Materie prime, l'impatto sui prezzi di COVID-19 e del conflitto tra Russia e Ucraina

Come diretta conseguenza delle politiche monetarie e fiscali iper-espansive e della contrazione economica causata dalle misure di contenimento del virus, durante la pandemia da COVID-19 il rapporto debito/PIL di tutti i Paesi UE è aumentato vertiginosamente. E la situazione non si è ancora del tutto normalizzata

Francesco Scinetti

Per contrastare la crisi economica provocata dalla pandemia di COVID-19, i principali Paesi europei hanno adottato delle politiche fiscali e monetarie fortemente espansive. Queste misure hanno spinto verso l’alto i prezzi delle principali materie prime (e di conseguenza di beni e servizi in generale) a partire dalla fine del 2021, quando l’allentamento delle restrizioni anti-COVID ha favorito una ripresa della normalità e, quindi, dei consumi. Questa situazione si è aggravata ulteriormente con lo scoppio del conflitto in Ucraina da parte della Russia e le conseguenti sanzioni applicate alla Russia a livello europeo. 

Figura 1 – Quotazione delle principali materie prime dal 2019 al 2025

Figura 1 – Quotazione delle principali materie prime dal 2019 al 2025

Fonte: elaborazioni Itinerari Previdenziali su dati Investing.com

Prima dell’invasione russa dell’Ucraina, avvenuta il 24 febbraio 2022, i prezzi delle materie prime erano aumentati in media del 138% in termini nominali rispetto alla fine del 2019. Tra le commodity che erano salite maggiormente spiccavano il gas naturale (+638%), il carbone(+260%) e il legname (+215%). Nessuna registrava cali. Questa dinamica si rifletteva chiaramente anche nei tassi d’inflazione: tra gennaio 2020 e febbraio 2022, l’indice dei prezzi al consumo (CPI) nell’Eurozona e negli Stati Uniti era cresciuto più dell’inflazione core, rispettivamente del 2,4% contro il 5,8% e dell’8,5% contro il 9,9%. Con lo scoppio del conflitto e le relative sanzioni prevalentemente energetiche, le quotazioni delle materie prime, soprattutto i combustibili fossilihanno continuato a incrementare. Il picco, per quanto riguarda il gas naturale europeo, è stato raggiunto il 26 agosto 2022, sei mesi dopo l’inizio della guerra, segnando un incremento del 2.715% rispetto alla fine del 2019 raggiungendo i 339 euro/MWh. Il carbone, invece, è cresciuto del 596%, raggiungendo i 369 dollari per tonnellata, mentre il petrolio ha registrato un aumento di “soli” 53 punti percentuali superando i 100 dollari al barile. Nello stesso periodo l’inflazione CPI cumulata dell’Eurozona ha raggiunto l’11,6% (quella core 5,7%), mentre l’inflazione CPI negli Stati Uniti è salita al 14% (quella core 11,7%).

Le cause chiaramente sono molteplici e vanno oltre le politiche espansive e le sanzioni. In particolare, nel 2022, con le riaperture e la ripresa della domanda globale (in particolare cinese), l’edilizia ha riacquistato slancio e l’industria ha riaperto, generando una forte richiesta di materie prime, soprattutto quelle legate a costruzioni e manifattura, come legname, ferro, argento, rame e alluminio. La ripresa della domanda in maniera così repentina ha concorso anche alla crescita dei prezzi dei noli container: a ottobre 2021 le tariffe dei container risultavano quasi triplicate rispetto ai livelli di inizio 2020, con inevitabili ripercussioni sui prezzi delle materie prime. Inoltre, le sanzioni contro la Russia e il conflitto in Ucraina hanno poi inciso non solo sui combustibili fossili, ma anche su alluminio, nichel e grano: la Russia è infatti il terzo produttore mondiale dei primi due metalli, mentre Russia e Ucraina insieme rappresentano quasi un quarto della produzione globale di frumento. Infine, l’aumento del prezzo dell’oro si spiega con la sua natura di bene rifugio: nei periodi di alta inflazione o incertezza, gli investitori tendono a spostarsi verso questo asset per proteggersi dai rischi di mercato.

Figura 2 – Aumento dei prezzi delle principali materie prime in termini nominali rispetto al 31/12/2019

Figura 2 – Aumento dei prezzi delle principali materie prime in termini nominali rispetto al 31/12/2019

Fonte: elaborazioni Itinerari Previdenziali su dati Investing.com

Dopo il picco di agosto 2022, i prezzi delle materie prime energetiche sono calati significativamente. Il 15 ottobre 2025, il gas è sceso sotto i 32,1 euro/MWh, il carbone ha toccato i 91,4 dollari per tonnellata mentre il petrolio è sceso a 61,9 dollari al barile, con un dollaro più debole rispetto all’euro del 3,8% dall’inizio del 2020. L’andamento delle altre materie prime risulta invece più eterogeneo. Dopo i massimi di agosto 2022, la maggioranza (oro, argento, legname, ferro, rame, alluminio e stagno) ha proseguito una dinamica di crescita, mentre nichel, grano e cotone hanno registrato un arretramento. Nonostante questo, la maggior parte delle quotazioni attuali rimane superiore ai livelli pre-pandemici, anche tenendo in considerazione diversi indicatori di inflazione (con l’eccezione dell’inflazione CPI globale, che nel periodo considerato ha sfiorato il 40%), a conferma di come gli shock recenti abbiano avuto un impatto significativo e duraturo sull’economia globale, i cui effetti sono ancora evidenti oggi.

Francesco Scinetti, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali 

20/11/2025

 
 
 

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