Gli investimenti delle Casse di Previdenza: che storia!

Atteso da quasi 13 anni, il "Decreto Investimenti" non ha ancora visto la luce benché l'ultima Legge di Bilancio ne fissasse l'emanazione entro il 30 giugno scorso: in assenza di una disciplina omogenea, come si è evoluta nel tempo l'allocazione di portafoglio delle Casse di Previdenza? L'analisi aggregata tratta dal Report Itinerari Previdenziali

Michaela Camilleri

Da quasi 13 anni le Casse di Previdenza attendono una disciplina omogena in materia di investimenti. Riprendendo quanto già disposto dall'art.14 comma 3 del Decreto Legge 6 luglio 2011 n. 98, convertito dalla Legge 15 luglio 2011 n. 111,  la Legge di Bilancio 2023 ha infatti previsto l’elaborazione – da parte del MEF, di concerto con il Ministero del Lavoro e sentita la COVIP – di un decreto contente norme di indirizzo in materia di investimento delle risorse finanziarie, di conflitti di interessi e di depositario (oltre che di informazione nei confronti degli iscritti nonché sugli obblighi relativamente alla governance degli investimenti e alla gestione del rischio). Viene, inoltre, stabilito che, entro sei mesi dall’adozione di dette norme, le Casse di Previdenza definiscano appositi regolamenti interni da sottoporre all’approvazione dei Ministeri vigilanti. Nonostante il termine per l’emanazione ministeriale fosse fissato per il 30 giugno 2023, il decreto attuativo non ha ancora visto la luce

In assenza di una disciplina omogena in materia di investimenti, tutte le Casse di Previdenza si sono dotate di una propria regolamentazione (anche l’ONAOSI, che ha finalità esclusivamente assistenziali, ha definito linee guida per la gestione del patrimonio mobiliare). Come si sono, dunque, evoluti gli investimenti degli enti previdenziali di primo pilastro in questi anni di operatività? Il Report Annuale sugli investitori istituzionali curato dal Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali consente di verificare com’è cambiata nel tempo la composizione dei loro portafogli. 

Nel periodo compreso tra il 2007 e il 2022, ultimo anno per cui si dispone del dato aggregato, la dimensione del settore è quasi triplicata: il totale attivo a valori di bilancio è infatti passato da 36,7 miliardi di euro a oltre 100 miliardi (+168%). La modalità di gestione prevalente è quella diretta, con un peso sul totale attivo in progressivo aumento, dal 77% del 2017 all’83% del 2022; la restante quota del patrimonio viene affidata a società di gestione tramite specifico mandato. Negli anni si è riscontrata una tendenza sempre più diffusa a ridurre il peso dei mandati, ricorrendo anche a una modalità “ibrida” di gestione, ovvero la costituzione di fondi o veicoli dedicati per la gestione sia della componente immobiliare sia della parte liquida del portafoglio (generalmente SICAV-SIF di diritto lussemburghese). 

Figura 1 – L’evoluzione del patrimonio delle Casse di Previdenza dal 2007 a oggi (dati in miliardi di euro)

Figura 1 – L’evoluzione del patrimonio delle Casse di Previdenza dal 2007 a oggi (dati in miliardi di euro)

Fonte: Decimo Report Itinerari Previdenziali

Guardando alla ripartizione per asset class degli investimenti diretti, si nota come circa il 60% del totale sia investito in strumenti del risparmio gestito (OICR tradizionali, FIA, ETF, ecc.), con un aumento costante soprattutto dei fondi comuni tradizionali (dal 24,6% del 2017 al 35% del 2021), che vedono un lieve calo nel 2022, e uno speculare incremento dei fondi alternativi (pari al 25% del totale investito). Proseguendo nel confronto con gli anni precedenti, si riscontra poi un calo progressivo degli immobili detenuti direttamente, che sono stati via via fatti confluire in fondi d’investimento dedicati, e dei titoli di debito, soprattutto titoli di Stato, con l'eccezione dell’ultimo anno che ha visto un aumento significativo del relativo peso (11,1%), in particolare per la componente domestica, grazie a un ritorno di redditività di questa asset class

Figura 2 – La ripartizione per asset class dell’attivo gestito direttamente

Figura 2 – La ripartizione per asset class dell’attivo gestito direttamente

Fonte: Decimo Report Itinerari Previdenziali

In merito ai fondi alternativi, il peso della componente immobiliare rimane ancora preponderante ma registra anche per il 2022 un’importante riduzione: negli ultimi 6 anni la quota si è ridotta dall’86% del totale investito in FIA al 63,5%. Al contrario, seguendo una logica di diversificazione crescente, sono aumentate le esposizioni in altre asset class: il peso del private equity è raddoppiato, passando dal 6,4% del 2017 al 12,8% del 2022, seguito dal settore delle infrastrutture che ha registrato un incremento particolarmente significativo (1,8% nel 2017 contro il 7,3% del 2022); il private debt è cresciuto dall’1,3% al 6,4%, seguito dal venture capital arrivato allo 0,8%.

Figura 3 – L’evoluzione dell’esposizione in FIA per singola asset class

Figura 3 – L’evoluzione dell’esposizione in FIA per singola asset class

Fonte: Decimo Report Itinerari Previdenziali

È utile evidenziare, tuttavia, come nella composizione delle attività investite, al netto della componente “altre attività”, sussista un’ampia variabilità tra le diverse Casse di Previdenza, a differenza di quanto avviene, ad esempio, per i fondi pensione le cui politiche di investimento tendono a essere tra di loro più omogenee poiché, a livello di comparto, rispecchiano l’orientamento prevalente verso una o più classi di attività così come stabilito nelle convenzioni e nei regolamenti, coerentemente con la specifica normativa di settore, e spesso sono collegate a un benchmark di riferimento. Peraltro, l’ampia eterogeneità nella composizione degli investimenti delle singole Casse dipende anche dalla categoria di appartenenza individuata dalla normativa: per “gli enti 509” la componente immobiliare si attesta su livelli più elevati a causa dei vincoli storici di destinazione immobiliare di una quota del patrimonio.

Michaela Camilleri, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali

18/6/2024 

 
 

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