Il futuro della sostenibilità passa dalla trasparenza
Il futuro della finanza sostenibile dipende inevitabilmente da come regolatore e operatori sapranno affrontare la sfida della trasparenza: se fino a poco tempo fa i riflettori erano puntati sulla crescita dei volumi, ora l'attenzione si sta spostando sui rischi che possono derivare dal rapido sviluppo, uno su tutti il greenwashing. Quale la rotta tracciata dall'Europa e quali le iniziative del mercato per combattere questo pericolo?
30,7mila miliardi di dollari a livello globale (+34% rispetto al 2016), di cui 14 solo in Europa (pari al 46% del totale). È quanto valgono gli investimenti sostenibili secondo gli ultimi dati forniti dalla Global Sustainable Investment Alliance (Gsia). Ma se fino a poco tempo fa sotto analisi cera proprio la crescita del settore in termini di asset under management, ora lattenzione si sta via via spostando sui rischi che possono derivare da un così rapido sviluppo.
Il principale pericolo è il cosiddetto greenwashing, inteso in questo caso come il rischio che talune società di gestione si auto-dichiarino sostenibili attribuendo ai propri prodotti etichette verdi che, in realtà, non meritano. Il concetto del greenwashing è stato elaborato per la prima volta nel 1986 dallambientalista statunitense Jay Westerveld in risposta alle pratiche delle catene alberghiere che facevano leva sull'impatto ambientale del lavaggio della biancheria per invitare i clienti a ridurre lutilizzo di asciugamani, quando in realtà linvito muoveva da motivazioni di carattere prevalentemente economico; negli anni il significato dellespressione si è esteso largamente così da comprendere tutte le strategie di comunicazione aziendale finalizzate a offrire unimmagine positiva agli occhi del pubblico, incluse quelle delle società di gestione e dei relativi investimenti ESG.
Per contrastare questo fenomeno, a livello comunitario si sta lavorando molto sulla trasparenza e sulla misurabilità dei dati dichiarati. LUnione Europea sta infatti svolgendo un ruolo guida nellagenda mondiale delle politiche per la sostenibilità: a marzo 2018 è stato lanciato il Piano dAzione per finanziare la crescita sostenibile che individua dieci obiettivi specifici, tre dei quali (tassonomia, disclosure e benchmark) sono stati considerati dalla Commissione Europea prioritari nellottica, appunto, di una maggior chiarezza e trasparenza del sistema. A oggi, sono stati approvati due regolamenti, quello relativo al benchmark low-carbon e positive carbon impact che dovrà misurare limpronta ambientale degli investimenti e quello legato alla disclosure, intesa come la rendicontazione delle informazioni sui temi di sostenibilità ambientale, sociale e di governo; per quanto riguarda invece la classificazione delle attività eco-compatibili (la tassonomia), la proposta è stata approvata dal Consiglio ma la sua applicazione è rinviata al 2022, a conferma di quanto lattività definitoria sia complessa e ambiziosa. Nonostante la proposta della Commissione, così come più in generale lintero Action Plan, si concentri al momento sui temi ambientali e climatici, è emersa la consapevolezza dellimportanza al tema sociale nel processo di transizione dei flussi di capitale verso attività sostenibili.
In attesa di questi provvedimenti, di quali strumenti dispone linvestitore?
Un primo strumento utile a prevenire il rischio di incappare nel finto-sostenibile potrebbe essere lesistenza di una certificazione. Unesperienza significativa a livello europeo è rappresentata dallo European SRI Transparency Code, il codice di trasparenza per i fondi retail sostenibili di Eurosif. Inoltre, lUnione Europea sta studiando la possibilità di estendere gli ecolabel, ossia le certificazioni di sostenibilità ambientale dei beni di consumo, ai prodotti finanziari e assicurativi retail (per esempio, i fondi dinvestimento UCITS risulterebbero inclusi perché le loro quote sono vendibili anche a investitori retail).
A livello nazionale, poi, sono state avviate iniziative da parte di diverse organizzazioni (centri finanziari, associazioni di settore, organizzazioni specializzate in certificazioni di strumenti finanziari, etc.) che si basano su requisiti minimi in linea con gli standard riconosciuti a livello internazionale e che prevedono una verifica da parte di revisore indipendente. Come ben descritto nel manuale LUnione Europea e la finanza sostenibile: impatti e prospettive per il mercato italiano, curato dal Forum per la Finanza Sostenibile e presentato lo scorso 19 novembre nellambito della Settimana SRI, la maggior parte delle certificazioni esistenti (figura 1) si applica a fondi azionari e obbligazionari di tipo UCITS o fondi armonizzati.
Figura 1 Le certificazioni di sostenibilità in Europa
Fonte: LUnione Europea e la finanza sostenibile: impatti e prospettive per il mercato italiano, Forum per la Finanza Sostenibile
Peraltro, lindagine sulle politiche dinvestimento sostenibile adottate dagli investitori istituzionali italiani condotta dal Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali conferma come i fondi SRI più frequentemente inclusi nei portafogli in gestione diretta sono quelli tradizionali, intesi come fondi azionari, bilanciati o obbligazionari. Ciononostante, risultano tuttaltro che irrilevanti le percentuali di chi acquista prodotti alternativi legati, in particolare, al settore immobiliare, delle energie rinnovabili e del private equity (tra il 30 e il 38% delle risposte), ai quali generalmente non si applicano le certificazioni sopra elencate.
Figura 2 Le tipologie di prodotti acquistate direttamente dagli investitori istituzionali italiani
Fonte: Sesto Report Annuale su Investitori istituzionali italiani: iscritti, risorse e gestori per lanno 2018, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali
Lo sviluppo della finanza sostenibile sembra allora aver raggiunto un punto di svolta: la strada verso la trasparenza appare ancora lunga e dipenderà da quanto e come regolatori e mercato sapranno declinare questo principio nelloperatività, ma il sentiero tracciato in sede europea appare allavanguardia e ben avviato.
Michaela Camilleri, Area Previdenza e Finanza Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali
25/11/2019