Fondi pensione negoziali e preesistenti di fronte alla sfida ESG

Tra consolidamento delle strategie sostenibili e margini di evoluzione, cosa raccontano i dati della settima edizione dell'indagine Itinerari Previdenziali? Un confronto tra le politiche ESG adottate da fondi pensione preesistenti e negoziali 

Francesco Scinetti

La settima edizione dell’indagine campionaria sulle strategie di sostenibilità e integrazione dei criteri ESG, contenuta nel Quaderno di Approfondimento Itinerari Previdenziali dedicato agli investitori istituzionali italiani, analizza le risposte di 131 enti che hanno partecipato al questionario (erano 128 nel 2024 e 54 nel 2019, a conferma di un trend di partecipazione in costante crescita). L’indagine prende in esame le politiche di investimento di 22 fondi pensione preesistenti e 30 fondi pensione negoziali, entrambi in lieve aumento rispetto all’edizione precedente (+1 ciascuno).

Nel dettaglio, i fondi preesistenti coinvolti nell’indagine gestiscono un attivo netto destinato alle prestazioni (ANDP) pari a 53,4 miliardi di euro, corrispondente al 79,5% dell’ANDP complessivo di questa categoria. I fondi pensione negoziali rappresentano invece circa il 98,2% dell’ANDP totale di riferimento per un totale di 66,7 miliardi di euro, offrendo così una rappresentazione pressoché completa di questa categoria nel panorama italiano, con la sola eccezione di tre fondi negoziali attualmente non partecipanti all’indagine.

 

Le politiche di investimento SRI di fondi negoziali e preesistenti 

L’ultima indagine del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali segnala un arretramento nell’adozione di politiche SRI da parte dei fondi pensione preesistenti. Attualmente, solo il 45% dei fondi preesistenti intervistati, pari a 10 su 22, dichiara di adottare formalmente criteri di investimento sostenibile, un dato in lieve flessione rispetto al 48% del 2024 e ben al di sotto del 63% registrato nel 2023. La diminuzione è ancor più marcata se si guarda alla discussione del tema in sede di Consiglio di Amministrazione: la quota di fondi che ha almeno affrontato la questione è scesa al 72%, con un calo di 19 punti percentuali rispetto all’anno precedente. Particolarmente significativo è anche il crollo delle intenzioni future: appena il 36% dei fondi prevede di adottare una politica SRI, contro il 73% del biennio 2023-2024. Inoltre, per la prima volta in sette anni, emerge un certo scetticismo sull’efficacia finanziaria di queste strategie: il 9% dei rispondenti dubita che gli investimenti SRI possano generare rendimenti superiori, mentre cresce di 10 punti la percentuale di chi non ha mai discusso l’argomento all’interno del CdA. Questa inversione di tendenza potrebbe essere riconducibile a due motivazioni principali: da un lato, il ricambio nel campione analizzato; dall’altro, un cambiamento diffuso nel sentiment che, a partire dall’inizio del 2024, potrebbe aver raffreddato l’interesse degli investitori istituzionali nel dotarsi in maniera ufficiale di politiche di investimento sostenibili.

Di segno opposto l’andamento tra i fondi pensione negoziali: la percentuale di chi dichiara di aver implementato una politica SRI è cresciuta sensibilmente, passando dal 48% del 2024 al 57% nel 2025, corrispondente a 17 fondi negoziali su 30. A questa percentuale andrebbero verosimilmente aggiunti anche alcuni enti che, pur non avendo formalizzato una strategia SRI, investono comunque in strumenti sostenibili all’interno dei propri portafogli, come già emerso anche per altre tipologie di investitori istituzionali. Per quanto riguarda i 13 soggetti che attualmente non hanno ancora formalizzato una strategia sostenibile, il 62,5% dichiara l’intenzione di farlo nel prossimo futuro. Ulteriori elementi positivi emergono anche dal grado di applicazione delle politiche SRI sul patrimonio gestito: nel 63% dei casi le strategie sostenibili si estendono a una quota compresa tra il 75% e il 100% del portafoglio, mentre solo il 17% dei fondi ha adottato tali politiche da meno di un anno, segno di una crescente continuità e consolidamento nel tempo.

 

Le principali strategie SRI adottate dai fondi negoziali e preesistenti

Passando all’analisi delle strategie SRI effettivamente adottate nel 2025, le esclusioni si confermano la modalità più diffusa sia tra i fondi preesistenti sia tra i negoziali.Tuttavia, il dato evidenzia un andamento divergente tra le due categorie: per i fondi preesistenti l’incidenza di questa strategia è in calo, scendendo al 55% rispetto al 62% del 2024, mentre tra i negoziali si registra una modesta crescita di un punto percentuale, che porta la quota complessiva al 60%. Tra i fondi preesistenti, la seconda strategia più adottata è la best in class, scelta dal 27% dei rispondenti, seguita da engagement, convenzioni internazionali e investimenti tematici, tutte al 18% e in diminuzione costante dal 2023. L’impact investing si conferma, anche quest’anno, come la strategia meno praticata, in linea con quanto osservato nelle precedenti edizioni. 

