Investitori istituzionali, si torna a crescere: un mercato che vale quasi 1.000 miliardi

Ammonta a 993 miliardi di euro (224 per la sola previdenza complementare) il patrimonio complessivo degli investitori istituzionali italiani, pari a circa il 48% del PIL nazionale: mentre i rendimenti tornano positivi dopo il burrascoso 2022, restano ampi i margini di investimento in economia reale

Michaela Camilleri

Dopo la flessione registrata lo scorso anno a causa dell’andamento negativo dei mercati finanziari, a fine 2023 torna a crescere il patrimonio degli investitori istituzionali (welfare contrattuale e fondazionale), passato dai 142,85 miliardi di euro del 2007 ai 295,97 miliardi del 2023, con un incremento del 107%. Di questi, circa l’80% è affidato direttamente o indirettamente a gestori professionali. In percentuale del PIL, il patrimonio di fondi pensione negoziali e preesistenti, Casse Privatizzate, Fondazioni di origine Bancaria e forme di assistenza sanitaria integrativa è pari al 14,2%; includendo anche il welfare privato (Compagnie di Assicurazione del settore vita, rami I, IV e V, fondi aperti e PIP), tale rapporto aumenta al 48%. 

Il ritratto emerso dall’Undicesimo Report annuale Itinerari Previdenziali “Investitori istituzionali italiani: iscritti risorse e gestori per l’anno 2023”, presentato questa mattina a Milano nella prestigiosa cornice offerta dalla Sala Parterre di Borsa Italiana, è quindi quello di un Paese che negli anni è riuscito a conservare e consolidare il proprio mercato istituzionale, resistendo a scenari avversi e raggiungendo una dimensione ormai piuttosto rilevante anche nel confronto internazionale. «Guardando ad esempio alla sola previdenza complementare, se si considera che il rapporto tra il patrimonio dei fondi pensione e il PIL è di poco superiore all’11%, quando in molti altri Paesi supera il 50%, risulta evidente come il nostro sia un mercato già molto interessante, ma con alte potenzialità di sviluppo, soprattutto se verranno implementate le necessarie riforme in termini di fondo di garanzia per le microimprese e le PMI (eliminato dal Governo Prodi/Damiano nel 2007) e la revisione fiscale prevista nella delega», il commento del Professor Alberto Brambilla, Presidente del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali.

 

Una mappatura del mercato istituzionale italiano

Con un approccio prevalentemente quantitativo, il Report – realizzato con cadenza annuale a partire dai bilanci ufficiali degli enti analizzati - illustra caratteristiche e attività dei principali operatori del Paese indagandone tra i diversi aspetti anche numerosità, dimensione, rendimenti e composizione patrimoniale, e catalogando inoltre i soggetti gestori cui questi investitori affidano i propri patrimoni, sia direttamente (tramite mandati di gestione) sia indirettamente (mediante l’acquisto di fondi d’investimento).  

Nel dettaglio, come rilevato dall’undicesima edizione della pubblicazione, sono 300 i player istituzionali operativi a fine 2023 (30 in meno rispetto all’anno precedente). Si tratta di 86 Fondazioni di origine Bancaria, 20 Casse Professionali Privatizzate, 33 fondi negoziali e 161 fondi preesistenti, cui si aggiungono poi Casse e fondi di assistenza sanitaria integrativa, ben 324 secondo gli ultimi dati ufficiali del Ministero della Salute, fermi però al 2022. «Un numero sicuramente elevato per un Paese come l’Italia – la precisazione del Professor Brambilla – tanto più se si considera che i primi 50 fondi rappresentano da soli, per iscritti e patrimonio, i due terzi dell’intero settore e che, alla sanità privata manca ancora, a differenza della previdenza complementare, una legge quadro che regolamenti in via definitiva il sistema». Verosimile e auspicabile, dunque, che si vada nel medio periodo verso una razionalizzazione di questi operatori, esattamente come accaduto, sebbene per ragioni diverse, ai fondi pensione preesistenti che negli ultimi dieci anni si sono ridotti di ben 169 unità per effetto di accorpamenti e fusioni (-30 nel 2023). 

Nel settore privato, oltre alle Compagnie di Assicurazione, sono operativi 40 fondi pensione aperti e 68 PIP “nuovi” per un totale di 108 soggetti, numero invariato rispetto all’anno precedente ma in netta riduzione rispetto ai 135 del 2012. Dei 68 PIP, 36 sono chiusi al collocamento.

