Mondiali in Qatar: lo sportwashing incontra il greenwashing?

I risultati sportivi non sono l'unica ragione per la quale i Mondiali in Qatar stanno catalizzando l'attenzione mediatica: gestione ambientale, diritti umani e dei lavoratori tra i temi più discussi. Un dibattito che, con un certo ottimismo, si può quantomeno considerare una vittoria dell'engagement attivo? 

a cura di Aegon AM

La Coppa del Mondo FIFA, uno degli eventi sportivi più prestigiosi al mondo, è seguita in genere da circa metà della popolazione mondiale. Mentre in passato, nella fase preparatoria ai Mondiali, l’attenzione era in genere puntata sulle chance di vittoria delle nazioni partecipanti, questa volta il consueto battage è stato messo in secondo piano dalle critiche rivolte alla nazione ospitante e alla stessa FIFA.

Dagli studiosi del clima ai commentatori di media tradizionali e social media, in tanti si sono occupati di illustrare le questioni a cui devono far fronte i Mondiali di calcio 2022 del Qatar. Per gran parte di tali questioni, come l'impatto ambientale e le preoccupazioni per i diritti umani e le condizioni di lavoro, una soluzione è ancora lontana, ma si continua a lavorare per risolvere questi problemi.

 

Gestione della situazione ambientale

La FIFA e il Qatar si sono impegnati a fare in modo che la Coppa del Mondo 2022 sia la prima "Coppa del Mondo a emissioni zero" mediante stadi "efficienti dal punto di vista energetico", certificazioni di bioedilizia, trasporti a basse emissioni e pratiche di gestione sostenibile dei rifiuti. Le emissioni restanti saranno compensate mediante compensazioni volontarie di carbonio (da parte del Global Carbon Council, con sede a Doha, che registra i crediti di carbonio). È un impegno coraggioso da parte di un Paese che ha trascorso gli ultimi 12 anni a costruire sette nuovi stadi, hotel, grattacieli e strade per l'evento. Sulla base delle previsioni della FIFA e degli organizzatori del Qatar, le attività legate ai Mondiali produrranno 3,6 milioni di tonnellate di anidride carbonica tra il 2011 e il 2023, corrispondenti a circa il 3% delle emissioni complessive del Qatar nel 2019.

Stando alle opinioni espresse da studiosi ed esperti del clima, i piani della FIFA e del Qatar non riusciranno però a neutralizzare l'impronta di carbonio dell'evento con i metodi suggeriti. I più scettici hanno stimato che l'impronta di carbonio supererà con tutta probabilità i 10 milioni di tonnellate di anidride carbonica e ritengono che i crediti emessi dal registro siano di dubbia qualità; non è chiaro se siano aggiuntivi o se finanzieranno progetti di riduzione del carbonio che altrimenti non sarebbero esistiti.

Com'è noto, il Qatar ha spostato il torneo in inverno per proteggere giocatori e spettatori dal caldo estremo. Nondimeno, tutti gli otto stadi saranno dotati di aria condizionata ma la teoria degli "stadi efficienti dal punto di vista energetico” sembra smentita dal fatto che sette su otto siano a cielo aperto.

Nonostante queste problematiche, gli organizzatori del Qatar insistono sul fatto che il Paese sia sulla buona strada per ospitare la prima Coppa del Mondo a emissioni zero. In particolare, sottolineano gli elementi visibilmente green degli acquisti ecologici del Qatar: 800 nuovi autobus elettrici, 16.000 alberi e quasi 700.000 arbusti coltivati in vivaio, oltre a una nuova centrale solare da 800 megawatt che è stata recentemente collegata alla rete elettrica.

 

Diritti dei lavoratori: cambiare le regole del gioco

Un altro aspetto del progetto dei Mondiali in Qatar che è stato sotto i riflettori è quello dei diritti dei lavoratori e, più in generale, dei diritti umani. La portata di questo problema si può evincere dalla decisione della Danimarca di realizzare una divisa alternativa, nera e senza sponsor, in onore dei lavoratori immigrati morti durante i lavori edilizi necessari per il torneo.

