

Fonte: Report Itinerari Previdenziali

In linea con le citate disposizioni di legge, la gestione è quasi totalmente esternalizzata a soggetti professionali. Guardando alla ripartizione per asset class degli investimenti in gestione negli ultimi 7 anni, si evidenzia come la quota più rilevante continui a essere costituita dai titoli di debito, pari al 57%, in aumento rispetto al 55% del 2022, prevalentemente per effetto della crescita della componente in titoli di Stato esteri, per il secondo anno consecutivo in controtendenza rispetto agli anni precedenti (54% nel 2021, 57% nel 2020, 60,5% nel 2019, 62% nel 2018); in dettaglio, i titoli di Stato rappresentano il 38,7% delle risorse in gestione (era il 36,6% nel 2022, il 33,6% nel 2021, il 36% nel 2020, il 42% nel 2019 e il 44,53% nel 2018), di cui il 31% emessi da Stati esteri e il restante 7,8% italiani (in costante calo negli ultimi anni di osservazione, per un valore di circa 5,6 miliardi di euro) mentre le obbligazioni corporate ammontano al 18,4%, stabili rispetto allo scorso anno, di cui il 17,2% di aziende estere. Aumenta la quota investita in titoli di capitale mentre rimane sostanzialmente stabile la quota di OICR, rispettivamente pari al 22,4% e all’8,8%. Calano, invece, gli investimenti monetari dal 7,4% al 4,18%.

Figura 2 – La composizione delle risorse in gestione dei fondi negoziali dal 2017 al 2023

Figura 2 – La composizione delle risorse in gestione dei fondi negoziali dal 2017 al 2023

Fonte: Report Itinerari Previdenziali

A differenza di quanto avviene per le Casse di Previdenza, è utile evidenziare, come nella composizione delle attività investite non si riscontri un’ampia variabilità tra i diversi fondi in quanto le politiche di investimento tendono a essere tra di loro più omogenee poiché, a livello di comparto, rispecchiano l’orientamento prevalente verso una o più classi di attività così come stabilito nelle convenzioni e nei regolamenti, coerentemente con la specifica normativa di settore, e spesso sono collegate a un benchmark di riferimento. 

Negli ultimi anni si è, tuttavia, ampliata la cosiddetta “gestione diretta” di una quota del patrimonio sfruttando la possibilità prevista dall’articolo 6 del D. Lgs. 252/2005, sottoscrivendo o acquistando direttamente quote o azioni di società immobiliari, ovvero quote di fondi comuni di investimento mobiliare o immobiliare chiusi. Nel 2023 gli investimenti diretti ammontano nel complesso a circa 550 milioni di euro (380 nel 2022 e 300 nel 2021), con peso sul totale dell’attivo netto destinato alle prestazioni pari allo 0,8%. Si tratta principalmente della sottoscrizione diretta di quote di fondi d’investimento alternativi: i fondi infrastrutturali rappresentano il 38% dell’esposizione complessiva, seguiti dai fondi di private debt (circa il 27%), dai fondi di private equity (18%) e per la restante parte da fondi a impatto sociale, nella cui definizione rientrano in questo caso specifico fondi di social housing (circa il 15%, in netto aumento rispetto al 6% del 2022). Dei 550 milioni di investimenti diretti, circa 100 milioni fanno riferimento ai fondi di fondi di private debtprivate equity e infrastrutture gestiti da Fondo Italiano d’Investimento SGR e da CDP Real Asset SGR nell’ambito del Progetto Economia Reale, l’iniziativa promossa da Assofondipensione e Cassa Depositi e Prestiti.

L’esposizione ai mercati privati si è incrementata nel tempo anche per effetto dei conferimenti di specifici mandati. A fine 2023 risultano in essere 26 convenzioni di gestione in fondi di investimento alternativi (erano 17 lo scorso anno), sottoscritti da 11 fondi pensione negoziali (Alifond, Byblos, Foncer, Fondenergia, Fondo Gomma Plastica, Fondoposte, Fopen, Pegaso, Previmoda, Quadri e Capi Fiat e Telemaco) per circa 900 milioni di euro. Di questi 26 mandati “alternativi”, 17 si riferiscono a iniziative comuni: dei 9 mandati relativi all’asset class del private equity, 6 sono stati sottoscritti nell’ambito del Progetto Iride; dei 7 mandati che riguardano fondi di private debt, 5 rientrano nel Progetto Zefiro; i 6 mandati infrastrutturali si riferiscono tutti al Progetto Vesta, mentre i restanti 4 mandati sono multi-asset nel settore del private equity e del private debt affidati da singoli fondi. 

Michaela Camilleri, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali

15/7/2024 

 
 

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