Figura 1 - L’evoluzione della platea di investitori istituzionali italiani 

Figura 1 - L’evoluzione della platea di investitori istituzionali italiani

Fonte: Undicesimo Report “Investitori istituzionali italiani: iscritti, risorse e gestori per l’anno 2023”

 

I rendimenti 2023 e le conferme del primo semestre 2024

Nonostante le tensioni geopolitiche, nel 2023 l’andamento dei mercati finanziari, tanto sul fronte obbligazionario quanto su quello azionario, ha beneficiato del raffreddamento dell’inflazione e della conseguente prospettiva di un allentamento delle condizioni monetarie da parte delle Banche Centrali. Le tendenze osservate sui mercati si sono riflesse sui risultati degli investitori istituzionali, che hanno registrato in media rendimenti ampiamente positivi, sia per le linee a maggiore contenuto azionario sia per quelle che investono maggiormente in titoli di Stato e altri titoli di debito, recuperando gran parte delle perdite dell’anno precedente: i PIP – Unit Linked e i fondi aperti hanno segnato performance rispettivamente pari a 8,4% (-11,5% nel 2022) e 7,9% (-10,7% nel 2022) seguiti dai fondi negoziali con il 6,7% (-9,8% nel 2022) e dai fondi preesistenti con il 4,4%; le Gestioni Separate restano stabili all’1,3% e le Fondazioni di origine Bancaria registrano un +4,9%. Per quanto riguarda il comparto dei fondi pensione i rendimenti conseguiti consentono di recuperare terreno, dopo che nel 2022 per la prima volta dopo molti anni non sono stati battuti i parametri obiettivo (rivalutazione del TFR, inflazione e media quinquennale del PIL). 

«Valutando la redditività su orizzonti temporali più coerenti con il risparmio previdenziale – precisa il Professor Alberto Brambilla - emerge come la buona diversificazione degli investimenti abbia consentito di mantenere un vantaggio nella media a 10 anni sia per i rendimenti composti sia per quelli cumulati, su inflazione e media quinquennale del PIL, pareggiando il rendimento del TFR».

Figura 2 - Rendimenti a confronto: annui, dal 2014 al 2023, medi annui composti a 3, 5 e 10 anni, cumulati (valori percentuali)Figura 2 - Rendimenti a confronto: annui, dal 2014 al 2023, medi annui composti a 3, 5 e 10 anni, cumulati (valori percentuali) 
Fonte: Undicesimo Report “Investitori istituzionali italiani: iscritti, risorse e gestori per l’anno 2023”

 

Peraltro, nei primi sei mesi del 2024 gli investitori istituzionali registrano in media risultati positivi, in particolare nelle gestioni con una maggiore esposizione azionaria, confermando quanto rilevato nel corso del 2023: 2,9% per i fondi pensione negoziali, 3,6% per i fondi aperti e 6,3% per i PIP di ramo III, mentre le gestioni separate di ramo I hanno segnato un +0,7%. Il TFR è cresciuto nel semestre dello 0,9%, l’inflazione mostra una netta decelerazione con un aumento dello 0,5%. «L’anno in corso dovrebbe caratterizzarsi, dunque, come un ulteriore recupero rispetto alle perdite registrate nel 2022 per tutti gli investitori istituzionali migliorando i rendimenti a 5/10 anni», auspica il Professore. 

 

 Focus sull’economia reale

Crescono gli investimenti in economia reale nazionale, finalizzati a generare ricadute positive per il territorio. Al netto degli investimenti in titoli di Stato italiani, che pesano in particolar modo sui portafogli delle Casse di Previdenza e dei fondi negoziali, e degli immobili a uso strumentale, anche per il 2023, le Fondazioni di origine Bancaria si riconfermano i maggiori investitori nell’economia domestica, con il 43% del patrimonio investito, seppur sostenuto da un’esposizione nella banca conferitaria pari al 23,84%; seguono le Casse Privatizzate dei liberi professionisti, con il 17% circa, mentre si conferma modesta la quota investita nel Paese da parte di fondi pensione negoziali e preesistenti, che si fermano rispettivamente al 5,17% e al 2,9% del patrimonio.

Figura 3 – Gli investimenti in economia reale di fondi pensione, Casse di Previdenza e Fondazioni di origine BancariaFigura 3 – Gli investimenti in economia reale di fondi pensione, Casse di Previdenza e Fondazioni di origine Bancaria
Fonte: Undicesimo Report “Investitori istituzionali italiani: iscritti, risorse e gestori per l’anno 2023”

«La soluzione più semplice per far in modo che il TFR “circolante interno” alle aziende che alimenta soprattutto i fondi di natura contrattuale rientri nel circolo dell’economia reale – suggerisce Brambilla - è ripristinare il fondo di garanzia istituito dal D. Lgs. N. 252/05 per facilitare il finanziamento delle PMI che versano il Trattamento di Fine Rapporto ai fondi pensione. Dal 2007 alla fine del 2023 ai fondi pensione sono confluiti circa 97,3 miliardi e di questi ne sono stati investiti in economia reale domestica meno della metà applicando le stime più favorevoli, mentre altri 98,5 miliardi sono stati sottratti alle aziende dai 50 dipendenti in su e confluiti all’INPS per spesa corrente. Una situazione critica e preoccupante che ha ampie e negative ripercussioni sia sull’occupazione sia sulla produttività, contribuendo alla bassa crescita del nostro Paese. Ecco perché sarebbe opportuno incrementare la percentuale del patrimonio investibile in economia domestica beneficiario di agevolazioni fiscali sui rendimenti sul modello dei PIR 4.0, ovvero con esenzione totale». 

Michaela Camilleri, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali

4/9/2024

 
 

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