Fino a poco tempo fa, il Qatar operava nell'ambito del "sistema kafala", un istituto che richiedeva a tutti i lavoratori migranti di avere uno sponsor nel Paese, responsabile del loro visto e del loro status giuridico. Il sistema richiedeva ai lavoratori di ottenere permessi di uscita per lasciare il Paese e “certificati di non opposizione” per cambiare datore di lavoro. Gli espatriati rappresentano la maggior parte della popolazione del Qatar e, in molti casi, si tratta di lavoratori migranti a basso reddito. I gruppi che operano in difesa dei diritti umani sostengono che il sistema abbia permesso ai promotori immobiliari di sfruttare i lavoratori, esponendoli a condizioni di lavoro estreme a fronte di una retribuzione irrisoria e non permettendo loro il rientro in patria fino alla conclusione dei progetti.

Il sistema della kafala, tuttavia, è stato abolito ed è stata istituita una politica con un salario minimo. Di conseguenza, il sentiment nei confronti del lavoro in Qatar ha registrato un miglioramento. L'Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) ha condotto un'indagine su 1.000 lavoratori a bassi salari e ha riscontrato che l'86% degli intervistati ritiene che le riforme del lavoro abbiano influito positivamente sulla loro vita. Di recente Max Tuñón, responsabile dell'ufficio progetti dell’ILO in Qatar, ha dichiarato in un'intervista: "Le modifiche al sistema kafala hanno introdotto la mobilità lavorativa. Ora i lavoratori possono negoziare condizioni migliori e i datori di lavoro sono incentivati a fornirle per attrarre e fidelizzare i talenti. È stata inoltre introdotta una legislazione sul salario minimo, sulla protezione dei lavoratori all'aperto durante i mesi estivi e sull'elezione di rappresentanti dei lavoratori migranti all'interno delle aziende.”

Per quanto riguarda il salario minimo, i lavoratori ora ricevono almeno 1.000 rial al mese (245 sterline). Il salario minimo, tuttavia, è una goccia nel mare rispetto a quanto è stato speso per preparare i Mondiali. Nondimeno si tratta di un passo avanti e, sebbene molti attivisti per i diritti umani non siano convinti degli sforzi del Qatar per migliorare le condizioni di lavoro, qualche progresso è meglio di niente.

Amnesty e Human Rights Watch hanno altresì invocato l’istituzione, da parte di FIFA e Qatar, di un fondo di compensazione per i lavoratori migranti (e le relative famiglie) che hanno subito lesioni o sono deceduti durante il lavoro in Qatar. Il Qatar ha respinto questi appelli, definendoli una "trovata pubblicitaria" e affermando che la nazione sta già distribuendo centinaia di milioni di dollari di salari non pagati.

 

Una vittoria per l’engagement attivo

È chiaro che c'è ancora molto lavoro da fare, anche in settori come la governance, dove le accuse di corruzione continuano ad affliggere diversi ambiti, in particolare all’interno della FIFA. Tuttavia nessun evento sportivo su larga scala è stato soggetto a tanti controlli come la Coppa del Mondo FIFA del Qatar e questo è incoraggiante. Oggi più che mai, le persone sono realmente interessate al trattamento degli individui e all'impronta di carbonio degli eventi.

E questo livello di controllo sembra avere un effetto. La nazione del Golfo ha adottato misure per ridurre la propria dipendenza dai combustibili fossili, elettrificando le flotte di mezzi di trasporto e immettendo energia rinnovabile nella rete. Resta da vedere se il Qatar utilizzerà questo evento come catalizzatore per continuare a investire in un futuro più verde.

In qualità di investitori sostenibili, il nostro processo di investimento richiede attività di engagement con le società su cui investiamo – principalmente mediante il nostro diritto di voto in qualità di azionisti – finalizzate a evidenziare pratiche scorrette e promuovere il cambiamento. Pertanto apprezziamo l'applicazione di un controllo tanto accurato delle attività governative e dei grandi eventi come la Coppa del Mondo FIFA del Qatar.

 a cura del Team Responsible Investing di Aegon AM

9/12/2022 

 
 
 

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