I costi di transizione ecologica e digitale: terre rare, metalli a doppio taglio

L'importanza di terre rare e materie prime critiche per lo sviluppo di rinnovabili, mobilità elettrica e tecnologie digitali le espone al paradosso: fondamentali per centrare l'obiettivo Net Zero, hanno processi produttivi dalle ricadute molto rischiose sul piano sociale, ambientale e geopolitico

Gianmaria Fragassi

La transizione ecologica e la transizione digitale non sono mai state così unite. Nei documenti pubblicati dalla Comunità europea a riguardo spesso, infatti, le due transizioni - che abbiamo imparato a conoscere bene - vengono appropriatamente definite “twin transition”, letteralmente transizione gemellare. Ma cosa unisce in maniera così indissolubile questi due cambiamenti epocali? La risposta va ricercata anche trattando il tema delle terre rare e delle materie prime critiche che, come vedremo ancora meglio in seguito, hanno già impatti importantissimi sulle nostre vite e ne avranno persino di più nel prossimo futuro. 

Letteratura e saggistica sul mondo della sostenibilità e della transizione digitale si stanno arricchendo, con sempre maggiore intensità, di importanti capitoli relativi alle cosiddette terre rare (Rare Earth Elements - REE); argomento molto poco noto ai più che, però, si sposa perfettamente con i temi relativi alla finanza green e alla rivoluzione tecnologica.

Le terre rare sono infatti alla base di tutte le tecnologie, dall’economia rinnovabile a quella militare e aerospaziale, dalla produzione di auto elettriche alla fibra ottica, passando per la produzione di smartphone, batterie, microchip e tantissimo altro…. Si tratta dunque di metalli con proprietà chimico-fisiche che li rendono essenziali per la manifattura di tecnologie fondamentali, trasversali a molti tipi di industria: volendo entrare nello specifico con qualche esempio, nel settore automotive servono per le batterie ricaricabili, vengono utilizzate poi per i magneti delle pale eoliche o, ancora, per la costruzione di motori elettrici. Si usano poi non solo per gli smartphone ma anche per TV e LCD e, in generale, in tutti i dispositivi tecnologici di ultima generazione. Per quanto riguarda la sicurezza e l’aeronautica, le terre rare vengono impiegate nel campo dell’aerospazio, della difesa ma sono di grande rilevanza anche nel settore medico e, infine, addirittura nel processo di raffinazione del petrolio.

Possiamo quindi affermare che, senza questi minerali, le nostre vite non sarebbero come le conosciamo, tanto che le terre rare saranno sempre più fondamentali e strategiche in chiave futura. 

 

Cosa sono le terre rare e perché sono importanti per gli investimenti sostenibili?

Le terre rare fanno parte della famiglia dei metalli preziosi e si differenziano in terre rare leggere, medie e pesanti. Tuttora la letteratura scientifica dibatte sulla relazione esistente tra le cosiddette terre rare e le materie prime critiche: alcuni studiosi le accomunano quasi fossero strettissime parenti, altri commentatori vedono delle affinità (ma anche elementi di distinzione), mentre altri ancora le differenziano in maniera netta. 

In effetti, terre rarematerie prime critiche (critical raw materials) - litio, cobalto, nichel, gallio, magnesio, grafite, tungsteno, platino, bauxite, anch’essi fondamentali per le tecnologie sostenibili - sono soggette a diversi ma interconnessi problemi di approvvigionamento, disponibilità e inquinamento. Per cominciare, le terre rare non sono in realtà così rare come la denominazione potrebbe far pensare; il nostro pianeta ne è ben nutrito, anche se non si trovano mai in alte concentrazioni: la loro rarità è dettata semmai dalla grande difficoltà nell’estrazione, in quanto sono generalmente mescolate tra loro o con elementi radioattivi e, per questo motivo, necessitano di processi di estrazione e raffinazione molto complessi che richiedono, per separare i singoli elementi, l’utilizzo di potenti solventi. Si tratta di processi dall'importante impatto ambientale, impatto che che può essere gestito e assorbito in Paesi attenti all’ambiente ma che può invece diventare causa primaria di inquinamento in quelli meno attenti (come, ad esempio, in Cina). E l'Italia? A causa di questa loro rarità e delle loro peculiarità, il Ministero delle Imprese e del Made in Italy ha avviato un tavolo di confronto nel gennaio 2021 per far fronte al problema della disponibilità di questi metalli e dell’inquinamento delle falde acquifere: iniziative come questa, in attesa di aggiornamenti, si riveleranno sicuramente utili nelle semplificazioni normative in attuazione e nella revisione dei piani strategici. 

Volendo scendere ancora più nello specifico, cosa sono esattamente le terre rare? Si tratta di 17 elementi chimici: scandio, ittrio e i 15 lantanoidi, ovvero - nell’ordine con cui compaiono sulla tavola periodica - lantanio, cerio, praseodimio, neodimio, promezio, samario, europio, gadolinio, terbio, disprosio, olmio, erbio, tulio, itterbio e lutezio. Elementi nel loro complesso molto ambiti dalle grandi potenze mondiali e causa di fortissime tensioni geopolitiche. Attualmente, la Cina è l’esportatore più importante al mondo: ne produce annualmente circa 200mila tonnellate e detiene direttamente circa il 37% delle riserve mondiali; seguono gli Stati Uniti con il 12%, il Myanmar con il 10,5% e l’Australia con il 10%. La posizione di vantaggio cinese è comunque estremamente rilevante: al momento, la Cina possiede la leadership mondiale in tutta la catena del valore delle terre rare e ne estrae il 63% del totale; la quota di mercato cinese sale all’85% nella fase della raffinazione.