Figura 1 – Le strategie SRI adottate dai fondi pensione preesistenti

Figura 1 – Le strategie SRI adottate dai fondi pensione preesistenti

Fonte: Quaderno di Approfondimento 2025 - “ESG e SRI, le politiche di investimento sostenibile degli investitori istituzionali italiani”

Per quanto riguarda le strategie intraprese dai fondi negoziali, al secondo posto si colloca l’engagement, adottato dal 37% dei rispondenti, seguito a pari merito dalle strategie best in class e convenzioni internazionali, entrambe al 33%. Infine, si registra invece un significativo calo dell’interesse per gli investimenti tematici, che scendono al 3% rispetto al 10% rilevato nel 2024. Questi risultati divergono nettamente rispetto alle scelte dell’intero panorama istituzionale: a livello aggregato, infatti, gli investimenti tematici sono scelti dal 28% della platea. Anche sul fronte engagement emergono differenze significative: mentre per i fondi pensione negoziali rappresentano la seconda strategia più perseguita, nella media istituzionale occupano solo il quarto posto al 31%.

Figura 2 – Le strategie SRI adottate dai fondi pensione negoziali

Figura 2 – Le strategie SRI adottate dai fondi pensione negoziali

Fonte: Quaderno di Approfondimento 2025 - “ESG e SRI, le politiche di investimento sostenibile degli investitori istituzionali italiani”

La differenza più marcata tra fondi preesistenti e fondi negoziali non riguarda tanto le strategie adottate, quanto piuttosto l’estensione dei criteri ESG rispetto al patrimonio complessivamente gestito. Nel 2025, infatti, la maggior parte dei fondi negoziali (76%) dichiara di estendere l’integrazione ESG all’intero patrimonio, evidenziando un notevole balzo in avanti rispetto al 31% rilevato nel 2024. Un risultato che supera nettamente anche la media dell’intero campione, attestata al 54% (in crescita rispetto al 24% dello scorso anno). Di segno opposto l’andamento tra i fondi preesistenti, dove la quota di chi applica i criteri ESG sull’intera dotazione patrimoniale scende ulteriormente, dal 29% del 2024 all’attuale 23%. Limitando l’analisi alle singole asset class,l’integrazione dei criteri ESG si conferma, per entrambe le tipologie di fondi, più diffusa nel comparto azionario e obbligazionario: tra i fondi negoziali, il 41% lo applica alle azioni e il 24% alle obbligazioni, mentre tra i preesistenti le percentuali risultano inferiori, rispettivamente pari al 23% e al 18%.

Queste divergenze tra fondi pensione negoziali e preesistenti emergono anche rispetto all’assegnazione di mandati di gestione con obiettivi di sostenibilità. Nel 2025, tutti i 28 fondi negoziali che hanno risposto a questa domanda hanno dichiarato di non aver assegnato mandati con finalità ESG, portando la percentuale di risposta negativa al 100%, in linea con il 93% registrato nel 2024. Il quadro appare invece leggermente diverso tra i fondi preesistenti, dove 4 enti su 20, pari al 20% e in leggero aumento rispetto al 14% del 2024, dichiarano di affidare mandati di gestione esplicitamente orientati alla sostenibilità.

 

I benefici percepiti delle strategie SRI nei fondi preesistenti e negoziali

L’indagine condotta sull’efficacia delle strategie di investimento sostenibile mostra come il principale vantaggio percepito resti, anche nel 2025, una maggiore diversificazione del rischio. Questa motivazione è indicata dal 27% dei fondi preesistenti e dal 41% dei negoziali, entrambi valori significativamente inferiori rispetto alla media complessiva del campione, pari al 70%. Subito dopo, tra i benefici più riconosciuti, si colloca il miglioramento della reputazione dell’ente: lo indica il 27% dei fondi preesistenti e il 26% dei negoziali, anche in questo caso distanti dalla media generale del 57%. Decisamente più contenuta, invece, la quota di chi associa l’integrazione dei criteri ESG a un incremento dei rendimenti finanziari: si tratta solo del 3% tra i preesistenti e del 6% tra i negoziali, in un trend in costante diminuzione rispetto al 2022. Nel campione totale, questa motivazione raggiunge il 10%, segnando il primo incremento in sette anni, seppur lieve, pari a 2 punti percentuali. Un dato che conferma sempre di più come, per la maggior parte degli investitori istituzionali, l’adozione di strategie sostenibili non sia principalmente orientata a ottenere performance superiori, quanto piuttosto a rispondere a logiche di gestione del rischio, reputazione e responsabilità sociale.

Francesco Scinetti, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali

3/6/2025

 
 

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