Per dare una dimensione del fabbisogno di terre rare e materie prime critiche (figura 1), basti invece pensare che la Commissione europea stima che entro il 2050, per raggiungere gli obiettivi Net Zero, avremo bisogno di una quantità di litio di 57 volte superiore all'attuale da destinare alla componentistica dei veicoli elettrici; servirà aumentare di 5,5 volte disponibilità di terre rare per far funzionare le turbine eoliche e di 970 volte quella di platino e altri minerali del gruppo per sviluppare energia a idrogeno. Infine,  entro il 2040, avremo bisogno di una disponibilità di nickel di 15 volte superiore per costruire stoccaggi di energia pulita (batterie). 

Figura 1 - Fabbisogno di terre rare e materie prime critiche in Europa

Figura 1 - Fabbisogno di terre rare e materie prime critiche in Europa

Fonte: JRC Science for Policy Report Supply chain analysis and material demand forecast
in strategic technologies and sectors in the UE - A foresight study

 

Come si muove l’Europa? 

Come anticipato, i maggiori problemi riguardano dunque catene di approvvigionamento, sostenibilità ambientale e tensioni geopolitiche se è vero, come stima la Commissione europea che i Paesi dell’UE evidenziano una dipendenza dalle importazioni di materie prime critiche superiore all’80%, il che impone anche un ripensamento dei propri partner commerciali.

Dopo anni di "cecità" in materia di politica energetica, il 29 settembre del 2020  è stato lanciato l’European Raw Material Alliance (ERMA)allo scopo di garantire un approvvigionamento sostenibile di materie prime per la transizione verde.  Nel 2022 è poi arrivato il Chip Act europeo, la legge sui semiconduttori, un atto dovuto per la scarsa disponibilità di chip, aggravata in parte anche al conflitto russo-ucraino. La legge europea sui semiconduttori ha come obiettivi principali quelli di rafforzare la leadership europea nel campo della ricerca e della tecnologia, per ottenere chip più piccoli e più veloci, e di istituire un quadro per aumentare la capacità produttiva dal 9% al 20% del mercato globale entro il 2030. Per ottenere questi obiettivi sono stati stanziati in totale oltre 43 miliardi di euro di investimenti strategici, che saranno ulteriormente accompagnati da investimenti privati a lungo termine. La norma sulle terre rare, invece, è la risposta europea alla ricerca di una sovranità strategica in materia.

Il regolamento europeo sulle materie critiche (European Critical Raw Materials Act) è stato firmato a Bruxells il 16 marzo 2023: con questo regolamento, l’Unione punta a garantire un approvvigionamento sicuro e sostenibile di materie prime critiche per l’industria europea, a contrasto della dipendenza da vari Paesi terzi. Il regolamento stabilisce chiari parametri come la diversificazione dell'approvvigionamento dell'UE entro il 2030 di:

  • almeno il 10% del consumo annuo dell'UE per l'estrazione;
     
  • almeno il 40% del consumo annuo dell'UE per la trasformazione;
     
  • almeno il 15% del consumo annuo dell'UE per riciclaggio;
     
  • un massimo del 65% del consumo annuo dell'Unione di ciascuna materia prima strategica in qualsiasi fase pertinente della trasformazione può provenire da un unico Paese terzo.

La dipendenza dell’UE, unita alla crescente domanda mondiale imputabile al passaggio a un’economia digitale e verde, rende vulnerabili le catene di approvvigionamento. L’obiettivo è dunque “rafforzare le capacità dell’unione europea in questo settore lungo tutte le fasi della catena del valore, mirando ad aumentare la nostra resilienza riducendo le dipendenze, aumentando la preparazione e promuovendo la sostenibilità e la circolarità della catena di approvvigionamento”, così come affermato dalla Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen.

 

Finanza e terre rare: quale futuro? 

In sintesi, dunque, le terre rare (insieme ad alcune materie prime critiche) sono tanto insostituibili quanto – perlomeno in alcuni Paesi – inquinanti. Alcuni fondi di investimento e alcuni ETF si sono accorti della loro importanza da tempo.

Sul mercato non mancano ETF che investono già oggi in un paniere di titoli di società che generano la maggior parte dei loro profitti dalle terre rare o da metalli strategici come il cobalto, il cromo o il palladio. Allo stesso modo, alcuni fondi investono in azioni di società che si occupano di terre rare (che comprendono produttori di platino o di terre rare stesse). Sono certamente mercati molto volatili, soggetti a tensioni geopolitiche costanti, che non aiutano la stabilità dei Paesi in cui si trovano le miniere e, di conseguenza, gli investimenti negli stessi territori. Vista però l’importanza di questi elementi chimici per la transizione digitale, sarebbe auspicabile che gli investitori più lungimiranti - siano essi fondi di investimento o player istituzionali - si adoperassero per un loro utilizzo sempre più sostenibile, così da dare un importante slancio alla twin transition.

Gianmaria Fragassi, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali

11/4/2023

 
 
 

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